Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33376 del 11/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33376 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEMBO RAFFAELE N. IL 09/02/1972
avverso la sentenza n. 3199/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
18/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/07/2014

1) Con sentenza in data 18.1.2013 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sez. dist. di Piedimonte
Matese, in composizione monocratica, emessa il 20.4.2009, con la quale Lembo
Raffaele, applicata la diminuente per la scelta del rito, era stato condannato alla pena
di mesi 6 di reclusione ed euro 8.000,00 di multa per il reato di cui all’art.6 lett.d)
sostituiva la sanzione detentiva con la corrispondente sanzione
L.210/2008,
pecuniaria di euro 14.840,00 di multa e concedeva il beneficio della non menzione,
confermando nel resto.
Ricorre per cassazione Lembo Raffaele, denunciando la violazione di legge ed il vizio e
di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato ascritto ed alla
mancata integrazione probatoria ex art.603 c.p.p.
2) Il ricorso è generico e manifestamente infondato.
2.1) Risulta pacificamente dalla sentenza impugnato,(e non è neppure contestato con i
motivi di ricorso) che il Lembo venne sorpreso in flagranza di reato, mentre
trasportava, alla guida di un autocarro, 15 quintali di materiale ferroso (rifiuti
speciali non pericolosi) senza essere munito di autorizzazione.
Nel disattendere la pesi difensiva ha rilevato, poi, la Corte territoriale che il
contratto prodotto (con il quale si voleva dimostrare l’esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato con una non meglio precisata ditta), a parte ogni rilievo sulla sua
autenticità, non era comunque risolutivo: non era stata, infatti, fornita la prova che il
presunto datore di lavoro fosse munito di regolare autorizzazione.
Era pertanto superflua, in mancanza di ogni allegazione in proposito, la richiesta di
espletamento di integrazione istruttoria.
2.2) Il ricorrente, senza contestare specificamente siffatte argomentazioni, continua
ad insistere sull’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e sulla necessità di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e ad affermare, genericamente ed
apoditticamente, che i formulari acquisiti agli atti erano di per sé idonei ad escludere
il reato.
Eppure l’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a
pena di inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai
quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
2.3) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.

OSSERVA

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma l’11.7.2014

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