Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 335 del 29/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 335 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Pagnoni Danilo nato il 10/01/1958 a Montelabbate
avverso la sentenza del 09/11/2015 della Corte d’appello di Ancona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito il difensore, avv. Marco Baietta, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Ancona ha
confermato la sentenza del 16 luglio 2014, con la quale il Tribunale di Pesaro ha
condannato Danilo Pagnoni alla pena di legge per il reato di calunnia, per avere
ingiustamente incolpato il titolare della società “Boutique dell’auto s.a.s.” ed il
legale rappresentante della società “Plusvalore S.p.A.” dei reati di truffa e di
falso e, segnatamente, di avere apposto la sua firma (falsa) sul contratto di
finanziamento per l’acquisto di un veicolo, fatto commesso dal 31 luglio 2007 al
16 agosto 2008, con querela sporta il 24 gennaio 2011.

Data Udienza: 29/11/2017

2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso Danilo Pagnoni, con atto
depositato dal difensore di fiducia Avv. Marco Baietta, e ne ha chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione agli artt.
337 cod. proc. pen., 39 disp. att. cod. proc. pen. e 485, 640 e 368 cod. pen., per
avere la Corte confermato la condanna nonostante l’assenza di autentica della
firma dell’imputato in calce alla denuncia querela e, dunque, nonostante la
mancanza della condizione di procedibilità in relazione ai reati oggetto di

2.2. violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in
relazione agli artt. 63, 64, 191, 192, 431, 491, 493, 495, 526, comma 1, 530,
533 e 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 42, 43 e 368
cod. pen., per contraddittorietà extra testuale e travisamento delle risultanze sia
verbalizzate a mano, sia riprodotte in sede di trascrizione delle conversazioni di
udienza fono registrate, nonché per inutilizzabilità delle informazioni istruttorie di
cui ai verbali di sommarie informazioni del Pagnoni;
2.3. violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in
relazione agli artt. 125, 177, 192, 526, comma 1, 530, 533 e 546, comma 1
lett. e), cod. proc. pen., per contraddittorietà extra testuale e travisamento delle
risultanze sia verbalizzate a mano, sia riprodotte in sede di trascrizione delle
conversazioni di udienza fono registrate, con riguardo alle memorie difensive e
per inutilizzabilità delle informazioni istruttorie di cui alla deposizione del teste
Pennacchini del 18 dicembre 2013;
2.4. violazione di legge penale e manifesta illogicità della motivazione in
relazione agli artt. 108, 125, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 191, 192, 493, 495,
496, 500, 526, comma 1, 530, 533 e, 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
con riguardo agli artt. 42, 43 e 368 cod. pen., 2, 3, 24, 10, 97, 111 e 117 Cost.
e 6 CEDU, con riferimento alle ordinanze istruttorie del 18 dicembre 2013, del 10
gennaio e 2 luglio 2014 nonché inutilizzabilità delle informazioni istruttorie di cui
alla deposizione del teste Pennacchini;
2.5. violazione di legge penale e processuale in relazione agli artt. 96, 108,
178, 179, 180, 181, 182 e 183 cod. proc. pen. con riguardo agli artt. 2, 3, 24,
10, 97, 111 e 117 Cost. e 6 CEDU, con riferimento alle ordinanze istruttorie del
18 dicembre 2013, del 10 gennaio e 2 luglio 2014 ed inutilizzabilità delle
informazioni istruttorie di cui alla deposizione del teste Pennacchini;
2.6. violazione di legge penale e vizio di motivazione per contraddittorietà
intra ed extratestuale, in relazione agli artt. 125, 177, 192, 178, 179, 516, 518,
519, 520, 521, 522 e 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. con riguardo agli
artt. 485, 486 e 368 cod. pen.;
2

calunnia;

