Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33373 del 02/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33373 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: IPPOLITO FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica del Tribunale di Pesaro
nel procedimento penale nei confronti di
Roberti Carlo Alberto, nato a Pesaro il 19/02/1944

contro l’ordinanza del Tribunale di Pesaro del 14/02/2013
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;
– udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore
generale A. Montagna che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
– udito il difensore avv. F. Coli che insiste per il rigetto del ricorso del P. M.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Pesaro, in sede di rinvio a seguito di precedente
annullamento disposto dalla Corte di cessazione, ha respinto l’appello del Pubblico
Ministero contro il decreto datata 8 febbraio 2012, con cui il giudice delle indagini
preliminari aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla
confisca ex art. 321 C.p.p. e 12 sexies I. n. 356/1992 di una serie di dipinti e quadri

rinvenuti in possesso dell’indagato diversi da quelli indicati ai capi a) e b)
dell’imputazione provvisoria relativa all’art. 648 c.p. (i quali si assumevano come
provento di contraffazione o di furto), deducendo che gli altri fossero assoggettabili
a confisca per la sproporzione tra il valore dei quadri e dipinti, stimata da un
esperto in complessivi C 1.130878,00 e i redditi percepiti dall’indagato negli anni

Data Udienza: 02/05/2013

2008 e 2009.
2. Nell’ordinanza, in accoglimento della deduzione difensiva con cui si
contestava che l’acquisto dei beni in parola fosse concentrato negli anni 2008 e
2009, il Tribunale ha osservato che, sulla base degli atti presentati, “non è possibile
valutazione di sproporzione rispetto ai redditi dichiarati in quegli anni”.
3. Ricorre per cessazione il Pubblico Ministero, ex art. 325 c.p.p., deducendo
violazione degli artt. 581 lett. c), 322-bis e 309.9 c.p.p. ed assumendo che alla
predetta conclusione il Tribunale è pervenuto per avere illegittimamente dichiarato
inammissibile la produzione, da parte del Pubblico Ministero, delle dichiarazione dei
redditi dell’indagato da cui si ricava che, pur sommando tutti i redditi dichiarati dal
1996 ad oggi e ipotizzando che costui abbia destinato tutto il suo reddito
all’acquisto dei quadri diversi da quelli rubati o contraffatti, la somma dei redditi
conseguiti nel corso di quasi un ventennio (pari a € 924.602) non raggiunge
neppure il valore dei quadri di cui è stato trovato in possesso (stimato dal
consulente della parte pubblica in € 1.130.878,00).
Considerato in diritto

1. Nonostante l’erroneo riferimento del ricorrente alla violazione dell’art.
309, comma 9, c.p.p., norma del tutta estranea al procedimento d’appello, tanto
che l’art. 310 c.p.p. richiama altri commi dell’art. 309, ma non casualmente omette
di menzionare il comma 9, il ricorso merita accoglimento.
2. Osserva il Collegio che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la
produzione delle dichiarazioni dei redditi dell’indagato, da parte del Pubblico
Ministero, integrasse un nuovo motivo d’appello.
Il motivo di impugnazione di cui all’art. 581 c.p.p. indica la ragione posta a
fondamento del petitum rivolto al giudice dell’impugnazione e va distinto dalla
prova di esso che la parte intende fornire.
La produzione sulla condizione reddituale dell’indagato non costituiva un
nuovo motivo di impugnazione, bensì la documentazione della situazione reddituale
dell’indagato relativa agli anni precedenti al biennio 2008-2009, in cui erano stati

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né riferire l’acquisto delle opere agli anni 2008, né formulare la conseguente

rinvenuti i quadri in possesso dell’indagato, al fine di provare l’esistenza comunque
di una sproporzione tra valore dei quadri e redditi dell’indagato.
3. In proposito, questa Corte ha stabilito che la condanna per uno dei reati
indicati nell’art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, conv. con modd. nella legge 7

condannato, allorché, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il
reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore
economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la
provenienza di essi. Di talché, essendo irrilevante il requisito della “pertinenzialità”
del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singoli beni non è
esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al
reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del
medesimo reato.
Le Sezioni Unite hanno anche stabilito che – quando sia provata l’esistenza di
una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua
attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una
giustificazione credibile circa la provenienza di essi – è necessario, da un lato, che,
ai fini della “sproporzione”, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso
accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito
dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i
beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di
volta in volta acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile consista nella
prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro
non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna.
Giova anche precisare che le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il
sequestro preventivo di beni confiscabili a norma dell’art. 12 sexies cit. consistono,

quanto al fumus commissi delicti, nell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito
all’indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle
ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino ne’ la sussistenza
degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in mora,
coincidendo quest’ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi
di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che
riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività

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agosto 1992 n. 356, comporta la confisca dei beni nella disponibilità del

economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della
lecita provenienza dei beni stessi (Cass. Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004,
Montella, Rv. 226490-91-92).
Va, infine, ricordato, che nella procedura di appello cautelare l’utilizzazione del
materiale probatorio nuovo prodotto da una delle parti è possibile, ma è
di poter esercitare il diritto al contraddittorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 36206 del
24/09/2010, Serrallegeri, rv. 248711). Ovviamente compete al giudice,
eventualmente adottando opportuni differimenti dell’udienza, garantire che tale
contraddittorio sia effettivo.
4. L’ordinanza impugnata deve, pertanto essere annullata, con rinvio al
Tribunale di Pesaro, per nuovo esame sulla base dei principi di diritto sopra
enunciati.
P.Q.M.
La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al
Tribunale di Pesaro in diversa composizione.
Roma, 2 maggio 2013

subordinata alla positiva verifica che la controparte sia stata posta nelle condizioni

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