Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 334 del 29/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 334 Anno 2018
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mangerini Andreino, nato il 14/01/1955 a Brescia

avverso la sentenza del 17/01/2017 della Corte d’appello di Brescia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito il difensore, avv. Avv. Riccardo Tropea, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia ha
confermato la sentenza del 3 maggio 2016, con la quale il Tribunale di Bergamo
ha condannato Andreino Mangherini alla pena di dodici anni di reclusione e
45.000 euro di multa, per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 1,
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, accertato 18 maggio 2013.
1.1. Secondo l’imputazione, al ricorrente è contestato di avere concorso
nella detenzione di 3,340 chili di cocaina, materialmente trasportata
sull’autovettura condotta dal coimputato Antonio Casali da Milano sino a

Data Udienza: 29/11/2017

Grumello del Monte (ove veniva eseguito il controllo di polizia con il sequestro
della droga) e, precisamente, di avere funto da “staffetta” precedendo, alla guida
di un altro veicolo, l’auto guidata dal correo. Secondo la ricostruzione storico
fattuale della vicenda operata dai giudici della cognizione, dopo avere proceduto
incolonnati lungo l’autostrada, Mangherini veniva fermato dai Carabinieri non
appena superata la barriera del casello di Grumello, mentre Casali – che lo
seguiva a breve distanza – cercava di rientrare nuovamente in autostrada, ma
andava a collidere con una delle vetture di servizio dei militari che avevano

dello stupefacente.
1.2. Preliminarmente, la Corte d’appello ha rilevato come il giudizio di
penale responsabilità espresso dal primo giudice a carico del prevenuto si basi su
diversi elementi indizianti, quali: la condotta di guida tenuta dei due imputati,
che viaggiavano accodati sul tratto autostradale A4 da Milano a Bergamo; i
contatti telefonici fra l’utenza in uso al Casali – intestata ad un cittadino rumeno e l’utenza intestata ad un cittadino cinese che risultava avere agganciato
contemporaneamente le stesse celle della utenza “storica” intestata al Mangerini
e, pertanto, ritenuta nella disponibilità di quest’ultimo a discapito della
intestazione in capo al soggetto orientale; l’analisi delle celle agganciate dalle
utenze telefoniche indicate, dimostrative sia del fatto che i due complici avevano
effettuato assieme il viaggio a Milano, sia della circostanza che Mangherini aveva
prontamente allertato il concorrente del posto di blocco al casello di Grumello
tanto che Casali, aveva cercato di invertire la marcia e di rimettersi in
autostrada, andando poi a collidere con l’auto dei Carabinieri.
1.3. Dato conto dei motivi d’appello, la Corte territoriale ha ribadito la
riferibilità al Mangherini dell’utenza intestata al cittadino cinese sia pure non
rinvenuta in suo possesso (potendo egli essere riuscito a disfarsi dell’apparecchio
telefonico non appena avvedutosi del posto di blocco, con una manovra
repentina sfuggita ai militari); ha evidenziato che la condotta di guida dei due
concorrenti osservata dai militari conferma il ruolo di “staffettista” contestato
all’appellante, circostanza avvalorata dal traffico telefonico e dal monitoraggio
delle celle agganciate dalle utenze facenti capo ai due correi, là dove la manovra
del Casali (che accennava ad uscire al casello di Seriate – precedente a quello di
Grumello ove veniva fermato -, operando poi una repentina inversione di marcia)
poteva logicamente spiegarsi con l’intento di effettuare un diversivo per
verificare se qualcuno lo stesse seguendo.
In punto di determinazione della pena, il Collegio del gravame ha
riaffermato l’insussistenza di elementi positivi per l’applicazione delle circostanze

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ostruito il passaggio ed arrestava così la propria corsa, consentendo il recupero

attenuanti generiche nonché l’integrazione dei presupposti (precedenti penali e
pericolosità sociale) per la ritenuta recidiva.

