Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3354 del 17/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3354 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIZZURRO EMILIO N. IL 26/08/1958
avverso l’ordinanza n. 912/2014 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
07/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
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1~/sentite le conclusioni del PG Dott. Niu;,„

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Data Udienza: 17/12/2014

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7.7.2014 il Tribunale del riesame di Palermo,
adito a norma dell’art.309 cod.proc.pen., confermava la misura cautelare
della custodia in carcere disposta in data 16.6.2014 dal Giudice delle
indagini preliminari nei confronti di Pizzurro Emilio, limitatamente ai
seguenti reati : capo 22) art.416 bis cod.pen. per avere fatto parte della
associazione mafiosa denominata Cosa nostra” ed in particolare della

esecutore delle richieste estorsive, collettore dei proventi delle estorsioni
nella zona di competenza territoriale ed esecutore dei danneggiamenti
prodromici alle richieste di pagamento del “pizzo”, con le aggravanti di
essere l’associazione armata e di aver finanziato le attività economiche
con il prezzo il prodotto o il profitto di delitti; capo 36) concorso in
estorsione continuata ed aggravata nei confronti di Pinto Rosario, titolare
dell’omonimo esercizio commerciale, costretto a consegnare la somma
mensile di euro 400; capo 42) concorso in tentata estorsione aggravata
perché mediante minacce, consistite nel manifestare l’appartenenza
all’associazione mafiosa Cosa nostra e nel compiere atti di intimidazione,
compiva atti idonei diretti a costringere Riggio Giovanni titolare della
società “La Montanara Distribuzione Alimentari s.r.l.” ed il padre Riggio
Francesco, titolare di esercizio di macelleria, a versare una somma di
denaro a titolo di “messa a posto” per la gestione di dette attività
commerciali ; capo 45) concorso in tentata estorsione aggravata perché,
mediante minacce consistite nel manifestare l’appartenenza
all’associazione mafiosa Cosa nostra e nel porre in essere intimidazioni,
compivano atti idonei diretti a costringere Labruzzo Giuseppe, titolare
della impresa edile “Edil di Labruzzo Giuseppe” a versare la somma di
euro 1.000 a titolo di “messa a posto” per i lavori edili in corso nel
cantiere sito in viale Lazio angolo via Sicilia; capo 46) tentata estorsione
aggravata perché, mediante minacce consistite nel manifestare
l’appartenenza all’associazione mafiosa Cosa nostra e nel porre in essere
atti di intimidazione, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco
a costringere D’Agostino Ignazio, titolare del bar Orocolato, a versare a
titolo di “pizzo” la somma iniziale di euro 1.000 ed una somma mensile
di 400 o 500 euro.

famiglia mafiosa di Acquasanta e dell’Arenella, agendo come materiale

Avverso l’ordinanza il difensore propone ricorso per violazione di
legge e manifesta illogicità della motivazione limitatamente alle
contestazioni dei delitti di tentata estorsione di cui ai capi 42), 45) e 46)
per avere erroneamente applicato al norma di cui all’art.56 cod.pen. in
tema di delitto tentato, non essendo stato accertato alcun contatto di
qualsiasi genere con la persona offesa e conseguentemente nessuna
violenza o minaccia nei suoi confronti:1) con riferimento al capo 42

( non punibile) di rintracciare dei soggetti al fine di compiere nei loro
confronti un’estorsione ma non già l’avvenuto incontro ne tanto meno
l’avvenuto violenza o minaccia ai loro danni; 2)con riferimento al capo
45, dalla conversazione intercettata si deduce il proposito degli
interlocutori di compiere un atto intimidatorio presso un cantiere ed una
richiesta di denaro nei confronti di “Ottica sicilia” ossia un fatto di reato
diverso e neppure contestato a Pizzurro; 3)in riferimento al capo 46,
dalle due conversazioni intercettate si evince solo il proposito degli
interlocutori di avvicinare un tale di nome Ignazio presso il bar dallo
stesso gestito e non vi è il minimo indizio che essi abbiano davvero
avvicinato Ignazio per mettere in atto l’estorsione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti di seguito indicati.
1.Quanto al capo 42 ( tentata estorsione in danno di Riggio Giovanni
e del padre Riggio Francesco) il Tribunale del riesame ha desunto la
sussistenza di gravi indizi dal contenuto delle conversazioni ambientali
riportate, intercorse tra Palazzotto Domenico, Di Maio Nicolò e Pizzurro
Emilio, nelle quali discutono delle ritorsioni da attuare contro “quelli dei
salumi, padre e figlio” i quali le devono “abbuscare” in quanto si sono
messi a fare i “vastasi”( screanzati); uno degli interlocutori afferma che
“ora farà vedere un po’ di pugilato” ed Emilio ( Pizzurro) ribatte che ” al
negozio di dobbiamo andare e tutte cose a terra devono andare”. Dal
contenuto della conversazioni il giudice cautelare ha dedotto che la
condotta di Pizzurro e complici aveva già superato la fase degli atti
meramente preparatori: la deduzione è logicamente congrua, atteso che
l’organizzazione di atti di tipo ritorsivo è sintomatico del fatto che la
richiesta estorsiva è già stata attuata, anche se non ancora soddisfatta.

2

dalle tre conversazioni ambientali intercettate emerge al più l’intenzione

2.Quanto al capo 45 ( tentata estorsione in danno dell’imprenditore
edile Labruzzo Giuseppe ) il Tribunale del riesame, dal contenuto della
conversazione del 1.3.2013 intercorsa tra Palazzotto, Di Maio e Pizzurro,
ha desunto che gli indagati già avevano attuato una richiesta estorsiva in
riferimento ai lavori di ristrutturazione di un edificio posto in viale Lazio
4, angolo di via Sicilia, effettivamente in corso all’epoca delle indagini,
lavori rispetto ai quali Labruzzo non aveva ancora effettuato il pagamento

denaro al lunedì successivo. L’argomentazione appare conforme al
contenuto oggettivo della conversazione intercettata e non contiene alcun
vizio logico.
3.Con riguardo al capo 46 ( tentata estorsione in danno di D’Agostino
Ignazio titolare del bar “Orocolato”) il Tribunale del riesame si è limitato
a riportare il contenuto di due conversazioni, di cui indica la data del
12.2.2013, dalle quali, secondo lo stesso giudice cautelare, si desume
che Palazzotto Domenico, Di Maio Nicolò e Pizzurro Emilio discutono su
“quando e come fermare il titolare del bar Orocolato per richiedere il
pizzo”.
La motivazione è deficitaria poiché non contiene alcuna indicazione
delle ragioni per cui il giudice cautelare ha ritenuto che il proposito
manifestato dagli indagati nel corso delle conversazioni intercettate si
fosse già tradotto nel compimento di atti di violenza e minaccia diretti ad
ottenere la consegna di denaro a titolo di estorsione. Sul punto
l’ordinanza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Palermo per
nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al capo 46)e rinvia per
nuovo esame al Tribunale di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del
provvedimento al direttore dell’ istituto penitenziario, ai sensi dell’art.94
comma 1 ter norme att. cod.proc.pen.
Così deciso il 17.2.2014

ed aveva chiesto proprio alla “zio Emilio” di posticipare la dazione di

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