Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33349 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33349 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Belcastro Girolamo, nato a Siderno (RC) il 2 marzo 1967;
Barranca Domenico, nato a Siderno (RC) il 2 aprile 1980;

Commissó Giuseppe, nato a Locri (RC) il 30 dicembre 1979;
Trichilo Cosimo, nato a Siderno(RC) il 19 novembre 1973;
Nucera Vincenzo, nato a Siderno, (RC) il 26 maggio 1981;

Costa Domenica, nato a Locri (RC), il 14 luglio 1980;
Fimognari Carmelo, t!iato a Locri il 27 giugno 1979;

avverso la sentenza della Cgrte d’appello di Reggio Calabria in data 9 maggio 2012;
Sentita la relazione stsiolta in pubblica udienza dal consigliere lo t. Giovanni Diotallevi;

Data Udienza: 18/04/2013

udito il P.M., in persona dellSostituto Procuratore Generale dott. •Sh.• • -o Viola, che ha concluso per
il rigetto dei ricorsi;
sentiti l’avv.to Giovanni Aricò del foro di Roma e l’avv.to Fonte Leone, di fiducia per Belcastro

Girolamo, gli avv.ti Gerace Armando e Santambrogio Mario, di fiducia per Barranca Domenico,
l’avv.to Calabrese Francesco, di fiducia per Commisso Giuseppe, l’avv.to Speziale Antonio, di fiducia
per Trichilo Cosimo, gli avv.ti Fragomeni Giovambattista e l’avv.to Speziale Antonio, di fiducia per
Costa Domenico, l’avv.to Speziale Antonio, di fiducia per Nucera Vincenzo, l’avv.to Gerace Armando,
di fiducia per Fimognari Carmelo, che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

Belcastro Girolamo, Barranca Domenico, Commisso Giuseppe, Trichilo Cosimo, Nucera
Vincenzo, Costa Domenico, Fimognari Carmelo, hanno proposto ricorso per cassazione avverso
la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 9 maggio 2012, con la quale, in
parziale riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria in data 7 luglio
2010, sono stati condannati il Belcastro, il Barranca e il Commisso in ordine ai reati di cui agli
artt. 74, 73 comma 1 e 80 , comma 2 d.P.R. 309/90, il Trichilo in ordine al reato di cui all’art.
73, comma 1 e 80 d.P.R. 309/90, il Nucera e il Costa in ordine ai reati di cui agli artt. 74, 73

Barranca Domenico ha presentato motivi nuovi per l’udienza del 18 aprile 2013
Ciò premesso Belcastro Girolamo, con i due ricorsi presentati, ha dedotto motivi
sostanzialmente identici:
a) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p. e 74,
commi 1 e 2 d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della
motivazione.
Il ricorrente censura l’attribuzione alla sua persona di un ruolo apicale, con riferimento al
reato associativo, individuato rispetto al “settore palermitano ” dell’associazione, nonché la
valutazione del contenuto delle intercettazioni, da cui sarebbe possibile dedurre al massimo la
sua partecipazione a singoli reati di detenzione e cessione della sostanza stupefacente, anche
in considerazione dell’esiguità del tempo preso in considerazione per valutare il suo
coinvolgimento nei fatti in contestazione; né tale conclusione potrebbe essere smentita dai
colloqui intervenuti con tale D’Anna, e relativi alla cessione di sostanza stupefacente, in ordine
alla quale il secondo avrebbe agito come intermediario per conto terzi. Dal contenuto della
conversazione sarebbe arbitrario trarre la conseguenza del ruolo apicale che sarebbe stato
ricoperto dal Belcastro nell’associazione, di cui, in realtà, avrebbe ignorato la struttura
complessa articolata su più fronti e aree territoriali. Tali considerazioni farebbero venir meno
la possibilità di attribuire al Belcastro la partecipazione e men che meno la responsabilità
dell’associazione in questione.
b) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p. e 73,
d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione.
Il ricorrente sottolinea l’assenza di elementi probatori idonei ad affermare la sua
responsabilità per i reati contestati, che si ridurrebbero a due singoli episodi nell’arco di due
mesi, in cui peraltro non è stato mai coinvolto di persona, e per ulteriori quattro episodi, in cui
sarebbe stata ricostruita la sua partecipazione, ma che sarebbero stati assolutamente
indeterminati nel loro svolgimento, e in ordine ai quali non sarebbe sufficiente ad affermare la
sua responsabilità il fatto di avere avuto come interlocutore il D’Anna.
c) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p. e 80,
d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione.
Il ricorrente censura inoltre la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80

comma 1 d.P.R. 309/90, il Fimognarii del reato di cui all’art. 74, comma 2 d.P.R. 309/90.

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o

d.P.R. n. 309/90, in quanto, pur riferendosi l’aggravante alla sostanza stupefacente
sequestrata per complessivi 60 kg. , pur tuttavia, non essendo stata verificatala la percentuale
del principio attivo, mancherebbe l’unico elemento di riferimento in base al quale l’aggravante
potrebbe essere contestata, in base ai recenti arresti giurisprudenziali delle Sezioni Unite sul
punto (Sez. un, 24 maggio 2012, n. 36258, PG e Biondi, Rv. 253150); in sostanza mancando il
parametro delle dosi soglia, non sarebbe possibile evincere la quantità di principio attivo
riscontrato nella sostanza detenuta.
d) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 2 c.p. e 73, d.P.R.

