Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33345 del 18/04/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33345 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– Damato Carlo, nato a Mantova, il 20 luglio 1950;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna in data 19 luglio 2011;
Sentita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
Data Udienza: 18/04/2013
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alfredo Viola, che ha concluso per il
rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Damato Carlo ricorre avverso la sentenza, in data 19 luglio 2011, della Corte d’appello
di Bologna, con cui è stato condannato per i reati di ricettazione e truffa aggravata, e
chiedendone l’annullamento, si duole della valutazione operata dai giudici di merito per
ritenere sussistenti gli elementi dei reati contestati,
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il collegio che il ricorso è manifestamente infondato. Nella sentenza risultano
affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in
appello.
g,
In apparenza si deducono vizi della motivazione ma, in realtà, si prospetta una
valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel
giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
…..
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez.
4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260), in particolare con il
vaglio operato nei confronti delle acquisizioni probatorie, comprese le dichiarazioni della parte
offesa, vagliate in modo critico e approfondito dai giudici di merito.
Peraltro, ritiene il collegio che nel ricorso per cessazione contro la sentenza di appello
non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio” in
ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei
motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico
delle dette questioni con ricorso per cessazione, che la impugnazione deve essere dichiarata
inammissibile a norma dell’art. 606, terzo comma, ultima parte, cod. proc. peri.”. ( Cass. pen.,
sez 6, 25.1.94, Paolicelli, 197748).
2.Va dichiarata, pertanto l’inammissibilità del ricorso cui consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM
dichiara inammissibile il ricOrso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e, inoltre, al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Roma
aprile 2013
– giuridici, come è avvenuto nel caso di specie. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una