Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33345 del 22/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33345 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LICCIARDELLO ANDREA FERRUCCIO N. IL 10/09/1974
TOMASELLO MARIO N. IL 19/11/1976
avverso la sentenza n. 6656/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
01/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 22/05/2014

Licciardello Andrea Ferruccio e Tomasello Mario ricorrono avverso la sentenza 1.2.13 della Corte
di appello di Milano che ha confermato quella in data 11.7.08 del locale tribunale con la quale sono
stati condannati, per i reati di danneggiamento, violenza privata e falso, loro rispettivamente ascritti,
concesse ad entrambi attenuanti generiche (per il Licciardello equivalenti alla contestata
aggravante), Licciardello alla pena — dichiarata interamente condonata – di mesi cinque di

reclusione, con il beneficio per entrambi di cui all’art.175 c.p.
Deduce il Licciardello, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, violazione
dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per non avere i giudici offerto alcun elemento di riscontro
alle dichiarazioni della p.o., in particolare con riferimento al reato di cui all’art.610 c.p., tali non
potendo considerarsi le deposizioni della moglie della p.o. De Castiglione e del teste Gismani,
intervenuto successivamente al fatto, senza considerare inoltre che l’avere l’imputato fatto arrestare
la vettura della p.o. al solo fine di poter parlare con il conducente, spostandosi sul lato sinistro, non
poteva integrare il reato in argomento, mentre era risultata non incompatibile la ferita dal medesimo
riportata con l’eventuale urto contro il veicolo del De Castiglione.
Tale ultima circostanza era stata riferita a s.i.t. dal Tomasello — lamenta la difesa di quest’ultimo -,
il quale aveva aggiunto che il Licciardello era stato investito mentre attraversava le strisce pedonali,
ma tale versione non era in contrasto con la relazione di servizio, dal momento che il Tomasello
aveva da subito precisato di non trovarsi sul luogo del fatto, ma sul parterre di via Cimarosa, con lo
sguardo rivolto verso il Licciardello, per cui — sostiene la difesa del ricorrente — non poteva
escludersi che egli si trovasse ad una distanza tale da poter osservare quanto accaduto, per poi
avvicinarsi solo dopo l’intervento del vigile e raccontare ciò che aveva visto.
La Corte di appello, invece — conclude il ricorrente — non aveva risposto alle doglianze della difesa
limitandosi a riprodurre in termini apodittici la motivazione del tribunale.
Osserva la Corte che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, sia perché con essi la difesa
intende sottoporre al giudice di legittimità aspetti attinenti al merito, che risultano preclusi in questa

reclusione e Tomasello alla pena — dichiarata interamente condonata — di mesi due e giorni venti di

sede, sia perché manifestamente infondati, dal momento che i giudici territoriali, con motivazione
del tutto congrua ed immune da vizi di illogicità, hanno evidenziato come la responsabilità degli
odierni ricorrenti si fondi sul contenuto delle dichiarazioni della p.o. —la cui attendibilità è
adeguatamente argomentata – , secondo cui, dopo aver evitato un urto con la vettura del
Licciardello, quest’ultimo aveva dato in escandescenze tentando ripetutamente di bloccarlo, fino a

circostanza nella quale il Licciardello, avvicinatosi al lato sinistro della vettura della p.o., aveva
sferrato un pugno allo specchietto esterno, mandandolo in frantumi.
Riscontri alle affermazioni della parte lesa — hanno osservato i giudici di appello — si erano avuti dal
teste Gismiani, il quale aveva confermato di essere intervenuto su sollecitazione del De Castiglione,
precisando inoltre che l’imputato Tomasello era sopraggiunto sul posto solo in un secondo tempo,
mentre il teste La Chiesa aveva spiegato come la rottura dello specchietto fosse rapportabile solo a
un colpo inferto dall’alto verso il basso con le braccia.
Alla inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 22 maggio 2014

pararglisi di fronte all’auto, a piedi, a braccia allargate, costringendolo quindi a fermarsi,

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