Il ricorrente deduce l’erroneità della pena applicata, perché in sede di quantificazione
della medesima non sarebbe stato specificato se, una volta riconosciuto l’istituto della
continuazione con riferimento al reato associativo, sia stata applicata per la fattispecie di cui
all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 la legge più favorevole.
Barranca Domenico ha dedotto:
a) Violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309/90, contestato al capo A). Mancata assoluzione perchè il
fatto non sussiste.
Il ricorrente deduce la mancanza di elementi da cui dedurre la sussistenza
dell’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 e comunque del fatto che lo stesso
rivestisse un ruolo apicale all’interno della medesima; le prove certe relative al Barranca
sarebbero esclusivamente legate al fatto del trasporto della droga, mentre dagli atti
emergerebbe inequivocabilmente la condizione di sottoposto del Barranca medesimo al
Belcastro; in ogni caso non potrebbe essere affermata la sussistenza di tutti gli elementi
propri del c.d. pactum sceleris e dell’organizzazione conseguente. In ogni caso nei suoi
confronti sarebbe stata accertato solo l’episodio del 5 giugno 2004, di natura occasionale,
mentre per il secondo episodio non vi sarebbero elementi concreti ma solo presunzioni prive di
riscontri fattuali. La prova del vincolo associativo non potrebbe essere tratta dunque dalla
molteplicità e continuità delle comunicazioni telefoniche e dei presunti contatti tra i vari
imputati. L’unico episodio del 5 giugno 2004, dove vennero sequestrati circa 60 kg di hashish,
riguarda esclusivamente uno dei reati fine, mentre i presunti contatti tra lo stesso Barranca e il
Belcastro, da una parte, e il D’Anna dall’altra, in considerazione del tempo limitato e della
labilità delle prove concernenti il passaggio di sostanze stupefacenti, non sarebbero utili a
dimostrare la sussistenza di una struttura associativa. In ogni caso il traffico in cui sarebbe
stato coinvolto il Barranca riguarderebbe solo hashish e non anche cocaina, e comunque
quantità di droga non ingenti, come si dovrebbe evincere dai colloqui avuti dallo stesso
Barranca con tale Cosentino Massimiliano. Il Barranca comunque sarebbe stato un mero
esecutore di ordini, privo di qualsiasi potere decisionale in ordine alla gestione delle presunte
trattative. Le emergenze probatorie avrebbero dovuto portare ad assolvere il Barranca dai due
episodi del 5 e 16 giugno 2004, di cui agli art. 73 e 80 d.P.R. n. 309/90, in cui sarebbe stato
ceduta sostanza stupefacente dal duo Barranca – Belcastro al D’Anna. In realtà sarebbe stata

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n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione.

accertata l’assenza del Barranca nei momenti topici della vicenda, la cui persona non sarebbe
mai stata vista in contatto con i palermitani durante i servizi di osservazione predisposti dalla
P.G, e , a maggior ragione, per il secondo episodio del 16 giugno 2004, dove non è stato
possibile sequestrare il pres9nto carico di droga.
b) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p.
e 73, d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della
motivazione. Il ricorrente sottolinea l’assenza di elementi probatori idonei ad affermare la sua

mesi,in cui peraltro non è mai rimasto coinvolto di persona, e per ulteriori quattro episodi, in
cui sarebbe stata ricostruita la sua partecipazione, ma che sarebbero stati assolutamente
indeterminati nel loro svolgimento, e in ordine ai quali non sarebbe sufficiente ad affermare la
sua responsabilità il fatto di avere come interlocutore il D’Anna.
Censura inoltre la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/90, in
quanto, pur riferendosi l’aggravante alla sostanza stupefacente sequestrata per complessivi 60
kg. , pur tuttavia, non essendo stata verificatala quantità del principio attivo in concreto,
mancherebbe l’unico elemento di riferimento in base al quale l’aggravante potrebbe essere
contestata in base ai recenti arresti giurisprudenziali delle Sezioni Unite sul punto (Sez. un, 24
maggio 2012, n. 36258, PG e Biondi, Rv. 253150); in sostanza mancando il parametro delle
dosi soglia , non sarebbe possibile evincere la quantità di principio attivo riscontrato nella
sostanza detenuta.
Censura alfine la cessione di cui si sarebbe reso responsabile invero a tale Cosentino, di cui
vi sarebbero soltanto i contenuti di alcune conversazioni telefoniche, in cui quest’ultimo
invitava il Barranca a recarsi a Genova, dove però egli non si recò e al cui posto si recò il
Costa. La realtà effettuale , e il corredo probatorio non potrebbe essere dedotto dal contenuto
di un’unica intercettazione. Allo stesso modo il ricorrente doveva essere assolto dai due reati
fine di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90. Infatti non vi sarebbero elementi supporto alla
considerazione finale che il Barranca, oltre al Commisso e al Costa, avrebbe effettuato viaggi a
Roma per cedere sostanza stupefacente a Nucera Vincenzo. L’uso del linguaggio criptico e
l’indicazione di qualche appuntamento non sarebbero elementi da cui dedurre con tranquillante
certezza il profilo di responsabilità del ricorrente. Sostiene questa conclusione l’assenza di
sequestro di quantitativi di sostanza stupefacente; allo stesso modo l’unica conversazione tra il
Barranca e il Commisso non potrebbe essere ritenuta sufficiente per affermare la responsabilità
del Barranca per l’importazione dall’Olanda delle 3.040 pasticche di ectasy sequestrate al
Commisso il 24 febbraio 2006 in Francia.
e) Eccessività della pena; mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti
o quantomeno equivalenti con le contestate aggravanti.
Il ricorrente censura l’eccessività dei criteri di dosimetria della pena utilizzati nei suoi
confronti, soprattutto se riferiti a quelli adottati nei confronti di Belcastro; la sua giovane età e
il comportamento processuale avrebbero meritato la concessione delle circostanze attenuanti
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responsabilità per i reati contestati, che si ridurrebbero a due singoli episodi nell’arco di due

