Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33435 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 33435 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Salerno
Nei confronti di
AVALLONE GUIDO

n. il 12.07.1960

avverso L’ORDINANZA n. 500/2013 del Tribunale di Salerno – sezione del
riesame – del 14.02..2014
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita all’udienza camerale del 17 aprile 2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udite le conclusioni il Procuratore Generale nella persona del dott. Gabriele
Mazzotta che ha chiesto il rigetto del ricorso.
t
L’avv. Alberto Surmonte, difensore del ricorre nte, chiede dichiarasi
inammissibile il ricorso, o, comunque il rigetto dello stesso.

I

Data Udienza: 17/04/2014

RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Con l’ordinanza, in epigrafe indicata, il Tribunale di Salerno – sezione
riesame – decidendo a seguito di rinvio con sentenza del 10-10-2013 della Corte
di cassazione, sez. 3^ penale, in accoglimento dell’istanza di riesame presentata
da AVALLONE Guido avverso il decreto del 2.04.2013 di sequestro preventivo
emesso dal GIP dello stesso Tribunale relativo al manufatto realizzato presso il
l’impugnato decreto con restituzione del manufatto.
Ricorre per cassazione avverso tale ordinanza il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Salerno.
1. 1 Per una migliore comprensione dei motivi è opportuno riassumere i
fatti della vicenda che occupa il Collegio.
Il decreto di sequestro preventivo de quo è stato emesso sul presupposto
che, in occasione dei sopralluoghi effettuati il 20.1.2012 e il 15.3.2013 presso il
ristorante “Il Caminetto”, la Polizia Giudiziaria accertava la realizzazione senza
alcun titolo abilitativo delle seguenti opere edili di ampliamento della suddetta
attività commerciale: manufatto di complessivi mq. 48 circa, costituito da
tavolato di calpestio in legno, chiuso perimetralmente da pannelli frangivento
autoportanti, coperto da 2 ombrelloni e chiusura totale mediante teli in materiale
plastico apposti tra i pannelli frangivento e la copertura degli ombrelloni.
Sulla base di tali verbali di sopralluogo e della documentazione acquisita
dalla P.G. il G.I.P. considerava sussistente il fumus dell’ipotizzato reato di cui
all’art. 44 lett. b) d.P.R. 280/2001, atteso che, con le predette opere (destinate
oggettivamente a soddisfare un bisogno non provvisorio), l’indagato aveva
creato un incremento volumetrico a vantaggio dell’esercizio commerciale con
aggravamento del carico urbanistico e modifica del territorio in assenza di titolo
autorizzativo, visto che, in data 14.1.2011, il Comune di Salerno aveva concesso
all’indagato soltanto l’occupazione di mq 48 di suolo pubblico per l’intera
giornata mediante l’installazione di 12 tavolini, 48 sedie, 2 ombrelloni, 9 moduli
frangivento in ferro e plexiglass, con fioriere contrappeso; il G.I.P. ravvisava
anche il concreto pericolo che la libera disponibilità da parte dell’indagato delle
predette opere potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato
ipotizzato, in quanto le opere, sebbene ultimate, apparivano idonee ad incidere

ristorante “Il Caminetto”, sito in Salerno alla Via Roma n. 232, ha annullato

sul carico urbanistico e ad assicurare l’uso dell’opera abusiva al di fuori di ogni
controllo.
A seguito di richiesta di riesame da parte dell’indagato, con l’ordinanza
emessa in data 19.4.2013, il Tribunale annullava l’impugnato decreto;.
disponeva la restituzione ad AVALLONE Guido del manufatto in sequestro.
evidenziando che dalla documentazione depositata dalla difesa all’udienza del
19.4.2013 risultava chiaramente che l’indagato aveva ottenuto, non solo per
di suolo pubblico indicata dal G.I.P.: ne conseguiva, quindi,chei pur essendo
sussistente il fumus dell’ipotizzato reato di cui all’art. 44 lett. b) d.P.R. 380/2001
(avendo l’indagato realizzato abusivamente ìl tavolato di calpestio in legno, non
previsto nelle concessioni comunali di occupazione di suolo pubblico), tuttavia
non poteva ritenersi sussistente il periculum di cui all’art. 321 comma 1 c.p.p.
atteso che tale opera (sicuramente ultimata, come rilevabile anche dalle
fotografie in atti) aveva comportato soltanto una migliore fruibilità del suolo
pubblico da parte dell’AVALLONE, ma giammai poteva essere considerata idonea
ad incidere anche minimamente sul carico urbanistico, e ciò proprio perché
all’indagato nel corso degli ultimi anni era stata regolarmente concessa
l’occupazione di suolo pubblico comunale per una superficie corrispondente a
quella del tavolato di calpestio in legno abusivamente realizzato.
1.2 A seguito del ricorso per cassazione proposto dal Pubblico Ministero

