Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33385 del 10/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33385 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Sabbatino Francesco

n. il 12 giugno 1950
avverso

la sentenza 7 marzo 2012 — Corte di Assise di Appello di Firenze;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dotte Maurizio Barbarisl;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in persona del dr. Vi-

to D’Ambrosio, Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha
chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli
atti alla Corte di Assise di Appello di Firenze per ciò che concerne l’aggravante della
premeditazione e il rigetto del ricorso del Sabbatino con condanna dello stesso al
pagamento delle spese processuali;
udito il difensore avv. Manuele Ciappi, che ha concluso per raccoglimento dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 10/07/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima Sezione penale

Svolgimento del processo
1. — Con sentenza deliberata in data 7 marzo 2012, depositata in cancelleria il
9 maggio 2012, la Corte di Assise di Appello di Firenze, in parziale riforma della
sentenza 1 dicembre 2010 del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Lucca, esclusa l’aggravante della premeditazione, riduceva la pena inflitta a Sabbatino

1.1. — Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata Sabbatino Francesco, per motivi riconducibili alla gelosia, attingeva al petto con diverse
coltellate Saiemme Loretta, con cui aveva avuto una relazione sentimentale, cagionandole lesioni personali gravissime che la conducevano a morte. Nel corso dei
primo giudizio, celebrato in regime di abbreviato condizionato, il Giudice delle indagini preliminari disponeva accertamento psichiatrico, affidato al prof. Mauro Mauri,
in esito al quale veniva asseverato che il prevenuto, al momento dei fatti, presentava uno stato di profonda alterazione emotiva sostenuto dall’idea prevalente del
tradimento, tale tuttavia da non escludere né scemare grandemente la sua capacità
di intendere e di volere.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Manuele
Ciappi, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione Sabbatino Francesco così
come parimenti è insorto tempestivamente il Procuratore Generale territoriale. Entrambi i ricorrenti, ancorché per diversi motivi, hanno chiesto l’annullamento della
decisione per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare dal ricOrrente Sabbatino Francesco, con ricorso redatto a ministero dell’avv. Manuele Ciappi, sono stati sviluppati tre motivi di gravame:
a) con la prima dogilanza veniva rilevato il vizio di travisamento della prova in
relazione all’art. 89 cod. pen., ai sensi dell’art. 606 comma primo lett. e) cod. proc.
pen.; la sentenza di secondo grado, infatti, aveva estrapolato solo alcune frasi dalla
relazione redatta dalla dott.ssa Simona Elmi presso il presso il CDT (Centro Diagnostico Terapeutico) del carcere di Pisa ove il Sabbatino aveva fatto ingresso subito
dopo il fatto. Dall’esame dell’intera relazione redatta in costanza del colloquio avuto
con l’imputato in data 13 ottobre 2009 poteva evincersi come il ricorrente, al momento della commissione del reato, fosse afflitto da temi deliranti i quali, !ungi
dall’influire esclusivamente sull’umore, ne avevano anche alterato lo stato di coscienza. Non solo, ma quando la medesima dottoressa scriveva ‘riferisce’ non signi-

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Francesco ad anni venti di redusione confermando nel resto la decisione.

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ficava che era il paziente a riferire del proprio stato delirante bensì che tale stato
emergeva direttamente dalla visita psichiatrica cui aveva sottoposto il Sabbatino;
b) con la seconda censura veniva eccepita l’omessa motivazione circa la mancata rinnovazione istruttoria in relazione alla richiesta di ulteriore perizia che tenesse
conto di quanto risultato dall’esame degli psichiatri che ebbero in cura l’imputato
presso il CDT del carcere di Pisa oltre che dalla perizia Mauri e dalla consulenza

c) con il terzo motivo di gravame veniva evidenziata la violazione del divieto di