generiche con un giudizio quantomeno di equivalenza sulle contestate aggravanti.
Con un secondo ricorso il Barranca deduce:
a) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p. e 73,
d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione
Il ricorrente censura ritenuta responsabilità per l’importazione di 3.040 pasticche di ectasy
dall’Olanda, dove l’acquisto dello stupefacente è stato ricondotto alla frase relativa all’acquisto
di 10 – 15 prosciutti.
b) Violazione dell’art. 74 d.RR. n. 309/90, contestato al capo A). Motivazione illogica ed

Il ricorrente contesta la Correttezza della ritenuta sussistenza dell’associazione contestata in
quanto vi sarebbe sovrapposizione temporale, soggettiva e criminologica con l’associazione
PUSHER, che è risultato essere operativa fino al settembre 2005.
c) Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p. e 80,
d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione.
Il ricorrente censura la mancanza dell’accertamento del valore soglia, circostanza che
non consentirebbe la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n- 309/90
d) Violazione dell’art. 503 – 597 c.p.p., commi 1,3,4. Erronea quantificazione della pena da parte
del giudice d’appello in forza i dell’eliminazione dell’aggravante di cui all’art. 80.
Il ricorrente censura il fatto che il giudice d’appello abbia posto a base del calcolo finale
una pena base superiore a quella del giudice di primo grado.
Con la memoria depositata in data 5 aprile 2013 il Barranca reitera i motivi concernenti la
censura relativa alla ritenuta responsabilità per l’importazione di 3.040 pasticche di ectasy
dall’Olanda.
Trichilo Cosimo deduce :
a)

Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 192 c.p.p. e
81, 110, 73, 80, d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza
della motivazione.
Il Trichilo lamenta l’erroneità dei presupposti in base ai quali è stata affermata la sua
responsabilità. In realtà gli stessi elementi sono stati utilizzati per pervenire alla condanna del
cognato Macrì Michele, che conservava lo stupefacente presso un magazzino della suocera del
Trichilo e l’officina del ricorrente, e che è stato giudicato in un diverso processo in cui il Trichilo
non è stato coinvolto. Lamenta pertanto il mancato accoglimento della versione alternativa
proposta, basata essenzialmente sull’attribuzione al Trichilo di condotte del cognato, che
conservava lo stupefacente in luoghi comuni (casa di abitazione e officina di lavoro).
Sostanzialmente il Trichilo contesta che la responsabilità sia stata affermata in base al dato di
fatto del luogo di lavoro, a quello di residenza e al fatto che la Fiat Punto, utilizzata per il
trasporto di droga, attraverso apposite imbottiture, fosse di proprietà della suocera del
ricorrente, Figliomeni Emilia. Irrilevante, poi, sarebbe l’elemento dell’accertata frequentazione
di altri soggetti coinvolti nella vicenda, come Barranca, Costa, Commisso in assenza poi di

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apparente.

intercettazioni telefoniche che coinvolgessero il Trichilo. Una diversa interpretazione dovrebbe
essere data poi al fatto che il Costa Domenico contattò Fimognari Domenico, lavoratore
dipendente nell’officina del Trichilo, per conoscere le modalità di smontaggio dei pannelli
dell’auto, ove sarebbe stato nascosto lo stupefacente trasportato. Il mancato contatto con il
Trichilo renderebbe evidente la sua estraneità.
Il Trichilo deduce poi l’insussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 2 t.u.
Stupefacenti in quanto non è stata accertata la presenza effettiva del principio idoneo a
contestare l’ingente quantiti

prevalenti con la contestata aggravante.
Il ricorrente censura l’eccessività dei criteri di dosimetria della pena utilizzati nei suoi
confronti, perché, stante il ruolo avuto e il comportamento processuale, avrebbe meritato la
concessione delle circostanze attenuanti generiche con un giudizio prevalenza sulla contestata
aggravante.
Nucera Vincenzo ha dedotto:
Violazione del principio del “ne bis in idem sostanziale” in relazione al reato di cui all’art.
74 d.P.R. n. 309/90. Violazione degli artt. 125, c. 3 e 192 c. 1 e 2 c.p.p. e artt. 110, 378 e 379
c.p. Nullità della sentenza.
Con riferimento al processo denominato “The pusher”, il ricorrente deduce la violazione
del principio del ne bis in idem , con riferimento alla contestazione di cui all’art. 74 d.P.R. n.
309/90, per un fatto avente il medesimo ambito soggettivo, oggettivo e temporale, e i fatti
oggetti del presente procedimento. In ogni caso sarebbero insussistenti gli elementi ritenuti
idonei ad affermare la sussistenza del reato de quo, in quanto il Nucera si sarebbe limitato ad
offrire ospitalità nel suo appartamento di Roma, non avendo alcuna consapevolezza o
cointeressenza nel commercio della sostanza stupefacente. La condotta a lui addebitata
dunque potrebbe al più concretizzare il reato di favoreggiamento personale o reale, anche
ritenendo validi i messaggi relativi a possibili acquirenti della sostanza stupefacente inviati ai
sodali Barranca, Commìsso, e Costa.
Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 125, c. 3 e
192 c.p.p. e 73, d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza
della motivazione
Il ricorrente censura la ritenuta responsabilità per l’importazione di 3.040 pasticche di
ectasy dall’Olanda, giustificata in base alla circostanza che il 9 dicembre 2004 il Nucera si recò
in Olanda con il Commisso, poi arrestato di ritorno dallo stesso Paese, in Francia, in compagnia
di altro soggetto, il 24 febbraio 2006 per il possesso appunto di 3.040 pasticche di ectasy.
Eccessività della pena sia nella determinazione della pena base che con riferimento
all’aumento adottato per la continuazione.
Il ricorrente lamenta l’eccessività dei criteri utilizzati per la dosimetria della pena.
Costa Domenico ha dedotto:
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b) Eccessività della pena; mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche

a) Violazione del principio del “ne bis in idem sostanziale” in relazione al reato di cui all’art. 74
d.P.R. n. 309/90. Violazione degli artt. 125, c. 3 e 192 c. 1 e 2 c.p.p. e artt. 110, 378 e 379
c.p. Nullità della sentenza.
Con riferimento al p!ocesso denominato “The pusher”, il ricorrente deduce la violazione
del principio del ne bis in idem, in relazione alla contestazione di cui all’art. 74 d.P.R. n.
309/90, per un fatto avente il medesimo ambito soggettivo, oggettivo e temporale, con i fatti
oggetto del presente procedimento.
Violazione e falsa applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 125, c. 3 e
della motivazione.
Il ricorrente deduce che in ogni caso sarebbero insussistenti gli elementi ritenuti idonei
ad affermare la sussistenza dei reati de quibus, in quanto nei suoi confronti non potrebbe
dedursi la volontà di fornire sostanza stupefacente, unitamente al Barranca, al Cosentino,
soltanto sulla base di equivoci messaggi telematici. Non vi sono elementi per ritenere che
l’astratta idea di una transazione di sostanza stupefacente sia stata in realtà realizzata. Né la
condotta a lui addebitata potrebbe concretizzare il reato tentato sia per la condotta descritta
nel capo c) che in quella descritta nel capo E), di cui sarebbero sostanzialmente ignote le
località di commissione dei fatti.
Eccessività della pena sia nella determinazione della pena base che con riferimento
all’aumento adottato per la Continuazione.
Il ricorrente lamenta che la pena gli sia stata ridotta sull’erroneo presupposto della
contestazione anche nei suoi confronti dell’aggravante di cui all’art. 80, c. 1 lett. G, d. P.R. n.
309/90, connessa all’incolpezione sub b). In realtà l’assenza di tale contestazione avrebbe
dovuto comportare un diminuzione maggiore rispetto alla pena poi quantificata. In ogni caso
sarebbero eccessivi i criteri di dosimetria della pena utilizzati.
Fimognari Carmelo ha dedotto:
Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) c.p.p.. Mancanza e manifesta illogicità della
motivazione.
Il ricorrente sottolinea la mancanza di elementi da cui dedurre la sussistenza
dell’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 e comunque del fatto che lo stesso
partecipasse alla medesima; le prove relative al Fimognari sarebbero esclusivamente legate a
due telefonate, non riscontrate però da comportamenti utili a sostenere l’ipotesi accusatoria
nei suoi confronti. Il ricorrente sottolinea altresì di essere stato assolto per l’unico episodio di
cessione di sostanza stupefacente a lui contestato. Circostanza che escluderebbe a maggior
ragione il suo coinvolgimento nel reato associativo.
Commisso Giuseppe ha dedotto:
Violazione dell’art. 606, comma 1 lette ) c.p.p. con riferimento all’art agli artt. 192,
546 comma 1 lett. e) c.p.p. e 73, d.P.R. n. 309/90.
Il ricorrente censura il fatto che la sua responsabilità , in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R.

192 c.p.p. e 73, d.P.R. n. 309/90, nonché contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza

n. 309/90 sia stata ritenuta con riferimento ad elementi accertati rispetto ad un episodio
precedente in cui il Commisso non risulta essere stato coinvolto. In sostanza il sequestro della
sostanza stupefacente avvenuto il 5 giugno 2004 è stato utilizzato per dare fondamento
fattuale e giuridico anche all’ipotesi accusatoria relativa alla vicenda del 16 giugno 2004.
b)

Violazione dell’art. 606, comma 1 lett.e ) c.p.p. con riferimento all’art agli artt. 192,
546 comma 1 lett. e) c.p.p. e 74, d.P.R. n. 309/90.
La partecipazione del ricorrente alla contestata associazione sarebbe stata dedotta
esclusivamente dall’incontro con altri presunti sodali, tra cui il Barranca, in un locale pubblico
potere affermare la sua responsabilità in ordine al reato contestato.

c)

Violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e ) c.p.p. con riferimento all’art agli artt. 192,
546 comma 1 lett. e) c.p.p, e 80, d.P.R. n. 309/90.
Il ricorrente censura che l’intervenuto sequestro di 60 kg di hashish concretizzi
l’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/90. In particolare lamenta che l’assenza di esami di
laboratorio non hanno consentito di verificare la quantità di principio attivo presente nella
sostanza e quindi di ritenere la sussistenza dell’aggravate contestata, che non potrebbe essere
ritenuta sulla base del solo peso ponderale.

d)

Violazione dell’art. 606, comma 1 lett.b) ed e ) c.p.p in relazione agli artt. 133 e 62 bis

c.p.
Il ricorrente censura l’eccessività dei criteri di dosimetria della pena utilizzati nei suoi
confronti, soprattutto a se riferiti alla sua giovane età, all’assenza di precedenti penali, e al
comportamento processuale, elementi che avrebbero meritato la concessione delle circostanze
attenuanti generiche con un giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.