presso il Tribunale di Salerno avverso tale ordinanza, la Corte Suprema di
Cassazione, Terza Sezione Penale, con la sentenza indicata, ha annullato
l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno per nuovo esami
ritenendo non plausibilmente motivato l’assenza del periculunn in mora.
Il Tribunale, in sede di rinvio, ha ritenuto fondato il riesame, con
l’impugnata ordinanza, e ritenendo di aver posto rimedio al “difetto di esaustíva
e logica giustificazione ” sul “perché il manufatto non determinerebbe un
aggravio del carico urbanistico ” segnalato dalla Suprema Corte, ha osservato
che ad AVALLONE Guido nel corso degli ultimi anni è stata regolarmente
concessa l’occupazione di suolo pubblico comunale per una superficie
corrispondente a quella del tavolato di calpestio in legno abusivamente
realizzato, ma corredato degli altri manufatti assentiti dalla concessione di luogo
pubblico, per cui rileva che non si vede in quale modo possa essere stato

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l’anno 2011, ma anche per gli anni 2012 e 2013 la concessione all’occupazione

determinato un aumento del carico urbanistico, ove si consideri che – essendo
identica la superficie occupata ed essendo identico il numero dei tavolini
collocabile su tale superficie – è ragionevole ritenere che identico sia anche
rimasto il numero dei frequentatori dell’azienda commerciale con la conseguenza
che non è ravvisabile un oggettivo aggravio su opere collettive per il solo fatto
che i tavolini sono stati collocati sul tavolato e non sul marciapiedi.
Si aggiunge, poi, che, a seguito della deliberazione del Consiglio
“Regolamento occupazione suolo pubblici esercizi” (depositata dalla difesa
all’udienza udienza camerale di rinvio), è stato espressamente previsto che la
realizzazione di arredi mobili del tipo di quelli realizzati nel caso di specie dal
ricorrente “non è soggetta a titolo edilizio, in quanto trattasi di arredi non
configuranti volume edilizio in ragione della loro caratteristica di non determinare
permanenti e/o irreversibili modificazioni dello stato dei luoghi, nonché della loro
facile e rapida amovibilità su richiesta del Comune “, ragion per cui è del tutto
evidente che, anche per effetto di tale modifica regolamentare, non è
attualmente in alcun modo ravvisabile il periculum richiesto per il mantenimento
del vincolo reale sui beni in questione, trattandosi di opere che – se fossero state
realizzate dopo il 31.5.2013 – addirittura non avrebbero richiesto alcun titolo
abilitativo.
1. 3 Con il proposto ricorso il P.M. denuncia violazione di legge rilevando

che la motivazione di Tribunale, come sopra riportata, non è condivisibile in
quanto si dimentica di precisare che la struttura abusiva è chiusa realizzata per
consentire in maniera costante / anche in condizioni di tempo non favorevoli, la
fruizione dell’esercizio pubblico di cui costituisce un indubbio ampliamento e che
non si tratta della differenza che corre tra tavoli collocati su pedana di legno e
tavoli collocati direttamente sul marciapiede.
Rileva il ricorrente che il manufatto oggetto dell’annullato sequestro,
assumendo innegabilmente funzione di stabile e diuturno ampliamento del locale
cui è annesso e direttamente collegato, si connota quale volume abitativo utile,
nuova costruzione (oltre che non consentita trasformazione urbanistica del
territorio ed uso e godimento dell’opera abusiva al di fuori di ogni controllo
prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti), con connesso
aggravio del carico urbanistico in senso quantitativamente e qualitativamente

