Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33462 del 28/05/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33462 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CITTERIO CARLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE FAZIO SANTA N. IL 05/07/1967
avverso la sentenza n. 10230/2012 TRIBUNALE di TARANTO, del
29/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
Data Udienza: 28/05/2014
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ORD INANZA
RAGIONI DELLA DECISIONE
l. Avverso la sentenza di applicazione della pena,
deliberata dal Tribunale di TARANTO in data 29.1.13, per reato ex
art. 385 c.p., ricorre l’imputata SANTA DE FAZIO, con motivo di
c.p.p. e sul trattamento sanzionatorio.
2.
Il
ricorso
è
all’evidenza
originariamente
inammissibile, perché il motivo è manifestamente infondato.
Infatti, in sede di applicazione della pena su richiesta
delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto
esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la
sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare
sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto
(anche deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione
della correttezza della sua qualificazione giuridica, con il
richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di
alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della
congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui
all’art. 27 Cost.
(Sez. 4, sent. 34494 del 13.7-17.10.2006). Né
il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento o di
assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle
prove desumibili dagli atti, non rientrando tale possibilità tra
quelle esplicitamente indicate dall’art. 129, comma primo, cod.
proc. pen.
(Sez.6, sent. 15700 del 25.3-14.4.2009).
Quanto in particolare al trattamento sanzionatorio,
tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e
recepite in sentenza, in quanto manifestazione di un generale
potere dispositivo che la legge riconosce con questo istituto
alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle
stesse parti rimesse in discussione con il ricorso per
cassazione. Ne consegue che la parte che abbia prestato il
proprio consenso all’applicazione di un determinato trattamento
sanzionatorio non può poi dolersi della successiva ratifica del
mancanza della motivazione sulla non applicabilità dell’art. 129
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patto da parte del giudice, neppure sotto il profilo del difetto
o del vizio di motivazione, in quanto ha implicitamente esonerato
quest’ultimo dell’obbligo di rendere conto dei punti non
controversi della decisione
(Sez. 3,
sent. 42910 del 29.9 –
11.11.2009).
La ricorrente va pertanto condannata al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500 alla Cassa delle
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 1500 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28.5.2014
ammende, equa al caso.