CONSIDERATO IN DIRITTO
t. Osserva La Corte che i ricorsi devono essere accolti per quanto concerne il motivo

relativo alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/90 contestata al
Belcastro, al Barranca, al Commisso, al Trichilo al capo B) e i motivi dedotti da Costa, Barranca
e Nucera in ordine al reato contestato al capo G. Nel resto i ricorsi sono infondati.II ricorso del
Fimognari è infondato. Ragioni di organicità espositiva, e valutazioni comuni alle singole
censure, consigliano di affrontare preliminarmente le ragioni concernenti il giudizio di
infondatezza dei motivi di riSorso.

2.. Per quanto riguarda i motivi proposti dai ricorrenti Belcastro, Barranca, Nucera,
Costa, Fimognari e Commisso sulla sussistenza del reato associativo deve sottolinearsi quanto
segue.
La sentenza impugnata ha sottoposto ad articolata valutazione gli elementi
motivazionali della decisione di primo grado sul punto, segnatamente la costante e materiale
presenza, nei vari episodi delittuosi, del Barranca, operante anche come corriere, e

de l

Belcastro, quale referente decisionale, e del contributo organizzativo di tutti gli altri, nonchè
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per effettuare una semplice consumazione. Tali elementi non avrebbero alcuna idoneità per

delle basi logistiche, dei mezzi operativi, dei luoghi di occultamento dello stupefacente e della
presenza di canali di approvvigionamento definiti.
In ordine a tutti questi aspetti i giudici di merito hanno osservato che il nucleo
originario raccoglieva associati tutti residenti a Siderno, fornitori di rilievo di referenti
palermitani, in particolare, e di altri soggetti diffusi su tutto il territorio nazionale.
Secondo i giudici di Imerito l’associazione poteva contare su diverse ramificazioni, oltre
quella palermitana (D’Anna), individuate nei referenti di Roma, (Nucera) Toscana e Bologna
(Agostino)e Genova (Cosentino); di veicoli, quali autovetture appositamente modificate per il
contatti con il coimputato Nucera a Roma, ove venivano di volta in volta ospitati gli associati,
abitazioni e locali utilizzati anche per il deposito dello stupefacente, e dove la costante
presenza del Barranca, unitamente a quella del Belcastro, era quella propria di organizzare e
controllare le singole operazioni criminose, salvo quanto si dirà per l’operazione contestata al
capo G; d’altra parte i giudici di merito hanno anche spiegato come la parziale variazione dei
partecipanti nei diversi episodi delittuosi non è incompatibile con il rapporto associativo,
all’operatività del quale può peraltro essere funzionale anche il ricorso a soggetti non organici
all’associazione come il Trichilo,in base a quanto è stato ritenuto nei suoi confronti.
Osserva la Corte che le valutazioni operate dai giudici di merito trovano conforto nel
contenuto di numerose intercettazioni, tra i soggetti coinvolti a vario titolo, e nel linguaggio
criptico adottato, che assune una qualificata valenza indiziaria, proprio perché si inserisce in
un quadro complessivo, ben articolato nei suoi elementi strutturali, relativamente all’ipotesi
accusatoria contestata, anche alla luce dei rilevanti sequestri di sostanza stupefacente,
circostanza che correttamente è stata ritenuta la chiave interpretativa dei dialoghi intercettati.
Queste valutazioni, nel soddisfare adeguatamente l’onere che grava sul giudice
d’appello anche nella conferma della sentenza di primo grado, attraverso la confutazione delle
censure dei motivi d’impugnazione, evidenziano l’infondatezza della censura di carenza
motivazionale proposta a tale riguardo dai ricorrenti, e risponde efficacemente ai rilievi
sollevati (v. pagg. 6 e 7 della sentenza d’appello).
Vi è da aggiungere che i giudici di merito, analizzando poi le singole posizioni hanno
sottolineato proprio la pregnanza probatoria degli aspetti rappresentati, quanto all’efficienza
operativa dell’organizzazione criminosa, dal numero dei reati specifici e dalla consistenza dei
quantitativi di stupefacente, anche di quella oggetto dei sequestri in cui venne coinvolto il
Giappone (60 kg di hashish contrattati con il palermitano d’Anna), i 500 gr. di mariujana
interessanti l’Agostino, le 3400 pasticche di ectasy sequestrate al Commisso, tutte circostanze
che, in aggiunta alle altre occasioni in cui è emersa con chiarezza l’esistenza del traffico di
sostanza stupefacente, contribuiscono a rendere evidente la solidità del legame associativo, e
la persistenza di detto legame, cementato oltre che dalla stabilità delle relazioni personali fra
gli imputati, e per il Barranca e il Belcastro sostenuti anche da vincoli familiari, dalla continuità
dell’attività dell’associazione per un periodo non irrilevante che viene correttamente individuato
9

trasporto della sostanza stupefacente, nonché di appoggi logistici individuabili in base ai

dal marzo 2004 al gennaio 2005, in aderenza al monitoraggio eseguito dalle forze di polizia (v.
pagg. 11, 12 della sentenza d’appello).

