Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33360 del 11/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33360 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SOVIERO FRANCESCO N. IL 26/05/1946
GRAVETTI ANGELO N. IL 26/12/1954
avverso la sentenza n. 7914/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
31/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/07/2014

OSSERVA

sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, in composizione monocratica, resa il
19.11.2009, con la quale Soviero Francesco e Gravetti Angelo, previo riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche dichiarate prevalenti sulla recidiva, erano
stati condannati alla pena di giorni 20 di arresto ed euro 35.000,00 di ammenda
ciascuno per i reati di cui agli artt.44 lett.b) DPR 380/2001 (capo a), 64,65,71, 72
DPR 380/2001 (capo b), 93 e 95 DPR 380/2001 (capo c), unificati sotto il vincolo della
continuazione; pena sospesa subordinatamente alla demolizione delle opere abusive.
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, denunciando la erronea
applicazione della legge penale, la mancata assunzione di una prova decisiva, l’illogicità
della motivazione, l’erronea valutazione delle prove. Chiedono, inoltre, la sospensione
del giudizio, la declaratoria di prescrizione, la esclusione della subordinazione della
sospensione della pena alla demolizione delle opere.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale, sulla base delle risultanze processuali, ed in particolare
della testimonianza dell’arch. Prisco (le cui dichiarazioni erano state dichiarate
utilizzabili con il consenso della stessa difesa-cfr.pag. 2 ricorso), ha ritenuto che le
opere realizzate fossero in totale difformità dal titolo abilitativo, essendo stato
mutata la destinazione d’uso (da fabbricato rurale a civile abitazione) ed apportato un
aumento di volumetria; che la sanatorio richiesta non era stata ottenuta e che
comunque non potesse tenersi conto della stessa “ai fini della esclusione di
responsabilità”.
I ricorrenti senza contestare specificamente l’esistenza delle suddette “difformità”
ed il mancato rilascio di permesso di costruire in sanatoria, denunciano l’omessa
assunzione della testimonianza dell’arch.Celentano, senza neppure evidenziare la
“decisività” della predetta testimonianza.
Correttamente, poi, la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di sospensione del
processo (reiterata in questa sede) in attesa della definizione del procedimento
amministrativo instaurato a seguito della richiesta di sanatorio.
A parte i rilievi della Corte territoriale, va aggiunto che, a norma dell’art.36 comma 3
DPR 380/2001, la richiesta di sanatorio si intende respinta decorsi sessanta giorni
dalla presentazione.
2.2) In ordine alla eccepita prescrizione va ricordato che, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, “in caso di procedimento per violazione dell’art.20 L.28 febbraio 1985
n.47, sempre restando a carico dell’accusa l’onere della prova della data di inizio della
decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mero e diversa affermazione da
parte dell’imputato a far ritenere che il reato si sia realmente estinto per
prescrizione e neppure a determinare l’incertezza sulla data di inizio della decorrenza
del relativo termine con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo,
atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di

1) Con sentenza in data 31.10..2012 la Corte di Appello dì Napoli ha confermato la

quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in
contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di
allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente
disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione,
data ch in tali ipotesi coincide con quelal di esecuzione dell’opera incriminata”
Cass.pen.n.10562 dell’11.10.2000). Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che
“In tema di prescrizione, grava sull’imputato, che voglia giovarsi di tale causa
estintiva del reato, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere
la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti”
(Cass.pen.sez.3 n.19082 del 24.3.2009).
I ricorrenti, apoditticamente, assumono che i lavori erano “stati iniziati e completati
nel 2005” senza allegare alcun elemento a dimostrazione del loro assunto.
2.3) Infine, l’art.165 c.p. consente di subordinare la sospensione della pena alla
eliminazione delle conseguenze dannose del reato (tale certamente deve ritenersi per
l’assetto del territorio l’opera abusivamente realizzata).
E, secondo ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, “in tema di reati edilizi,
il giudice, nella sentenza di condanna, può subordinare il beneficio della sospensione
condizionale della pena alla demolizione dell’opera abusiva, in quanto il relativo ordine
ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato* (cfr.ex multis Casssez.3 n.38071 del 19.9.2007; Cass.sez.3 n.18304 del 17.1.2003).
Quanto alle difficoltà della demolizione delle opere abusive, ogni questione non potrà
che essere riservata alla fase esecutiva.
2.4) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00 ciascuno, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
2.4.1) Va solo aggiunto che l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di
dichiarare la prescrizione maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata.
P. Q. M.
bichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 ciascuno in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’11.7.2014

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