2.7. violazione di legge penale e manifesta illogicità della motivazione,
travisamento per contraddittorietà extratestuale, carenza di motivazione, in
relazione agli artt. 125, 177, 530, 533 e 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen.
con riguardo agli artt. 42, 43 e 368 cod. pen., per avere la Corte riprodotto le
motivazioni della sentenza di primo grado in punto di colpevolezza del Pagnoni
senza rispondere alle deduzioni difensive mosse in appello;
2.8. violazione di legge penale e carenza di motivazione, in relazione agli
artt. 125, 177, 192, 530, 533 e 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. con

segnatamente della consapevolezza dell’imputato di accusare degli innocenti;
2.9. violazione di legge penale e carenza di motivazione, in relazione agli
artt. 125, 177, 192 e 546, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. con riguardo agli
artt. 42, 43, 133 e 368 cod. pen., con riferimento all’aumento per la recidiva;
2.10. Nella memoria depositata in cancelleria, il patrono del Pagnoni ha
sottoposto al vaglio della Corte ulteriori argomenti a sostegno del quarto, del
settimo e dell’ottavo motivo, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in relazione al primo assorbente motivo.
1.1. Mette conto di rilevare che, secondo il costante insegnamento di questa
Corte di legittimità, condiviso anche dalla dottrina prevalente, il delitto di
calunnia è integrato allorquando il denunciante prospetti all’Autorità giudiziaria
(o ad altra Autorità che alla prima abbia l’obbligo di riferire) circostanze di fatto
anche solo in parte riconducibili ad una fattispecie incriminatrice astratta, ma
sufficienti per ritenere implicitamente che l’illecito si sia compiutamente
realizzato e, pur se in forma implicita o indiretta, che il soggetto accusato ne sia
responsabile. In particolare, si è affermato che integra il delitto di calunnia la
condotta oggettivamente idonea a determinare l’avvio di un procedimento penale
nei confronti di una persona che si sa innocente, non essendo necessario che i
fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una determinata fattispecie
delittuosa, né che siano corredati dalla qualificazione giuridica appropriata (Sez.
6, n. 32944 del 16/05/2012, Dell’Utri, Rv. 256253). La condotta del reato
previsto dall’art. 368 cod. pen. consiste dunque nel portare a conoscenza
dell’autorità giudiziaria o di altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire,
circostanze idonee ad indicare taluno come colpevole di un fatto costituente
reato in forme tali da rendere possibile (ciò è sufficiente, integrando la calunnia
una fattispecie di reato di pericolo) l’espletamento delle indagini (Sez. 6, n. 2389
del 20/11/1991, dep. 1992, Castelli, Rv. 189284).
3

riguardo agli artt. 42, 43 e 368 cod. pen., per difetto dell’elemento soggettivo e

Per quanto più rileva ai fini della decisione del presente ricorso, questa Corte
regolatrice ha rimarcato che risulta irrilevante che, dalla falsa denuncia, siano
desumibili, in via alternativa, reati perseguibili a querela (quali – ad esempio – il
furto non aggravato), atteso che la verifica sul punto «non può certo compiersi
ex post, restando altrimenti frustrata la finalità […] di evitare il pericolo sia che
l’amministrazione della giustizia venga tratta in inganno sia che venga leso
l’onore e la libertà personale del soggetto falsamente incolpato. E’ il pericolo,
dunque, il dato ontologico che contrassegna la fattispecie in esame, derivante