refonnatio in pefus, ai sensi dell’art. 606 comma primo lett. c) cod. proc. peri.; in
difetto di un atto di appello del Pubblico Ministero la Corte territoriale avrebbe operato una reforrnatio in pejus in quanto il primo giudice ha statuito che, al netto della recidiva e della continuazione, gli aumenti non erano superiori a complessivi anni
5, altrimenti sarebbe stato possibile applicare l’isolamento diurno, mentre la Corte
di Assise di Appello ha determinato un aumento pari ad anni 6 e mesi 6 di reclusione;
— dal Procuratore generale ricorrente è stata sviluppata, invece, nel proprio ricorso, un’unica doglianza attinente alla esclusione dell’aggravante della premeditazione. Veniva rilevato che il giudice non aveva tenuto conto del fatto che era stata
sequestrata presso l’abitazione del Sabbatino della documentazione da cui risultava
che egli era a conoscenza da tempo che la Salemme aveva una relazione, in particolare con tale Aie (Antonucci), e dunque che aveva, come indicato dal primo giudice, piena consapevolezza del tradimento; inoltre non ha valutato il giudice dell’appello che, come invece evidenziato dal Giudice delle indagini preliminari, il Sabbatino aveva pianificato una via di fuga e ha dichiarato di avere portato il coltello
non per far vedere alla donna che era pronto a gesti anticonservativi ma per spaventarla.

Motivi della decisione
3. — I ricorsi sono destituiti di fondamento e vanno rigettati.
3.1 — Il primo motivo di ricorso per il Sabbatino è infondato e deve essere dichiarato rigettato. Deve rilevarsi per vero che l’impugnazione dell’imputato non si
appaiesa autosufficiente non avendo allegato il ricorrente la relazione della dott.ssa
Elmi impedendo così a questa Corte di poter valutare la sussistenza della lamentata

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Marchi;

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discrasia. Deve comunque rilevarsi che il giudice del merito ha ribadito in sentenza
che l’accertamento della psichiatra è anteriore a quella del prof. Mauri e che
quest’ultimo, sebbene non abbia potuto visionare tale documentazione, ha colloquieto più volte con il paziente pervenendo alla conclusione di piena imputabilltà,
fatta propria dal giudice della cognizione. Le argomentazioni esposte in sentenza
sia di primo che di secondo grado sono peraltro esaustive delle doglianze oggi pedissequamente riproposte dal ricorrente essendo stato rilevato che la relazione 13

come non c’è alcun altro riferimento del genere nel diario clinico dei giorni successivi ove si riferisce, per contro, della circostanza che il Sabbatino si era mostrato
lucido oltre che orientato e disponibile al dialogo; il riferimento pertanto a una possibile sintomatologia delirante è unico, isolato, facendosene menzione solo il 13 ottobre 2009 e non è segnalato né prima né dopo dall’altra psichiatra intervenuta, né
dalla psicologa durante tutto il periodo del ricovero, né tantomeno dal medesimo
perito Mauri. In quest’ottica di episodicità e di carenza di un collegamento pregresso con la storia clinica del soggetto, il fenomeno non è stato ritenuto rilevante dal
prof. Mauri che è pervenuto alle conclusioni oggi contestate.
3.2 — Anche il secondo motivo di gravame è infondato e deve essere rigettato.
3.2.1 — Va osservato che la completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la deci-

sione contraria alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sul rilievo che, nel
giudizio di appello, essa costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione
che l’indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di
primo grado, sicché il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato
alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1996,
Panigoni; Sez. 1, 11 novembre 1999, Puccinelli e altro). Atteso che l’esercizio di un
simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello restando
incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato (Sez. 3, 29 luglio 1993, n. 7908, GluffIda, rv. 194487; Sez. 1, 15 aprile 1993, Ceraso) deve sottolinearsi che la motivazione della sentenza impugnata dà conto, in modo inequivoco, delle ragioni per le quali non è stata accolta la richiesta di rinnovazione parziale,
essendo stato ritenuto che gli elementi probatori disponibili risultavano completi e
concludenti per la formazione del convincimento del giudice di secondo grado
(Cass., Sez. 1, 19 marzo 2008, n. 17309, C.alisti). Ed è altresì consolidato principio
di questa Corte ritenere, che la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale
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ottobre 2009 non contiene alcun riferimento alla persistenza di sintomi psicotici così

