Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33353 del 16/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33353 Anno 2013
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DORIA DARIO N, IL 11/02/1961
avverso la sentenza n. 1362/2005 CORTE APPELLO di SALERNO, del
29/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 16/05/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 29 marzo 2012 la corte d’appello di Salerno in riforma della sentenza
emessa dalla tribunale di Salerno,sezione distaccata di Eboli ; che in data 9 febbraio 2005 aveva
assolto Doria Dario dai reati di ricettazione e truffa ai danni di Micocci Abramo, per non aver
commesso il fatto, dichiarava l’imputato colpevole del reato di ricettazione a lui ascritto e con
le attenuanti generiche lo condannava la pena di anni uno mesi quattro di reclusione ed euro

la condanna al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile; Concedeva il
beneficio della sospensione condizionale della pena ; Dichiarava non doversi procedere nei
confronti del reato di truffa perché estinto per intervenuta prescrizione.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in :
1, vizio della motivazione in ordine alle ragioni per le quali ha riformato la sentenza di
primo grado. Rileva che a sostegno dell’affermazione di colpevolezza la corte di appello
aveva posto le dichiarazioni del teste Piscopo, escusso in sede di rinnovazione
dell’istruttoria,i1 quale aveva affermato di essersi recato, su indicazione del suo datore
di lavoro, ad Aversa nei pressi di un ponte per incontrare due uomini sconosciuti che gli
avevano affidato un plico chiuso da utilizzare per il pagamento degli attrezzi agricoli. Il
teste aveva quindi raggiunto il Micocci, gli aveva consegnato il plico ricevendo in cambio
alla merce pattuita che aveva dato ai due sconosciuti, ricevendo da questi ultimi
un’altra busta, presumibilmente con all’interno delle banconote, da recapitare
all’imputato. La corte di appello ha posto a fondamento della decisione due dati di fatto,
emersi chiaramente dall’istruttoria, ovvero l’avvenuta ricezione, da parte della persona
offesa, dell’assegno e la consegna effettuata dal teste. Evidenzia il ricorrente che però il
giudice di secondo grado ha riconosciuto che vi era un passaggio nebuloso nella
vicenda postoche l’imputato e il teste non hanno saputo indicare chi abbia ordinato il
trasporto delle merci e chi

ha dato loro l’assegno poi consegnato al Micocci in

pagamento della merce ritirata. Entrambe le versioni fornite dall’imputato e dal Micocci
sono state ritenute inverosimile in quanto secondo la comune esperienza è insolita
l’esecuzione dell’accordo di una commissione nell’interesse di soggetti sconosciuti,
contattati tramite cali center, dai quali non solo si riceve l’ordine di trasporto ma anche
le istruzioni per il pagamento e la consegna della merce, in luoghi insoliti, attraverso giri
rocambolesch4 e senza mai identificare i soggetti deputati al materiale ritiro della
merce. Evidenzia il ricorrente che da tali premesse la corte territoriale arriva
all’affermazione che l’incertezza, attesa l’assoluta in.-verosimiglianza del racconto del
Doria e del Piscopo, non può ripercuotersi sfavorevolmente in capo al Doria,
risolvendosi in una prova indiretta della sua colpevolezza posto che, per sua stessa
ammissione, l’ordine di prelevare la merce e di dare in pagamento l’assegno è stato da
lui impartito al dipendente Piscopo. Sottolinea che tale affermazione sembrava

400,00 di multa,oltre al pagamento delle spese processuali per il doppio grado di giudizio,e con

preludere il riconoscimento dell’estraneità dell’imputato, come aveva fatto il primo
giudice. Il titolare aveva infatti escluso che il dato formale della mera titolarità fosse
Idoneo a dimostrare la responsabilità dell’imputato, indicando a sostegno dell’assunto
una solida base giustificativa. È stato evidenziato che l’uso di una ditta di trasporti è
sicuramente stata una scelta consapevole e meditata da parte dell’autore dei reati, per
impedire che successivamente alla commissione degli stessi fosse possibile pervenire
alla sua identificazione. Il giudice d’appello non ha confutato tali argomentazioni

da parte dell’imputato in ordine all’acquisto dei beni, senza dare però conto di quale sia
stata la condotta dell’imputato nella realizzazione del reato.
2. Inosservanza degli articoli 578, 576 codice procedura penale , con riferimento alle
statuizion4; tardittni civili

Il ricorso è fondato.
Come indicato dal ricorrente la Corte territoriale ha posto a sostegno dell’affermazione di
colpevolezza dell’imputato le dichiarazioni del teste Piscopo, autista della ditta di trasporto di
cui era titolare il Doria, che escusso in sede di rinnovazione dell’istruttoria, ha riconosciuto di
avere effettuato il ritiro della merce e di avere consegnato l’assegno al venditore Micocci.
Ciò che è rimasto “nebuloso” come indicato anche dai giudici di secondo grado è l’origine della
commissione, considerato che non è stato accertato chi ha ordinato il trasporto e chi ha dato
l’assegno poi consegnato al Micocci. Tale incertezza, come indicato nella sentenza impugnata
che però perviene contraddittoriamente, a conclusioni opposte, non può ripercuotersi
sfavorevolmente in capo all’imputato. L’unico elemento di collegamento tra le condotte
contestate e l’imputato è ancora solo la titolarità della società di trasporti che ebbe a ricevere
la merce e a consegnare l’assegno circolare. Tale elemento, come indicato dal giudice di primo
grado, non consente di ritenere provata la responsabilità del Doria, valutato anche che l’uso di
una ditta di trasporti è stata sicuramente una scelta consapevole, meditata da parte dell’autore
dei reati per impedire che successivamente alla commissione fosse possibile pervenire alla sua
identificazione. Appare poco plausibile pensare che una persona così accorta abbia incaricato
del ritiro della merce l( proprio dipendente / a bordo di un furgone della propria società. La
sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio perché dagli atti richiamati
non emergono elementi per ritenere la responsabilità dell’imputato per la ricettazione
contestata.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe il motivo sub 2. L’impugnata sentenza
rimane travolta anche sul punto della condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in
favore della parte civile, non potendosi applicare con riguardo al reato di truffa, rispetto al
quale vi è stata declaratoria di prescrizione, il dettato di cui all’art. 578 c.p.p. in difetto di una
valida pronuncia di condanna e non avendo la parte civile neppure impugnato la sentenza
assolutoria pronunciata dal Giudice di prime cure. Secondo la pacifica giurisprudenza di questa
2

ritenendo elemento decisivo per la condanna la mancanza di una attendibile spiegazione

stessa Corte, invero, il presupposto per applicare l’art. 578 c.p.p. è costituito dalla pronuncia di
una sentenza di condanna nei confronti dell’imputato (v, Cass. Sez. 5, 17 giugno 2010 n.
27652; Sez. 5, Sentenza n.

9638 del 24/01/2011 Ud. (dep. 09/03/2011 ) Rv. 249713)
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per non aver commesso il fatto.

Così deliberato in Roma il 16.5.2013

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