2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso Andreini Mangherini, con
atto depositato dai difensori di fiducia Avv.ti Riccardo Tropea e Marzia Donadini,
e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli
artt. 192, comma 2, 195, comma 7, e 203 cod. proc. pen., per avere i giudici del

inutilizzabili – segnatamente sulle informazioni assunte da una fonte
confidenziale – nonché su di un palese “travisamento dei fatti”, con specifico
riguardo: a) alla condotta di guida tenuta dai due coimputati (avendo le due auto
percorso un tratto autostradale rettilineo ed intensamente trafficato sicché è
verosimile che abbiano viaggiato incolonnati soltanto per via del traffico, e non in
ragione dell’attività di “staffettista” contestata al ricorrente); b) alla manovra
“diversiva” posta in essere dal Casali (risultando pacifico che presso il casello di
Seriate si trovava una pattuglia in attesa sicché è plausibile che Casali, che
viaggiava autonomamente rispetto al Mangherini, abbia per tale ragione deciso
di rientrare in autostrada); c) al rinvenimento del telefonino del Mangherini con
la batteria disinserita, circostanza che può trovare logica spiegazione in una
caduta accidentale e, comunque, non dimostra il coinvolgimento del ricorrente;
d) al fatto che l’imputato decidesse di uscire dal casello di Grumello del Monte
(potendo la scelta di utilizzare tale uscita anziché quella più vicina alla propria
abitazione dipendere da una ragione alternativa del tutto lecita); e) alla
circostanza che mai l’utenza intestata al cittadino cinese fu abbinata al telefono
rinvenuto nella disponibilità del ricorrente, tanto più considerato che l’utenza in
questione risulta avere contattato ripetutamente utenze non riconducibili al
Mangerini; f) alla discrasia fra l’orario del controllo di polizia del Mangerini
(15:45) e quello della telefonata con cui, secondo l’accusa, questi avrebbe
allertato il Casali della presenza dei Carabinieri (15:43). Il ricorrente evidenzia
che gli elementi acquisiti al processo non sono connotati da gravità, precisione e
concordanza e, pertanto, non consentono di esprimere un giudizio di
colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
2.2. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’art. 133
cod. pen., per avere la Corte erroneamente escluso la sussistenza di una
disparità fra il trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente e quello applicato al
Casali, che – giudicato in appello – ha ottenuto la riduzione di pena sino ad anni
sette di reclusione e 30.000 euro di multa, di tal che la pena finale senza la
riduzione per il rito a questi inflitta risulta parti ad anni dieci e mesi sei di
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merito fondato il giudizio di penale responsabilità su elementi di prova

reclusione e 45.000 euro di multa, di gran lunga inferiore a quella di dodici anni
di reclusione irrogata al Mangherini.
2.3. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’art. 133
cod. pen., per avere la Corte respinto la richiesta di esclusione della recidiva con
una motivazione apparente in punto di pericolosità sociale, trascurando di
confrontarsi con la circostanza che l’ultimo episodio criminoso ascritto al
Mangerini risale al 1999.

1. Il ricorso è infondato in relazione a tutte le deduzioni mosse e deve,
pertanto, essere disatteso.

2.

E’ inammissibile il primo motivo con cui il ricorrente censura la

valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti.
2.1. Per un verso, va rilevato che – giusta il chiaro disposto dell’art. 606 cod.
proc. pen. – il “travisamento dei fatti” (eccepito dal ricorrente) non può essere
coltivato col ricorso per cassazione, là dove questa Corte non può riesaminare
l’impianto probatorio e sovrapporre la propria valutazione a quella del giudice di
merito, ma – coerentemente con lo scrutinio di legittimità affidato – si deve
limitare a verificare se quest’ultimo abbia posto a base della propria decisione un
risultato probatorio coerente alle effettive risultanze degli atti processuali nonchè
sorretto da un ragionamento conforme a logica e diritto.
Dall’altro lato, va ribadito il consolidato principio di diritto secondo il quale, a
fronte della duplice condanna in primo ed in secondo grado (c.d. doppia
conforme), il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del
provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente
indicati dal ricorrente, non può essere coltivato dinanzi a questa Corte, se non
nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei
motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo
giudice ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo
travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o
manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non
corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al
compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765
del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438).
Va inoltre sottolineato che, come più volte affermato da questa Corte di
legittimità, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura
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CONSIDERATO IN DIRITTO

giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per
formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del
gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a
quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico
giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli
elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del
16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595). Siffatta integrazione tra le due motivazioni
si verifica non solo allorché i giudici di secondo grado abbiano esaminato le

giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi
logico – giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi
di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a
prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di
primo grado (da ultimo, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Rv.
252615).
2.2. Rammentate le regulae iuris che regolano lo scrutinio di legittimità sulla
motivazione dei provvedimenti, risulta evidente come il ricorrente abbia proposto
doglianze non coltivabili col ricorso per cassazione, là dove si limita a sollecitare
una rivisitazione della valutazione delle emergenze processuali operata dai
giudici di merito – proponendo una lettura dei diversi elementi raccolti stimata
più plausibile – e, dunque, a proporre un’operazione non consentita in questa
Sede.
2.3. Ad ogni modo, la ricostruzione dei fatti oggetto del procedimento e
l’affermazione della penale responsabilità del Mangerini si fondano su di un
attenta ricostruzione storico fattuale della vicenda, ancorata solidamente alle
emergenze processuali e sostenuta da un percorso logico giuridico scevro da
illogicità manifesta. I giudici di merito hanno, invero, congruamente illustrato le
ragioni per le quali abbiano ritenuto che Mangherini e Casali viaggiassero
assieme e che, in particolare, il primo fungesse da “staffetta” ai secondo,
valorizzando la condotta di guida tenuta dai due imputati durante il percorso
autostradale e ai due caselli nonché le emergenze del traffico telefonico, sulla
base di una non illogica attribuzione al ricorrente della utenza intestata al
cittadino cinese. Significativo è il dato obiettivo – correttamente messo in risalto
dalla Corte territoriale – che da quest’ultima utenza partisse una chiamata (alle
ore 15:43) poco prima del controllo di Mangherini all’uscita di Grumello del
Monte (alle ore 15:45), là dove la circostanza che fra i due momenti non sia
decorso soltanto qualche secondo ma due minuti dipende ragionevolmente dal
fatto che, mentre l’orario del traffico telefonico è preciso e veritiero – essendo
accertato con apparecchiature elettroniche (salvo difetti nella regolazione)
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censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo

l’orario riportato sul verbale di fermo del ricorrente non può che essere
orientativo, dipendendo dall’indicazione, non necessariamente esatta al secondo,
fatta dal verbalizzante.
Non può comunque sottacersi come la stretta contiguità temporale fra detta
telefonata ed il controllo dei militari costituisca soltanto uno dei plurimi elementi
su cui poggia il giudizio di penale responsabilità espresso a carico del ricorrente.
2.4. Non coglie nel segno la denunciata inutilizzabilità delle informazioni
assunte da una fonte confidenziale.

secondo grado, la fonte confidenziale non è stata in alcun modo utilizzata quale
elemento di prova a carico, ma è stata legittimamente impiegata soltanto quale
input ai fini dell’avvio dell’indagine (Sez. 3, n. 1258 del 19/09/2012 – dep. 2013,
Leka, Rv. 254174; Sez. 6, n. 42845 del 26/06/2013, P.M. e Bonanno, Rv.
257295).

3. E’ inammissibile il secondo motivo in punto di determinazione della pena,
stimata dal ricorrente incongrua in ragione della rilevata disparità rispetto al
trattamento sanzionatorio inflitto al coimputato Casali.
3.1. Ed invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte, la
graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati
negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che,
nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della
pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento
illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (ex plurimis Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013, Ferrario Rv. 259142).

4. E’ infondato anche l’ultimo motivo col quale il ricorrente si duole della
denegata esclusione della recidiva.
4.1. Contrariamente a quanto eccepito, la Corte territoriale ha dato, sia pure
sinteticamente, conto dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’istituto,
evidenziando, da un lato, i precedenti penali del Mangherini anche per gravi reati
(quali l’associazione per delinquere finalizzata ad attività di narcotraffico);
dall’altro lato, l’estrema gravità della vicenda sub iudice comprovante – a fronte
dei delineati precedenti penali – la mancata rescissione dei legami con l’ambiente
criminale dedito al commercio di stupefacenti e, dunque, dimostrativa
dell’attuale pericolosità sociale del prevenuto (v. pagina 10 della sentenza
impugnata).

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Come si evince dalla motivazione dei provvedimenti di merito di primo e di

5. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente, oltre che al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 29 novembre 2017

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