3. A questi argomenti, i ricorrenti oppongono difformi valutazioni di merito sulla
rilevanza probatoria di taiuni elementi, quali la brevità del tempo di monitoraggio e la specifica
singolarità degli episodi del giugno 2004 (con il sequestro dei 60 kg di hashish), oltre al
contenuto delle numeroeissime intercettazioni telefoniche con il dedotto limitato
che al più dimostrerebbero la partecipazione a singoli e specifici episodi di cessione.
Tuttavia la ricostruzione dei giudici di merito dà ampia descrizione della complessità
strutturale delle due operazioni, in cui il Belcastro risulta attivamente presente, in costante
contatto operativo con il Barranca; quest’ultimo poi in entrambe le operazioni, intrattiene
rapporti strettissimi con altri esponenti del gruppo di Siderno (Commisso Giuseppe e Trichilo
Cosimo) ed esponenti del gruppo palermitano (v. pagg. 13, 14, 15 e pagg. 21, 22, 25,26 e 29,
30, 31 della sentenza d’appello), ed è altresì attivo, unitamente ad altri sodali quali il Costa, in
altre ulteriori operazioni in zone d’Italia diverse;a Genova, infatti trova il suo interlocutore nel
Cosentino, e il corriere appunto nel Costa, (come chiarito a pagg. 34, 35 e ss. della sentenza
d’appello), mentre per il Lazio e la Toscana, l’interlocutore è stato individuato nell’Agostino
Giuseppe (v. pagg. 37, 38, 3:9, 40, 46 e ss. della sentenza d’appello); allo stesso modo è stato
correttamente individuato il ruolo del Commisso (v. anche pagg. 50, 51 e 52 della sentenza
d’appello), come, a seguire,lquello del Fimognari, corrispondente di fiducia del Belcastro e del
Barranca in altre zone d’Italle (v. pagg. 33, 34 e 42 della sentenza d’appello e oltre). Analoghe
considerazioni vanno fatte per la valutazione del ruolo di intermediario all’interno della
associazione per il Nucera Vincenzo (si veda ad esempio il collegamento con tale Grimaldi), di
cui già si è fatto cenno, sponda importante per il traffico di sostanze stupefacenti nel versante
romano, la cui responsabilità in ordine al reato fine si raccorda in modo omogeneo con la
corrispondente valutazione positiva affermata in ordine alla partecipazione all’associazione (v.
pagg. 41 e ss., nonché pagg. 56 e 57 della sentenza d’appello).
Non inficiano la logicità dell’apparato motivazionale della sentenza impugnata, dunque
le censure proposte dal Fimognari, il cui ruolo di corriere nelle varie zone d’Italia,
analogamente al ruolo svolto dal Commisso e dal Costa, per rifornire di droga gli stabili
acquirenti del gruppo, è stato puntualmente delineato (v. pagg. 43, 45, 50,51, 52 e ss.) dalla
sentenza d’appello.
Insussistente appare dunque la denunciata carenza motivazionale in ordine alla
consapevolezza degli imputati di far parte di un’associazione, implicitamente rilevata in quanto
derivante dalla reiterata partecipazione a trattative per la cessione in varie zone d’Italia di
sostanze stupefacenti; e manifestamente infondata è la censura relativa al ruolo attribuito
nell’associazione secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito.

Io

coinvolgimento del Barranca e del Belcastro esclusivamente nei fatti del versante palermitano,

4. Sempre con riferimento al reato associativo deve ritenersi infondata la dedotta
violazione del “ne bis in idem” sostanziale sollevata nei ricorsi del Barranca, del Nucera e del
Costa. La doglianza è sostanzialmente generica, e già risolta in modo condivisibile dal giudice
di primo grado e confermata da quello d’appello; i due episodi hanno un arco temporale di
sviluppo non sovrapponibile, e per questo la vicenda relativa al processo “The pusher” è stata
già giudicata in continuaziOne rispetto alla presente fattispecie criminosa (v. pag. 43 della
sentenza d’appello e pagg. 5 e 7 della sentenza di primo grado).
5, Allo stesso modo sono infondate le censure relative alla sussistenza dei reati fine
i
anche con riguardo alla doglianza di carattere generale sul riferimento a sostanze stupefacenti
deducibile dalle conversazioni telefoniche, che avrebbe in realtà contenuto equivoco.
Nel caso in esame deve trovare applicazione il principio giurisprudenziale in base al
quale l’analisi del contenuto di conversazioni intercettate costituisce valutazione di fatto
rimessa all’apprezzamento del giudice di merito (Sez. 4, n. 117 del 28/10/2005, Caruso, Rv.
232626;Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Danno, Rv. 237994; Sez. 6, n. 17619
dell’08/01/2008, Gionta, Rv. 239724), per cui le intercettazioni in esame, dettagliatamente
riportate nella sentenza di primo grado richiamata da quella impugnata, risultano esaminate in
coerente riferimento anche con il dato oggettivo dell’effettivo sequestro di più quantitativi di
stupefacente di rilevante consistenza, desumendone la riferibilità a tale oggetto illecito in base
al carattere allusivo delle ‘conversazioni; nessuna illogicità rilevante in questa sede può
pertanto essere ravvisata in tale interpretazione, proprio perché l’effettiva disponibilità dello
stupefacente è coerentemente giustificata nella sentenza anche in base all’offerta della merce
a più acquirenti in varie zone d’Italia.
Più in generale, osserva la Corte che, per quanto riguarda i punti sopraenunciati, nella
sentenza risultano affrontate tutte le questioni dedotte nei ricorsi e che peraltro erano già state
proposte in appello, e che dunque si pongono ai confini dell’inammissibilità.
Ritiene il collegio che nel ricorso per cessazione contro la sentenza di appello non può
essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio” in ogni stato e
grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di