Comunale di Salerno n. 23 del 31.5.2013 di modifica dell’art. 17 del

differente rispetto alle conseguenze della fruizione della stessa superficie
all’aperto.
Trattasi di struttura che costituisce volume anche se realizzata con teli e
pannelli in materiale plastico ovvero con altri materiali facilmente amovibili e,
trasformando luoghi aperti in ambienti chiusi, ne incrementa in modo rilevante
la fruibilità (v. anche Cass. III Sez. Pen. n. 1476 del 4/7/2012), atteso che essa
è funzionalmente idonea e di fatto destinata ad accogliere ed ospitare gli
e, con il rilevante incremento della fruibilità, essa incrementa in modo rilevante
anche il carico urbanistico inteso quale effetto prodotto dall’insediamento
primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del
numero di persone insediate su di un determinato territorio (si pensi alla
maggiore richiesta di servizi quali spazi pubblici destinati a parcheggio, esigenze
di trasporto, smaltimento rifiuti e viabilità).
A tutto ciò si aggiunga che il Tribunale ha svolto una ulteriore
argomentazione, la quale, per la sua assoluta eccentricità e non pertinenza,
rafforza vieppiù il giudizio di mera apparenza della motivazione resa>
A giudizio del Tribunale, infatti, l’attuale art. 17 del Regolamento per
l’occupazione suolo pubblici esercizi” del Comune di Salerno (come modificato
dalla deliberazione del Consiglio Comunale n. 23 del 31.05.2013) renderebbe
addirittura legittime strutture del tipo di quelle oggetto dell’annullato sequestro.
Ora, a prescindere dal fatto che le strutture cui si riferisce il citato art. 17
non sono assolutamente quelle aventi le caratteristiche costruttive del
manufatto già in sequestro di cui qui si tratta, è ben singolare anche in punto di
diritto l’affermazione del Tribunale: come se un regolamento (per giunta
neanche quello edilizio) potesse, in violazione di legge (art. 3 comma 1, lettera
e.5) DPR n. 380/2001), legittimare manufatti abusivi. Si aggiunge che l’art. 17
del Regolamento riguarda gli arredi mobili specificamente disciplinati dal Reg.
Ed. Com . .
2. La censura di violazione di legge come esposta in ricorso è infondata.

Il Collegio è chiamato unicamente a verificare se la motivazione
dell’impugnata ordinanza sul punto ha soddisfatto i rilievi della sentenza di
rinvio, atteso che nel caso di specie non è in questione la sussistenza del fumus
del reato contestato legittimante il sequestro de quo, in quanto la sentenza di
r-

avventori stabilmente in qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi periodo dell’anno

rinvio di questa Corte riguarda esclusivamente l’esame della sussistenza o meno
dell’elemento del “periculum in mora”, per cui anche la argomentazione
residuale del Tribunale, con riferimento all’intervenuta modifica del regolamento
comunale che disciplina l’uso del suolo pubblico da parte di esercenti attività
commerciali, non rileva.
Ebbene, il Tribunale con specifico riferimento alla dedotta maggiore
fruibilità del suolo pubblico da parte del Procuratore ricorrente, in ragione, non
materiale plastico apposti tra i pannelli frangivento – questi assentiti dalla
autorizzazione comunale -e la copertura degli ombrelloni, che consentirebbe un
maggiore afflusso di clientela anche nei periodi di freddo, pone in evidenza che è
ragionevole ritenere che identico sia rimasto il numero dei frequentatori
dell’esercizio commerciale non essendo ravvisabile un oggettivo aggravio su
opere collettive, quali ad esempio la rete idrica, rete fognaria, condutture
elettriche, viabilità.
In sostanza,con il ricorso, più che violazione di legge, si evidenzia un
vizio di motivazione con riferimento alla valutazione di dati fattuali.
Discettare se la chiusura delle aperture tra i pannelli frangivento e gli
ombrelloni – anche questi sicuramente consentiti – abbia comportato una
maggiore frequentazione di clientela coinvolge una mera questione di fatto,
prospettata dal ricorrente in termini ipotetici ma non oggettivamente certi, ben
potendosi verosimilmente ritenere che il clima mite della città di Salerno, in una
all’utilizzo di sistemi di riscaldamento mobili, consenta la fruibilità dei tavolini e
delle sedie, autorizzati, anche di inverno ed indipendentemente dalla
applicazione dei teli di plastica, per altro facilmente rimovibili e non ancorati a
strutture fisse.
Dunque, quella del Tribunale è una motivazione che, sia pure sintetica,
assolve all’obbligo di cui all’art. 125 c.p.p., e, pertanto non censurabile in questa
sede essendo ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in
materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge,
quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o
meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere
comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico seguito dal giudice nel

tanto del tavolato, quanto per la chiusura totale della struttura mediante teli in

provvedimento

impugnato

(Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013 Cc.

Rv. 254893).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma alla udienza camerale del 17 aprile 2014.

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