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nel giudizio d’appello può costituire violazione dell’art. 606, comma primo, lett. d),
cod. proc pen. solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di
primo grado (art. 603, comma secondo, cod. proc. pen.) (Cass., Sez. 5, 8 maggio
2008, n. 34643, P.G. e De Carlo e altri, rv. 240995) mentre l’error in procedendo è
rilevante ex art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., e configurabile soltanto quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita,

cisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte
nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base
del convincimento del giudice di merito (ex plurimis, Cass., Sez. 4, 14 marzo 2008,
n. 23505, Di Dio, rv. 24(839).
3.2.2 — Tanto prernesso, deve osservarsi che l’argomentazione espressa dal
giudice in relazione alla negatoria della prova si profila sufficiente e congrua per il
richiamo al contesto di prova raccolto e alla motivazione di non necessarietà della
richiesta integrazione probatoria. E stato posto in particolare l’accento, ancorché in
modo stringato, ma non per questo meno esauriente (sul punto cfr. Sez. 4, 2 dicembre 2009, Sergio e altri, n. 47095, rv. 245996, che esprime il principio di diritto
condiviso da questo Collegio secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta
di rinnovazione istruttoria in appello può essere motivato anche implicitamente in
presenza di un quadro probatorio definito, certo e non bisognevole di approfondimenti indispensabili), non solo sul fatto che la prova addotta non costituiva di per
sé un novum, non trattandosi di prova sopravvenuta o scoperta successivamente
alla decisione del giudice di prime cure, bensì appartenente al contesto probatorio
già in qualche modo oggetto della sua valutazione, ma anche che non appariva decisiva, giusta la sua superfluità, nel senso che il suo accoglimento non avrebbe sortito alcun concreto progresso nell’accertamento della verità. E va anche ricordata
la doverosa ottemperanza, in carenza di una effettiva esigenza accertativa, del cogente principio della ragionevole durata del processo la cui elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte di Strasburgo, nell’interpretazione dell’art. 6 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ha condotto
al riconoscimento nel nostro ordinamento del relativo principio con la riforma costituzionale del 1999.
3.2.3 — In questa prospettiva, peraltro, la mancata rinnovazione della perizia
non può essere dedotta con la censura in esame. Ciò che è deducibile in questa se-

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avrebbe potuto determinare una decisione diversa; la valutazione in ordine alla de-

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de è semmai il vizio di motivazione ove il giudice di merito abbia fondato la ricostruzione dei fatti su indirnostrate affermazioni o su pareri tecnici legalmente acquisiti al processo ma non valutati criticamente. La sentenza impugnata è però esente
da tali censure per quanto sopra detto. Le richieste istruttorie dunque non solo non
hanno il connotato della decisività, ma neppure della novità e non arrecherebbe alcun beneficio probatorio non consentendo alcun progresso nell’accertamento della