i

appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico giuridici. Nei casi in esame vengono nuovamente riproposte questioni in ordine alle quali i
giudici del merito hanno fornito una valutazione ed una analisi corretta, che non merita
censure logico giuridiche. I giudici di merito hanno valorizzato, ai fini dell’affermazione di
responsabilità, il complessivo materiale probatorio acquisito agli atti processuali; le censure
concernenti assente carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale
degli episodi e in ordine alla natura degli stessi non sono proponibili nel giudizio di legittimità, ………,
quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e
coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e i ricorrenti
si limitino sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il
11

riesame nel merito della sentenza impugnata;infatti, nel momento del controllo di legittimità,
la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruZione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con “i limiti
di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula giurisprudenziale
ricorrente (Cass. Sez. 4^ sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004, CED 230568; Cass.
Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 CED 215745; Cass., Sez. 2^ sent. n.

6. Ciò premesso devono ritenersi infondati i motivi proposti dai ricorrenti in relazione
alla applicazione del regime delle attenuanti e dei criteri di dosimetria della pena. La sentenza
impugnata è stata in effetti congruamente motivata per tutti gli imputati, con riguardo alla
determinazione della pena inflitta, con la formulazione di un giudizio di mera equivalenza delle
attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti in relazione alla personalità dei
medesimi, incensurati o gravati da precedenti di lieve entità. Anche la determinazione della
pena base del Barranca, deve ritenersi essere stata correttamente determinata, essendo
mutato rispetto al primo grado il reato più grave di riferimento e comunque essendo la pena
base finale di ben tre anni inferiore rispetto alla pena base determinata in primo grado. Anche
la censura relativa alla eterminazione della pena sollevata dal Belcastro a seguito
dell’applicazione della contiquazione è infondata, sia perché generica, sia perché comunque è
ammessa la quantificazione in forma sintetica della pena applicata in continuazione.
Anche in questi casi In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si
prospetta una valutazione delle prove diversa e più favorevole ai ricorrenti, ciò che non è
consentito nel giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano
una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez.
4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260).
7. Come affermato in premessa deve essere invece accolto il motivo concernente la
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/90 contestata al Belcastro, al
Barranca, al Commisso, al Trichilo al capo B).
Rileva la Corte che sul punto è intervenuta la pronuncia delle Sezioni Unite (Sez. U, n.
36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253150, successivamente confermata da Sez. 6, n. 26817
del 03/07/2012, Rodriguez Marban Monzon, Rv. 253034), per la quale l’aggravante non è di
norma ravvisabile laddove il principio attivo dello stupefacente oggetto dell’imputazione sia
inferiore ad una quantità pari a duemila volte il limite massimo indicato dal D.M. 11 aprile
2006, n. 95, e succ. mod. per la riconducibilità ad un uso esclusivamente personale. Nella
sentenza impugnata, come in quella di primo grado, non risulta precisata la percentuale del
12

2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, CED 196955).

principio attivo contenuto nella sostanza stupefacente sequestrata. La determinazione peritale
di detto valore non è tuttavia essenziale, secondo i principi da tempo stabiliti da questa Corte
(Sez. 6, n. 3392 dei 29/0911992, Soibni Mohamed Ali, Rv. 192311 e ribaditi da Cass., Sez. 5,
n. 10961 del 10/01/2013 dep. 08/03/2013, Scognamiglio e altri, Rv. 255221), laddove
risultati utili, ai fini per i quali il dato assume rilevanza, possano essere tratti da altre fonti
probatorie; e, per quanto interessa in questa sede, laddove il conseguimento di tali risultati sia
oggetto di una motivazione esente da vizi logici. Per questo aspetto, la Corte territoriale ha
livello professionale con cui il gruppo operava portava a concludere per elevati livelli di qualità
e resa commerciale dello stesso e quindi in ordine alla sussistenza dell’aggravante di ingente
quantità;tuttavia a parere della Corte, manca nella motivazione il riferimento di raccordo con il
dato oggettivo del sequestro di oltre sessanta chilogrammi di stupefacente,(oltre che della
cocaina che non viene quantificata nei capi di imputazione) che comporterebbe la conclusione
in ordine alla presenza nello stupefacente di un principio attivo che, pur se non esattamente
determinato, sia superiore al limite precedentemente indicato. La Corte peraltro è consapevole
che, in base al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, il superamento del predetto

limite non determina automaticamente la sussistenza dell’ipotesi aggravata, che deve essere
comunque accertata in base alle circostanze del caso concreto; così come, del resto, il mancato
superamento del limite nc:11 esclude in modo assoluto la ravvisabilità dell’aggravante in
situazioni particolari, attesa l’affermata valenza “di regola” del criterio indicato. Anche sotto
questo profilo, pertanto, la motivazione della sentenza impugnata deve essere integrata in
modo corrispondente ai principi precedentemente stabiliti da questa Corte sulla valutazione di
particolare pericolosità per la salute pubblica e di tutela dell’ordine pubblico, e quindi della
spiccata offensività dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice, del quantitativo di
stupefacente trattato; tali principi devono ritersi infatti tuttora validi laddove risulti realizzata la
condizione del superamento del limite come sopra fissato, ad esempio valutando, tra gli altri
indicatori, se la dimensione dello stupefacente in esame appariva idonea a soddisfare le
esigenze di un elevato numero di consumatori per un notevole periodo di tempo (in tal senso
v. solo fra le ultime Sez. 2, Sentenza n. 4824 del 12/01/2011, Baruffaldi, Rv. 249628; Sez. 5,
n. 22766 del 03/05/2011, Pellegrino, Rv. 250398; Sez. 4, n. 47501 del 30/11/2011, Ben
Sassi, Rv. 251742). Ritiene pertanto il Collegio che sul punto debba essere applicato il
seguente principio di diritto “In tema di stupefacenti, ai fini della configurabilità della
circostanza aggravante dell’ingente quantità, ex art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del
1990, qualora non sia esattamente determinata la percentuale del principio attivo contenuto
nella sostanza stupefacente sequestrata, non è essenziale il ricorso alla determinazione
peritale ove risultati utili e rilevanti possano essere tratti da altre fonti probatorie, siano
sostenuti da motivazione esente da vizi logici e conducano a ritenere che detto principio attivo
sia superiore a duemila volte il valore massimo in milligrammi, determinato per ogni sostanza
nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ancorché il superamento del predetto limite 13

