Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33375 del 11/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33375 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANCIELLO FERDINANDO N. IL 05/11/1972
avverso la sentenza n. 4978/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/07/2014

1) Con sentenza del 27.6.2013 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza
del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Frattamaggiore, in composizione monocratica,
resa il 26.3.2008, con la quale Canciello Ferdinando era stato condannato alla pena
(sospesa alle condizioni di legge) di mesi 4 di reclusione ed euro 200,00 di multa per il
reato di cui all’art. 349 c.p.
Ricorre per cassazione il Canciello, a mezzo del difensore, denunciando l’erronea
applicazione della legge penale e l’illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza del reato di violazione dei sigilli.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Come ha ricordato anche il ricorrente, la violazione di sigilli può concretarsi in
qualunque atto comunque diretto al mancato rispetto dell’effettuato sequestro.
Oggetto della tutela penale non è infatti l’integrità dei sigilli, ma la conservazione e
identità della cosa sottoposta a sequestro.
Risulta pacificamente che furono effettuati dei lavori di impermeabilizzazione sul
manufatto sottoposto a sequestro, con violazione quindi della misura cautelare in atto.
La Corte territoriale, con motivazione non certo apparente o illogica, ha disatteso la
tesi difensiva (con la quale si invocava lo stato di necessità), evidenziando che
l’effettuazione dei lavori di impermeabilizzazione, per quanto urgenti, avrebbe potuto
essere preceduta dalla richiesta di dissequestro temporaneo (flprovvedimento
rilasciabi le ad horas”).
Ha quindi ritenuto che l’elusione della richiesta di autorizzazione alla esecuzione dei
lavori, costituisse volontaria violazione del vincolo cautelare.
2.2) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’11.7.2014

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