con il rischio di irrogare una pena nei confronti di un innocente» (così,
testualmente, Sez. 6, n. 13912 del 09/02/2004 – dep. 22/03/2004, D’Amore, Rv.
229215). Ai fini della configurabilità del delitto di calunnia, è difatti sufficiente
che i fatti falsamente rappresentati all’Autorità giudiziaria (o ad altra Autorità che
alla prima abbia l’obbligo di riferire), pur se non univocamente indicativi di una
specifica fattispecie di reato, siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile
l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile di ufficio a carico di
una persona determinata (Sez. 6, n. 75 del 27/01/2016, Contenti).
2.2. Dalle considerazioni che precedono, discende – quale logico e giuridico
corollario – che il delitto di cui all’art. 368 cod. pen. non può configurarsi
allorquando oggetto specifico della falsa incolpazione sia un reato perseguibile a
querela e questa non sia presentata ovvero sia invalida, atteso che, in tale
ipotesi, la rappresentazione dei fatti ad opera dell’agente, pur sostanziando i
presupposti di una falsa accusa di reato, non potrebbe mai essere idonea a
determinare l’apertura di un procedimento penale nei confronti della persona
ingiustamente accusata per difetto della condizione di procedibilità. In questo
senso, si è già avuto modo di rilevare che, quando nella falsa incolpazione considerata nella sua formulazione obiettiva – vengono prospettate circostanze o
indicati specifici elementi che reclamano la necessita della querela perchè si
concreti la possibilità dell’inizio di un procedimento penale contro l’incolpato, se
la querela non è presentata, il fatto non costituisce reato di calunnia, e le
eventuali indagini della polizia giudiziaria o degli organi giudiziari non saranno
valide a costituire il presupposto mancante (Sez. 6, n. 2415 del 20/12/1971 dep. 1972, Andriollo, Rv. 120765). Ed invero, la calunnia è reato di pericolo e
pur essendo sufficiente ad integrarne gli estremi anche la astratta possibilità
dell’inizio di un procedimento penale, tale possibilità è esclusa quando la falsa
accusa abbia ad oggetto un reato per il quale difetti con immediata evidenza la
condizione di procedibilità prevista per l’esercizio dell’azione penale. (Sez. 6, n.
18359 del 17/02/2003, Parise, Rv. 225222).

dalla possibilità – da verificare ex ante – che si instauri un procedimento penale,

2.3. Conclusivamente, deve essere riaffermato il principio di diritto secondo
il quale, ai fini della integrazione del delitto di calunnia, è indispensabile che la
falsa rappresentazione dei fatti, pur se non univocamente indicativa di una
specifica fattispecie di reato, sia tale da rendere ragionevolmente prevedibile
l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile di ufficio, di tal che
il delitto non è configurabile allorquando il mendacio abbia ad oggetto
esclusivamente fattispecie integranti reati procedibili a querela e questa difetti
ovvero sia invalida, atteso che in detta ipotesi la condotta risulta per tabulas, già

l’avvio del procedimento penale.

3.

Tanto premesso quanto alla necessità che, in caso di calunniosa

rappresentazione di fatti integranti un delitto procedibile a querela, essa sia stata
validamente presentata, deve essere rilevato che, nel caso di specie, la falsa
accusa mossa dal Pagnoni nei confronti del titolare della società “Boutique
dell’auto s.a.s.” e del legale rappresentante della società “Plusvalore S.p.A.”
concerne fatti tutti integranti reati procedibili a querela – segnatamente quelli di
truffa e di falso – e che la querela presentata dal medesimo si appalesa invalida
e dunque inidonea ad avviare un procedimento penale.
3.1. Ed invero, da quanto si evince dall’incartamento processuale – e
contrariamente a quanto dato conto dal Collegio di merito -, l’atto di denuncia
querela risulta firmato da Danilo Pagnoni e reca in calce la nomina quale
difensore di fiducia dell’Avv. Laura Biondi con delega alla medesima ai fini del
deposito della querela; nell’atto si legge, anche, l’attestazione dell’ufficio con la
quale si dà atto del fatto che, in data 24 gennaio 2011, la querela veniva
depositata nella segreteria della Procura della Repubblica del Tribunale di Pesaro
dall’Avv. Biondi nota all’ufficio. Nell’atto manca, tuttavia, sia l’autentica della
firma del querelante da parte del difensore o di altro soggetto a ciò legittimato ai
sensi dell’art. 39 disp. att. cod. proc. pen., sia la firma dello stesso difensore di
fiducia di seguito alla firma del patrocinato che – secondo la giurisprudenza di
questa Corte – ne costituisce equipollente (Sez. 6, n. 13813 del 26/03/2015, Pg
in proc. Recce, Rv. 262966).

4. Sulla scorta dei principi sopra delineati, la sentenza impugnata nonché la
sentenza del 16 luglio 2014 del Tribunale di Pesaro devono essere annullate
senza rinvio perché il fatto non sussiste.

5

in quel momento e non secondo una valutazione ex post, inidonea a determinare

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonché la sentenza del 16 luglio
2014 del Tribunale di Pesaro perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 29 novembre 2017

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