osservato che l’inserimento dell’organizzazione sidernese nel mercato degli stupefacenti e il

come del resto il mancato superamento – non determini automaticamente la sussistenza
dell’ipotesi aggravata, dovendo, in ogni caso, aversi riguardo alle circostanze del caso concreto
(Sez. 5, n. 10961 del 10/01/2013 – dep. 08/03/2013, Scognamiglio e altri, Rv. 255221).
8. Devono essere infine accolte le doglianze, oggetto anche della memoria aggiuntiva
del Barranca, avanzate da Costa, Barranca e Nucera in ordine al reato contestato al capo G.
In questo caso le valutazioni operate dai giudici di merito si muovono all’interno di un
percorso ricognitivo dove gli elementi probatori appaiono obiettivamente privi di una
l’affermazione di un giudizio di responsabilità. In particolare appare artificioso, in assenza di un
ponte probatorio omogeneo, collegare la telefonata del 2 dicembre 2004 con un’operazione che
avrebbe trovato la sua evidenza nell’arresto del Commisso in Francia, il 24 febbraio 2006,
perché, mentre tornava dall’Olanda, venne trovato in possesso di 3.040 pasticche di ectasy.
Tale operazione può essere, allo stato, ascritta al solo Commisso, che è stato condannato in
Francia per tale fatto, ma appare forzato ritenere, in presenza di una cesura temporale di oltre
un anno tra le conversazioni del novembre – dicembre 2004 e il sequestro del febbraio 2006,
che quest’ultimo evento possa essere ricondotto ad una volontà concorrente del Costa, del
Barranca e del Nucera, sulla base di una intercettazione telefonica in cui si chiedeva di
“acquistare 10,15 prosciutti”. La Corte non disconosce la natura strumentalmente criptica del
linguaggio usato, e la presenza di attività sospette nel periodo immediatamente susseguente;
pur tuttavia il quadro probatorio complessivo non appare sufficientemente strutturato perché
quella conversazione e gli altri sostanzialmente equivoci elementi possano essere collegati
all’operazione di riferimento icontestata. In questo caso il giudizio di responsabilità non può
essere affermato al di là di ogni ragionevole dubbio. Conseguentemente la sentenza impugnata
deve essere annullata senza rinvio in ordine al capo G) nei confronti di Costa Domenico,
Barranca Domenico e Nucera Vincenzo per non aver commesso il fatto e le relative pene
applicate in aumento devono essere eliminate nei termini indicati in dispositivo.
9. Al di là dei punti sopraindicati i ricorsi devono pertanto essere rigettati nel resto; il
ricorso del Fimognari deve essere interamente rigettato, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deve essere dichiarata esecutiva la sentenza impugnata, quantificata la pena nei
confronti di Belcastro Girolamo in anni dieci e mesi otto di reclusione, di Barranca Domenico in
anni dodici di reclusione, di Nocera Vincenzo in anni sette e mesi quattro di reclusione; di
Costa Domenico in anni nove, mesi cinque e giorni dieci di reclusione, di Commisso Giuseppe
in anni nove e mesi quattro di reclusione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza di cui all’art. 80, c.2 d.P.R. n.
309/90, contestata nei confronti di Belcastro Girolamo, Barranca Domenico, Commisso
14

connessione logico temporale tale da concretizzare un supporto argomentativo coerente con

Giuseppe, Trichilo Cosimo contestata al capo b), e per l’effetto rinvia ad altra sezione della
Corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto.
Annulla altresì senza rinvio la sentenza impugnata da Costa Domenica, Barranca
Domenica e Nucera Vincenzo in ordine al reato contestato al capo G) per non aver commesso il
fatto ed elimina le relative pene applicate in aumento rispettivamente di mesi sei e giorni
venti di reclusione per Costa, di otto mesi per Barranca, e di otto mesi per Nucera;
Rigetta nel resto i ricorsi di Belcastro, Berranca, Trichilo, Nucera, Costa, Commisso.
Rigetta il ricorso di Fimognari Carmelo, che condanna al pagamento delle spese

Dichiara esecutiva la sentenza impugnata, quantificata la pena nei confronti di
Belcastro Girolamo in anni dieci e mesi otto di reclusione, di Barranca Domenica in anni dodici
di reclusione, di Nocera Vincenzo in anni sette e mesi quattro di reclusione; di Costa Domenica
in anni nove, mesi cinque e giorni dieci di reclusione, di Commisso Giuseppe in anni nove e
mesi quattro di reclusione.

o a, li 18 aprile 2013

processuali.

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