Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33390 del 11/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33390 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MILIOTO DOMENICO N. IL 22/07/1970
avverso la sentenza n. 351/2009 TRIBUNALE di MONDO VI’, del
09/03/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/07/2014

1) Con sentenza in data 9.3.2010 il Tribunale di Mondovì, in composizione monocratica,
ha condannato Milioto Domenico alla pena di euro 6.000,00 di ammenda per il reato di
cui all’art.256 comma 1 lett.a) 0.L.vo 152/2006.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza
ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla configurabilità del reato
contestato, sia con riferimento alle “condizioni soggettive” del ricorrente che alla
natura di “rifiuto” del materiale rinvenuto; denuncia, inoltre, il difetto di motivazione
in ordine alla riferibilità all’imputato della condotta contestata.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Quanto al primo motivo, non c’è dubbio che, a norma dell’art. 256 al comma 2, le
pene di cui al comma 1 si applichino ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che
abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle
acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’art.192 commi 1 e
2. I destinatari della norma di cui al comma 2 sopra richiamata sono, quindi,
esclusivamente i “titolari di impresa” ed i “responsabili di enti”, come è confermato
dall’art.255 DIN° cit. che prevede soltanto una sanzione amministrativa per chiunque
abbandoni o depositi rifiuti, facendo però “salvo quanto disposto dall’art.256 co.2..”.
La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ribadito che il reato di
abbandono o deposito incontrollato di rifiuti di cui all’art.256, comma secondo, del
D.L.vo n.152 del 2006 ha natura di reato proprio, richiedendo, quale elemento
costitutivo, la qualità di titolare di impresa o di responsabile di ente in capo all’autore
della violazione (cfr. Cass.pen. Sez. 3 n. 5042 del 17.10.2012;.Cass. Sez. 3 n.33766 del
10.5.2007).
Al ricorrente, però, era contestato il reato di cui all’art.256 co.1 D.L.vo 152/2006, che
sanziona chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento,
commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione,
iscrizione o comunicazione.
2.2) E’, poi, pacifico che l’accertamento della natura di rifiuto costituisca “quaestio
facti”, sottratta al sindacato di legittimità se congruamente motivata.
Il Tribunale ha accertato, sulla base del puntuale esame delle risultanze processuali,
che si trattasse di materiale di risulta in ferro ed acciaio (codice CER 170405).
2.3) Infine/ non può essere revocato in dubbio che il ricorrente, sopreso alla guida del
camion, su cui si trovavano i rifiuti sopra descritti, debba rispondere del reato di
trasporto degli stessi in assenza della prescritta autorizzazione (tant’è che i due
coimputati sono stati mandati assolti, non essendovi prova che “abbiano contribuito,
sotto il profilo concorsuale, a trasportare il materiale ferroso9.
2.4) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore

OSSERVA

della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
2.4.1) E’ appena il caso di aggiungere che l’inammissibilità del ricorso, impedisce di
dichiarare la prescrizione maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di curo 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma l’11.7.2014

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