Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33384 del 11/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33384 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LIBERATO DOROTEA N. IL 23/12/1951
avverso la sentenza n. 328/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
16/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/07/2014

1) Con sentenza in data 16.4.2013 la Corte di Appello dì Salerno ha confermato la
sentenza del Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, emessa l’1.10.2012,
con la quale Liberato Dorotea, era stata condannata, previo riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, alla pena (sospesa alle condizioni di legge,
subordinatamente alla demolizione delle opere abusive) di mesi 2 di arresto ed euro
9.000,00 di ammenda per i reati di cui agli artt. 44 comma 1 lett.b) DPR 380/2001
(capo a), 64 e 71 DPR 380/2001 (capo b), 65 e 72 DPR 380/2001 (capo c), 93 e 95
DPR 380/2001 (capo d), unificati sotto il vincolo della continuazione.
Ricorre per cassazione l’imputata, a mezzo del difensore, denunciando la violazione e
falsa applicazione delle norme di cui al DPR 380/2001, nonché la illogicità manifesta
della motivazione, il travisamento della prova e l’omessa valutazione di una prova
decisiva. Denuncia, altresì, la violazione e falsa applicazione degli artt.32 e 44 letta),
44 lett.b) DPR 380/2001, nonché dell’art.133 c.p. in ordine all’applicazione e
determinazione della pena ed alla subordinazione della sospensione alla demolizione
delle opere ritenute abusive.
Con memoria, depositata in cancelleria il 23.6.2014, si ribadiscono le doglianze del
ricorso (pienamente ammissibile).
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) I Giudici di merito hanno accertato, in punto di fatto, che, al momento del
sopralluogo, le opere realizzate erano difformi rispetto al titolo abilitativo (permesso
di costruire n.169 del 18.7.2006), stante le vistose differenze di superficie e di
volumi accertati dai tecnici”. E, sulla base di tale accertamento, hanno,
correttamente, ritenuto integrati i reati contestati.
2.1.1) I rilievi della ricorrente, a prescindere dal fatto che si richiede una
rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali, non tengono
conto che in tema di contravvenzionè. edilizie, il reato di esecuzione dei lavori in totale
difformità dal permesso di costruire non presuppone necessariamente il
completamento dell’opera, ma è configurabile anche nel caso di interventi edilizi in
corso di esecuzione, in quanto la difformità può risultare palese durante l’esecuzione
dei lavori allorchè dalle opere già compiute risulti evidente la realizzazione di un
organismo diverso da quello assentito (cfr. ex multis Cass.pen. sez. 3 n. 41578 del
20.9.2007; Cass. sez. 3 n.13592 del 30.1.2008; Cass. sez. 3 n.9282 del 26.1.2011).
E, nel caso di specie, le difformità erano talmente evidenti, riguardando notevoli
incrementi volumetrici e di superficie, che non potevano esservi dubbi in ordine alla
realizzazione di un organismo edilizio diverso da quello per il quale era stato rilasciato
permesso di costruire.
2.2) Non c’è dubbio altresì che, per tali “variazioni” occorresse permesso di costruire.
Rientrano, invero, nella nozione di “varianti leggere o minori”, soggette al rilascio di
mera denuncia di inizio dell’attività da presentarsi prima della dichiarazione di
ultimazione dei lavori, le varianti a permessi di costruire che non incidono sui

OSSERVA

parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la
categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le prescrizioni
eventualmente contenute nel petmesso a costruire (Cass.pen. sez. 3 n.24236 del
24.3.2010; Cass. sez. 3 n.7241 del 9.2.2011).
2.3) Infine, anche relativamente alla subordinazione della sospensione della pena alla
demolizione delle opere abusive, i giudici di merito hanno interpretato correttamente
le disposizioni di legge.
L’art.165 consente, infatti, di subordinare la sospensione della pena alla eliminazione
delle conseguenze dannose del reato (tale certamente deve ritenersi per l’assetto del
territorio l’opera abusivamente realizzata).
E, secondo ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, “in tema di reati edilizi,
il giudice, nella sentenza di condanna, può subordinare il beneficio della sospensione
condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, in quanto il relativo ordine
ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato” (cfr.ex multis Casssez.3 n.38071 del 19.9.2007; Cass.sez.3 n.18304 del 17.1.2003).
2.4) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
2.4.1) L’inammissibilità del ricorso preclude, poi, ogni possibilità di far valere e
rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art.129 cod.proc.pen., l’estinzione del reato per
prescrizione, maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata.
Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo
sent.n.23428/2005-Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti
decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del
giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido
perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con
eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3),
precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente
maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere
davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab
instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di
assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico,
divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti
per essersi già formato il giudicato sostanziale”.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
DE POg! TATA1
Così deciso in Roma 1’11.7.2014
IN CANCELLERIA

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