Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33397 del 10/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33397 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Bonomo Giuseppe

n. il 3 febbraio 1968

avverso
l’ordinanza 29 novembre 2012 — Tribunale di Palermo;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le condusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali;

Data Udienza: 10/07/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto In fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 29 novembre 2012, depositata in cancelleria in pari data, il Tribunale di Palermo rigettava l’istanza avanzata nell’interesse
di Bonomo Giuseppe volta a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. in relazione alle condanne ivi indicate.

zioni per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, stante la non contiguità temporale e la diversità dei fatti accertati di cui alle sentenze recate nell’istanza.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cessazione Bonomo Giuseppe chiedendone l’annullamento
per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare è stato rilevato dal ricorrente che il giudice aveva violato l’art. 671
cod. proc. pen. per non aver tenuto conto che le vicende oggetto delle due sentenze di condanna traevano origine dal grave fatto, dal punto di vista economico, occorso al Bonomo nell’ottobre del 1996 quando, per motivi dolosi, era stato sversato
del prodotto vinoso della sua società; le successive distrazioni e truffe commesse
avevano tratto pertanto da quel fatto la loro comune origine integrando quell’unidtà
della ideazione che è alla base dell’istituto invocato e da ricercarsi nella volontà di
sanare la precaria situazione finanziaria derivatane; inoltre il giudice dell’esecuzione
non aveva adeguatamente valutato l’analogia del modus operandi nei reati in questione e l’omogeneità sostanziale degli stessi nonché la loro contiguità temporale.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
3.1 — Occorre rilevare che il giudice dell’esecuzione bene argomenta in relazione alla insussistenza dell’unicità del disegno criminoso soprattutto alla luce del tenore delle due sentenze indicate nell’istanza ex art. 81 cpv. cod. pen.; in particolare
non si deve confondere il movente e la spinta a delinquere (individuata nel tentativo di sanare il ‘gruppo’) con l’unicità del disegno criminoso che richiede che già al
momento della consumazione dei reati vi fosse un’unitarietà deliberativa anche nelle linee generali; nella fattispecie i fatti del 1998 presupponevano delle attestazioni
da parte degli assessorati che in nessun modo potevano essere prevedibili nel 1996

Ud. In c.c.: 10 luglio 2013 — &nom° Giuseppe — RG: 4125/13, RU: 19;

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Il giudice argomentava la propria decisione rilevando l’insussistenza delle condi-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

quando erano iniziate le distrazioni fallimentari. Inoltre il giudice dell’esecuzione richiama correttamente la disomogeneità dei reati (bancarotta e truffa) che ledono
Interessi diversi e soggetti differenti (i creditori del fallimento nell’ipotesi della bancarotta, i terzi clienti, nell’ipotesi delle truffe), la diversità dei soda!l e la distanza
temporale considerato altresì che le distrazioni nell’ambito del fallimento risalgono
al 1996 mentre le truffe erano state commesse nel 1998 molto dopo la dichiarazione di fallimento, parametri sufficienti per addivenire motivatamente alla negativa

ziato che solo il movente poteva ritenersi nella fattispecie unitario, elemento del
profilo soggettivo che, di per sé, nulla però informa sulla necessaria preordinazione
ideativa comune ai reati perpetrati.
3.2 — Di poco momento è peraltro la censura del ricorrente che rileva come si
debba far riferimento, quale momento di consumazione del reato di fallimento, alla
data di declaratoria del medesimo, cosa che ridurrebbe sensibilmente il divario
temporale con le successive truffe, posto che la dichiarazione di fallimento altro non
è che una fictio juris, mentre quanto rileva ai fini del riconoscimento della continuazione — avendo il legislatore ritenuto che è da ritenersi minore la capacità a delinquere espressa da chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un unico impulso, anziché a seguito di più atti deliberativi (Cass., Sez, 1, 28 giugno 2012, n.
1994) — è la concretezza ed effettività della determinazione a delinquere espressa
nei singoli reati.
4. — Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

per questi motivi
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 10 luglio 2013
Il nsigliere estensore

Il Presidente

della richiesta. In altri e più conclusivi termini, il giudice ha correttamente eviden-

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