Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33399 del 10/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33399 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PURCARIU MINAI, nato il 24/02/1971
avverso l’ordinanza n. 1585/2012 GIP TRIBUNALE di ROMA, del
11/12/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
letta la requisitoria del Procuratore Generale Dott. Oscar
Cedrangolo, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il
ricorso e condannarsi il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Data Udienza: 10/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’il dicembre 2012 il G.i.p. del Tribunale di Roma, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da Purcariu
Mihai, volta a ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione, ex art.
671 cod. proc. pen., richiamando il parere contrario espresso dal Pubblico
Ministero, enunciando il principio di diritto in tema di unicità del programma

esulavano da detto programma ed erano legate da una comunanza di stile di
vita.

2. Avverso la indicata ordinanza ha proposto ricorso per cessazione, tramite
il difensore di fiducia, il condannato, chiedendone l’annullamento sulla base di
unico motivo, con Il quale denuncia erronea applicazione della legge penale in
relazione all’art. 81 cod. pen. e carenza di motivazione.
Secondo il ricorrente, non incombe sull’interessato l’onere di provare la
unitarietà del disegno criminoso, spettando al giudice dell’esecuzione individuare
i dati sostanziali di possibile collegamento tra i reati con disamina approfondita
dei casi giudiziari e con acquisizione d’ufficio delle relative decisioni.
Nella specie, non solo i reati sono stati commessi per la maggior pane
nell’aprile 2010, ma si tratta per lo più di furti (sentenze sub 1 e 2 del
provvedimento di cumulo) con condotte e modalità quasi identiche. Peraltro, il
dato cronologico non è da solo sufficiente per escludere la sussistenza del nesso
della continuazione, dovendo privilegiarsi l’aspetto soggettivo in termini di
ideazione e volizione di uno scopo unitario e procedersi all’apprezzamento
concreto dei fatti, senza trascurarsi la rilevanza indicativa del riconoscimento del
vicolo della continuazione, già operato in sede di cognizione, con riguardo a
episodi che si collocano in un lasso di tempo pressoché identico.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria
scritta e ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, costituendo i motivi dedotti
censure in punto di fatto della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può
applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o
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criminoso penalisticamente rilevante e affermando che le fattispecie in esame

decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa
persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati
secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen.
Tale possibilità in sede esecutiva ha, tuttavia, carattere sussidiario e
suppletivo rispetto all’applicazione nella competente sede di cognizione, stante la
presenza dei limiti imposti dall’art. 671 cod. proc. pen. e dagli artt. 187 e 188
disp. att. cod. proc. pen., e perché suppone che l’applicazione della disciplina del
reato continuato non sia stata esclusa dal giudice della cognizione (tra le altre,
Sez. 6, n. 225 del 13/01/2000, dep. 08/05/2000, P.G. in proc. Mastrangelo e
altri, Rv. 216142; Sez. 2, n. 44310 del 04/11/2005, dep. 05/12/2005, Soma,
Rv. 232855; Sez. 1, n. 13158 del 10/02/2010, dep. 08/04/2010, Fimiani, Rv.
246664).
2.1. Secondo i principi di diritto affermati dalla consolidata giurisprudenza di
questa Corte, l’elemento caratterizzante dell’istituto della continuazione consiste
nella riconducibilità delle singole condotte criminose a un unico disegno
criminoso, che deve essere definito sin dal primo momento nei suoi dati
essenziali, poiché la generica deliberazione di reiterare comportamenti
penalmente illeciti rileva soltanto, in quanto espressiva di un’attitudine
soggettiva a violare la legge, a fini del tutto diversi – e negativi per il reo – come
la recidiva e l’abitualità criminosa.
2.2. L’applicazioee della disciplina del reato continuato in sede esecutiva
impone una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica della
prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito per
Il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
A tal fine la “cognizione” del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di
possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio
delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono
essere in continuazione (sentenze allegate o da acquisire ex officio ai sensi
dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen.) e, attraverso il loro raffronto, alla luce
delle ragioni enunciate dall’istante (tra le altre, Sez. 5, n. 18586 del 04/03/2004,
dep. 22/04/2004, D’Aria, Rv. 229826; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, dep.
02/03/2007, Aloisio e altri, Rv. 236261; Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010, dep.
14/04/2010, Russo, Rv. 246840; Sez. 5, n. 37337 del 29/04/2011,
dep. 14/10/2011, Castellano, Rv. 250929), incombendo, invece, all’autorità
giudiziaria il compito di procedere, ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc.
pen., ai relativi accertamenti con l’acquisizione di documenti e informazioni e
l’assunzione, ove occorra, di prove nel contraddittorio delle parti, e alla
successiva valutazione circa l’esistenza delle condizioni (Sez. 5, n. 4692 del
14/11/2000, dep. 18/12/2000, Sciuto M., Rv. 219253; Sez. 1, n. 34987 del
22/09/2010, dep. 28/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276).

