Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33352 del 22/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33352 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IURASCU SERJOJA N. IL 20/04/1984
MORARU VASILE N. IL 12/06/1978
avverso la sentenza n. 4242/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BOLOGNA, del 02/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 22/05/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna applicava a IURASCU Serjoja e MORARU Vasile, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine a più delitti di furto pluriaggravato in concorso, consumato e tentato, di ricettazione, di false dichiarazioni sulle generalità e detenzione di documenti
falsi validi per l’espatrio, commessi fino al 13 aprile 2013.
Propongono distinti ricorsi per cassazione gli imputati.
Lo IURASCU deduce vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio e sul provvedimento di
allontanamento dal territorio, mentre il MORARU deduce violazione di legge per la liquidazione
delle spese alla parte civile “COM.WAVE S.a.s.” che non si sarebbe costituita nei suoi confronti
‘e difetto di motivazione sulla misura della condanna alla rifusione delle spese a favore della parte
civile nonché sulla misura dell’allontanamento dal territorio dello Stato.
Osserva il Collegio che i ricorsi sono inammissibili.
Manifestamente infondata la doglianza IURASCU sul trattamento sanzionatorio, atteso che il
Tribunale, nell’applicare la pena concordata, non è incorso in alcuna violazione della legge in
punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini), conformandosi del resto interamente al trattamento sanzionatorio condiviso dalle parti, del quale ha espressamente riconosciuto la congruità, mentre l’imputato che abbia chiesto l’applicazione di una determinata pena non può dolersi della entità della pena da esso stesso sollecitata né della complessiva adeguatezza del trattamento concordato evocando apprezzamenti di fatto non suscettibili di
autonoma considerazione in sede di legittimità.
In tema di liquidazione delle spese sostenute dalle parti civili rileva il Collegio che la condanna
alla rifusione delle spese a carico di ciascuno dei due imputati concerne, all’evidenza, seppure
non sia esplicitato in modo chiaro, le parti civili costituite e quindi in quanto costituite, così che,
fra le parti, non vi potrebbe essere il dubbio di una condanna del MORARU alla rifusione delle
spese sostenute dalla “COM.WAVE S.a.s.” che dall’atto di costituzione e dal relativo verbale dibattimentale risulta costituita solo contro lo IURASCU e non il MORARU. Del tutto generiche
poi le doglianze di MORARU in tema di quantum della liquidazione delle spese a favore della
parte civile atteso che il ricorrente non è stato in grado di indicare quale diversa somma sarebbe
stata da liquidare secondo corretta applicazione della normativa al proposito.
Manifestamente infondata infine la doglianza di entrambi i ricorrenti sull’applicazione della misura di sicurezza attesa la costanza della giurisprudenza di questa Corte, consolidata nel ritenere
(cfr. per tutte Sez. II, n. 28614 del 2/7/2009, Rv. 244882) che la misura di sicurezza dell’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, condannato alla reclusione per un tempo superiore a due anni, deve essere disposta pur in caso di
sentenza di patteggiamento, ma pur sempre previo accertamento in concreto della pericolosità
sociale, accertamento che (cfr. Sez. IV, n. 15447 del 14/3/2012, Rv. 253507) deve avvenire con
idonea motivazione che la valuti alla luce dei criteri posti dall’art. 133 c.p. fra i quali del tutto
correttamente viene in considerazione la reiterazione dei fatti criminosi.
Nel caso di specie il giudice ha fatto adeguato riferimento ai precedenti di natura predatoria dei
prevenuti, alla predisposizione di mezzi adeguati per l’occultamento e la ricezione della merce,
oltre all’evidenza, emergente dal provvedimento impugnato, di una gravità intrinseca dei fatti per
i quali era avvenuta l’applicazione della pena, consistita da un’impressionante serie di furti e di
altri reati costituenti accorgimenti, quali il possesso di documenti falsi e l’indicazione di false
generalità, idonei a sviare le investigazioni dell’autorità.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in e. 1.500,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di e. 1.500,00# alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 22 maggio 2014.

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