Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33358 del 11/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33358 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GUANCI FERNANDO N. IL 30/04/1950
avverso la sentenza n. 1987/2011 TRIBUNALE di AVELLINO, del
20/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/07/2014

1) Con sentenza in data 20.6.2013 il Tribunale di Avellino, in composizione
monocratica, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Guanci Fernando, in
ordine ai reati di cui agli artt. 44 co.1 lett.c) DPR 380/2001 (capo a), 64 e 72 DPR
380/2001 (capo b), 93 e 95 DPR 380/2001 (capo c), perché estinti per prescrizione.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando la mancanza di
motivazione in ordine alla non ascrivibilità al Guanci (come emergeva dalla
documentazione difensiva) dei reati ascritti.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Va ricordato che, “in presenza di una causa di improcedibilità per intervenuta
prescrizione del reato è precluso alla Corte di Cassazione un riesame del fatto
finalizzato ad una eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua
motivazione. Il sindacato di legittimità circa la prospettata mancata applicazione
dell’art.129 c.p.p., comma 2, deve essere invece circoscritto all’accertamento della
ricorrenza delle condizioni per addivenire ad un pronuncia di proscioglimento nel
merito con una delle formule ivi prescritte: la conclusione può essere favorevole al
giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso
dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime
valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove
indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo
cui l’operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione
processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata.
Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e
con i caratteri richiesti dall’art.129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più
favorevole all’imputato, come sopra si è apprezzato, deve prevalere l’esigenza della
definizione di processo (cfr.cass.sez.5, 22 .6.2005, Bordo; Cass.sez.4 n.16466 del
6.3.2008).
Tali principi sono stati ribaditi dalle Sezioni Unite, con la sentenza n.35490 del
28.5.2009, con la quale è stato riaffermato che “In presenza di una causa di
estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a
norma dell’art.129 comma secondo cod.proc.pen., soltanto nei casi in cui le circostanze
idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo
appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a
quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento”. Le sezioni unite hanno ribadito, altresì, che, in
presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità,
né vizi di motivazione, né nullità di ordine generale (cfr-sent.n.35490/2009 cit.).
2.2) A parte il fatto che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non
viene allegata e neppure indicata specificamente la documentazione da cui

OSSERVA

emergerebbe l’estraneità del ricorrente ai reati contestati, gli accertamenti
necessari in proposito dovrebbero essere demandati al Giudice di merito; ma, come si
è visto, l’annullamento con rinvio non è consentito in presenza di una già intervenuta
causa estintiva.
3) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma 1’11.7.2014

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