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“lb

2.3. Questa Corte ha da tempo anche precisato che non possono trascurarsi
in sede esecutiva i criteri di applicazione dell’art. 81 cod. pen. che risultano
adottati, nell’ambito di ciascun processo di cognizione, riguardo alla pluralità di
reati oggetto delle singole sentenze di condanna, in quanto “l’intenzione del
legislatore è appunto quella di porre rimedio, con l’art. 671 cod. proc. pen., a
eventuali lacune e carenze del giudizio di cognizione estendendo alla fase
esecutiva la possibilità di realizzare quella stessa unificazione che,
verosimilmente, sarebbe stata disposta con un’unica sentenza di condanna, se
n. 1737 del 12/04/1991, dep. 14/05/1991, Zanatta, Rv. 187579), e che il
giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della
continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi
analoghi, giudicati separatamente e con un’unica sentenza, e può escludere
l’esistenza del vincolo in questione solo previa dimostrazione dell’esistenza di
specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere gli
ulteriori fatti, oggetto della richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc.
pen., non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione (Sez.
1, n. 11240 del 06/12/2000, dep. 21/03/2001, Bersani, Rv. 218523; Sez. 1, n.
20471 del 15/03/2001, dep. 18/05/2001, Ibba, Rv. 219529, e, da ultimo, Sez.
1, n. 25058 del 04/04/2012, dep. 22/06/2012, Galleja, non massimata).
3. L’ordinanza impugnata non si è adeguata a tali principi, pienamente
condivisi dal Collegio.
Il Giudice dell’esecuzione, infatti, pur partendo dal corretto richiamo
all’orientamento di questa Corte, ha limitato la sua decisione al rilievo, sotto un
primo profilo, dell’assenza di elementi fattuali, da cui “desumere, anche solo
come allegazioni, gli elementi essenziali del reato continuato”, e, sotto un
secondo profilo, della riconducibilità delle fattispecie al suo esame solo a “una
comunanza di stile di vita”.
In tal modo, il Giudice dell’esecuzione non ha logicamente evidenziato, in
aderenza agli indicati principi di diritto, le ragioni giustificative della esclusione,
nel caso concreto, della unitarietà del disegno criminoso tra i reati,
separatamente oggetto di contestazione e separatamente giudicati nei processi
definiti con le sentenze richiamate nella istanza.
3.1. Il Giudice, infatti, avendo riguardo ai dati fattuali rilevabili dalle
prospettazioni difensive e allegazioni documentali, in esse comprese le sentenze
emesse a carico del richiedente, poste a sostegno dell’istanza di applicazione
dell’istituto di cui all’art. 671 cod. proc. peri., doveva verificare con riferimento al
caso concreto se le violazioni commesse, per la loro natura, le loro modalità di
commissione, il contesto spazio-temporale in cui esse si erano collocate e la loro

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questa avesse investito tutti i reati commessi dal soggetto interessato” (Sez. 1,

causale, potevano ricondursi a un disegno criminoso unitario; analizzare le
ragioni per le quali, in sede di cognizione, era stata ritenuta la continuazione
interna tra le vario condotte delittuose giudicate con ciascuna sentenza;
verificare la coincidenza dei periodi temporali in cui le stesse condotte delittuose
erano state tenute e dimostrare l’esistenza di specifiche e significative ragioni
per cui i reati oggetto di ciascuna sentenza, e unificati per continuazione, non
potevano essere ricondotti al medesimo vincolo già individuato tra i reati oggetto
di separata sentenza, cadenti in sovrapponibile periodo temporale.
astratta e generica, pervenendo a conclusioni la cui correttezza non è suscettibile
di reale verifica.
4. S’impone pertanto l’annullamento – con rinvio – dell’ordinanza impugnata
per nuovo, più approfondito, esame alla luce dei rilievi sopra formulati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del
Tribunale di Roma.
Così deciso in Roma, in data 10 luglio 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Il Giudice dell’esecuzione si è invece limitato a svolgere una disamina

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