3.3 — Parimenti non fondato è il terzo motivo di impugnazione. Non vi è stata

reformatio in pejus avendo il giudice di secondo grado, nel rideterminare la pena
dopo l’esclusione dell’aggravante, apportato un aumento non solo per la continuazione ma anche per la recidiva che in primo grado non aveva potuto incidere sulla
pena dell’ergastolo.
4. — Anche Il ricorso del Procuratore generale non è fondato e deve essere respinto.
4.1 — Va premesso che, secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza
di questa Corte di legittimità, il riconoscimento della premeditazione, configurata
come circostanza aggravante nei delitti di omicidio volontario e di lesioni personali,
è condizionato dal positivo accertamento di due presupposti, uno cronologico, altro
soggettivo, rispettivamente rappresentati da un apprezzabile, ma non preventivamente individuato dalla norma di legge, lasso di tempo intercorso tra l’insorgenza
del proposito criminoso e la sua attuazione concreta, tale comunque da consentire
la possibilità di riflessione circa la possibilità e l’opportunità del recesso, e dalla
perdurante determinazione criminosa nell’agente senza soluzioni di continuità e
senza ripensamenti dal momento del concepimento dell’azione antigiuridica fino alla
sua realizzazione. Il legislatore ritiene dunque meritevole di una punizione più severa colui che, rispetto alla situazione di ideazione e normale riflessione che usualmente precede l’agire umano, si distingue per la particolare fermezza e costanza
nel tempo dell’intenzione criminosa, di chi persevera senza incertezze nell’intento a
dimostrazione della maggiore intensità del dolo e quindi di una più spiccata capacità a delinquere. Si è altresì affermato che l’elemento cronologico non si presta in sé
ad una quantificazione minima, valevole in astratto per ogni caso, ma richiede
un’estensione temporale tale da consentire all’agente la riconsiderazione della decisione assunta e da far prevalere la spinta al crimine rispetto ai freni inibitori. La ricostruzione probatoria della premeditazione non può esaurirsi nei mero accertamento della preventiva acquisizione dei mezzi, dei luoghi e degli strumenti materiali

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verità.

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coi quali tradurre In pratica il proposito illecito, comportamento questo non qualificante perché antecedente anche una risoluzione criminosa assunta in via estemporanea e poi attuata: è quindi necessario fare ricorso ad elementi estrinseci e sintomatici, individuati a livello esemplificativo nella causale dell’azione, nell’anticipata
manifestazione dell’intento poi attuato, non contraddetto da condotte opposte, nella ricerca dell’occasione propizia, nella meticolosa organizzazione e nell’accurato
studio preventivo delle modalità esecutive, nella violenza e reiterazione dei colpi

dicembre 2011, n. 47880, Zhang Yng, rv. 251409; Sez. 1, 9 novembre 2011, n.
47250, Livadia, rv. 251502; Sez. 1, 6 febbraio 2007, n. 7970, P.G. in proc. Francavilla, rv. 236243, sez. 1, 21 maggio 2004, n. 24733, Defina, rv. 228510).
4.2 — Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha dato prova di corretta applicazione dei superiori principi giuridici, propri della costante lezione interpretativa
della giurisprudenza di questa Corte. Con motivazione esente da qualsiasi vizio logico o giuridico è stato valorizzato infatti, quale elemento predominante di non sussistenza, la circostanza che per Il poco tempo in cui il prevenuto ha atteso la sua
vittima davanti agli ambulatori, ancora non aveva messo a fuoco se l’avrebbe solo
spaventata, redarguita o uccisa. Lideazione omicidiarla è per vero nata, come focalizzato dal giudice territoriale, in modo estemporaneo, quasi ‘a corto circuito’,
quando ebbe a scorgerla con l’uomo, ‘vissuto’ come rivale. Il fatto che il Sabbatino
sospettasse da tempo della nuova relazione non prova dunque, seguendo il ragionamento del ricorrente, la ricorrenza della premeditazione che non può essere confusa con la mera consapevolezza di quello che veniva vissuto come un tradimento,
non dimostrando peralteo tale consapevolezza, in modo certo, anche l’insorgere nel
giudicabile di una volontà di uccidere tenuta ferma per un periodo apprezzabile di
tempo; nulla comprova neppure la circostanza che l’imputato avesse pianificato una
via di fuga la cui preordinazione, come rilevato dal giudice di appello, è peraltro solo supposta, mentre è ancor meno rilevante il riferimento al coltello, il cui possesso
da parte del Sabbatino era giustificato anche dall’intenzione di solo spaventare la
vittima.
5. — Al rigetto del ricorso del Sabbatino consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuall.

Pubblica udienza: 10 luglio 2013

Sabbatino Francesco — RG: 34968/12, Ru: il;

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infarti (Cass., SAL, n, 337 del 18 dicembre 2008, Antonucci, rv. 241575; Sez. 1, 5

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per questi motivi
rigetta I ricorsi e condanna Sabbatlno Francesco al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in camera dl consiglio, il 10 luglio 2013

Il Presidente

Il onsigliere estensore

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