Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33359 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33359 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Florea Iacob Radu, nato Romania, il 13 ottobre 1985;
avverso la sentenza del GIP del Tribunale della Spezia in data 30 aprile 2012;
Sentita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;

Data Udienza: 18/04/2013

letto il parere del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giuseppe Volpe, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
Florea Iacob Radu ricorre avverso la sentenza, in data 30 aprile 2012, del Gip del
Tribunale della Spezia, ‘con cui è stato condannato, sull’accordo delle parti ex art. 444 cod.
proc. pen., per il reato di rapina, e chiedendone l’annullamento, si duole della mancanza di
motivazione in ordine alla modifica dell’accordo cui il p.m. aveva già prestato il proprio
consenso e presentato dalla difesa munita di procura speciale. Deduce che non avrebbe potuto
essere presa in considerazione la proposta riformulata dall’imputato in udienza;contesta altresì
che erroneamente la propo5}ta sia stata formulata a seguito di opposizione a decreto penale,
come si legge nel verbale di udienza;che il G.I.P. si sarebbe dovuto astenere , avendo già
provveduto su una istanza di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in
carcere, formulando una valutazione prognostica sfavorevole in ordine alla possibilità di
concedere la sospensione condizionale della pena. Deduce infine la circostanza che il prevenuto
mal comprenderebbe la lingua italiana.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Rileva la Corte che nel caso in esame l’udienza è stata fissata a seguito della richiesta di
patteggiamento depositata dalla difesa. Il difensore di fiducia era presente nel momento in cui
la richiesta è stata riformulata, deve ritenersi solo formalmente, dall’imputato, non avendo il
difensore di fiducia sollevato alcuna eccezione con riferimento alla precedente istanza, e quindi
dovendosi ritenere una piena adesione alla nuova formulazione. E’ stato dato atto del consenso
prestato dal p.m.
Il Gip si è pronunciato sulla richiesta come formulata dalla parte interessata e su cui il

Ciò premesso rileva la Corte che:
“La sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti,
escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento di cui all’art.129 cod proc. pen.,
può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto
se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause di non
punibilità di cui all’art.129 succitato”. (Cass. pen. sez. 3, 18.6.99, Bonacchi ed altro, 215071);
“Nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura
patteggiata tra le parti, non e’ ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a
meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e
l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura
processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non e’ revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha
aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, non e’
legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della
pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono
addivenute”. (cass. pen. sez 3, 27.3.2001, Ciliberti, 219852).
Nel caso in esame il giudice che ha pronunciato la sentenza si è espresso su quella che
è stata la richiesta delle parti. La questione relativa alla precedente istanza, peraltro non
documentata, non può essere sollevata da chi ha dimostrato di non avere interesse a coltivare
l’eccezione in sede di udienza camerale.
Infondate sono poi le eccezioni relative all’incompatibilità del G.I.P. e della mancata
perfetta comprensione della lingua italiana da parte del ricorrente, assolutamente
intempestive, per i motivi già espressi.
Uniformandosi all’orientamento, espresso dalle citate massime, che il Collegio
condivide, va rigettata l’impugnazione;
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali

p.m. ha prestato il consenso.

PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma,1 8 aprile 2013
ere estensore
Diotallevi

Gi

Il Presidente

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