Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33347 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33347 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Caposeno Giuseppe, nato Foggia, il 16 febbraio 1970;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna in data 13 marzo 2012;
Sentita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;

Data Udienza: 18/04/2013

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alfredo Viola, che ha concluso per
la declaratoria d’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

Caposeno Giuseppe ricorre avverso la sentenza, in data 13 marzo 2012, della Corte
d’appello di Bologna, con cui è stato condannato per il reato di ricettazione e abusivo
riempimento di documento, e chiedendone l’annullamento, si duole della valutazione operata
dai giudici di merito per ritenere sussistenti gli elementi dei reati contestati, e , infine , della
mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione in base alla previsione che rende
inapplicabile il nuovo regime in ordine alle sentenze per cui sia stata già pronunciata sentenza
di primo grado al momento dell’entrata in vigore della legge n. 251/2005.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.. Osserva il collegio che il ricorso è manifestamente infondato: nella sentenza risultano
affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in
appello.
Peraltro, ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello 1
non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio” in

ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei
motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico
– giuridici, come è avvenuto nel caso di specie. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una
delle dette questioni con ricorso per cessazione, che la impugnazione deve essere dichiarata
inammissibile a norma dell’art. 606, terzo comma, ultima parte, cod. proc. pen.”. ( Cass. pen.,
sez 6, 25.1.94, Paolicelli, 197748).
2. Il ricorso è inoltre privo, almeno per quanto riguarda i motivi relativi alla dedotta
prescrizione,in cui peraltro la questione di incostituzionalità è manifestamente infondata, come
ente Cirielli che quello post Cirielli, nonché, per quello relativo alla motivazione, della
specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’alt 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle
motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste;
Questa corte ha stabilito che “La mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti
prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello della specificità dei motivi- rende
l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi,
quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla
dichiarazione di inammissibilità”. (Cass. pen., sez 1, 22.4.97, Pace, 207648);
3. Va dichiarata, pertanto l’inammissibilità del ricorso cui consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Roma,

aprile 2013

ha già sentenziato la Corte costituzionale, ed è peraltro non maturata sia se si applica il regime

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