Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33329 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33329 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VIVACQUA ANTONIO N. IL 06/10/1981
avverso l’ordinanza n. 1963/2012 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
27/11/2012
sen_Ota la relazione fatta dal Consigliere Dolt.., ELISABETTA ROSI;
Ke/sentite le conclusioni del PG Dott.
<212-k- e C.10-£1- Uditi dif sor Avv.; Data Udienza: 24/04/2013 RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Milano, quale giudice del riesame, con ordinanza del 27 novembre 2012 ha confermato l'ordinanza di custodia cautelare emessa in data 5 novembre 2012 nei confronti di Antonio Vivacqua, indagato per il reati di cui agli artt.81, 110 cod. pen., 12-quinquies, comma 1 d.l. 306 del 1992, convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356, del delitto di associazione a delinquere al fine di commettere una serie di reati, quali l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazioni fraudolente mediante annotazione delle f.o.i., riciclaggio fittizia di capitali e beni immobili a prestanomi; fatti commessi in Milano e zone limitrofe dal 2004 a tutt'oggi e del reato di cui all'art. 110, 81 cpv. c.p. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, perché in qualità di amministratore di fatto delle società KMC srl, CA.MA . Metei srl, ECO Metalli srl, Giada, srl, Bio Metei, srl, emetteva dal 2008 al 2010 fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire ad imprese terze di evadere le imposte. 2. Avverso tale pronuncia il ricorrente ha proposto ricorso per cessazione, per mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza per i seguenti motivi: 1) Illogicità della motivazione e violazione di legge in relazione all'art. 12 quinquies D.L. n. 306 del 1992, in quanto il Vivacqua è indagato per il reato di associazione a delinquere, ma l'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa in relazione all'art. 12 quinquies, nonostante le risultanze investigative non consentano, sulla base di alcuni dati fattuali, di attribuirle la titolarità fittizia della ditta «Royal Aste» a Cummaudo Valentina, coniuge del ricorrente, in quanto la società «Royal Aste» è stata costituita nel 2011 e non ne sarebbe pertanto possibile l'utilizzazione per coprire traffici illeciti risalenti al 2004; inoltre la documentazione bancaria riferibile alla ditta attesterebbe l'effettuazione di operazioni del tutto lecite e l'esclusiva riferibilità alla Cummaudo; 2) Violazione di legge in relazione alla motivazione sull'asserita permanenza delle esigenze cautelari, in quanto non sussisterebbe il pericolo di inquinamento probatorio e né il pericolo di reiterazione del reato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. Occorre rammentare che quanto ai limiti di sindacabilità dei provvedimenti cautelari, la Corte di Cessazione non può sottoporre a revisione gli elementi di fatto delle vicende, compresa la consistenza degli indizi, né può rivalutare le condizioni soggettive dell'indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, in quanto si tratta di apprezzamenti di merito che rientrano nell'esclusiva competenza del giudice che ha applicato la misura e del delle risorse finanziarie così illecitamente acquisite e loro reimpiego, intestazione tribunale del riesame. Il controllo di legittimità deve quindi essere circoscritto all'esame del contenuto dell'atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall'altro, l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6 n. 2146 del 16/6/1995, Tontoli, Rv. 201840). In particolare, il controllo di legittimità in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure non può riguardare l'apprezzamento del giudice di merito sulle condizioni soggettive dell'imputato, per cui non sono consentite le prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate. 2. Orbene, il Tribunale ha ritenuto che sussistano elementi di una gestione diretta dell'attività della «Royal Aste» da parte del Vivacqua sulla base di alcune intercettazioni con le quali lo stesso provvedeva a verificare la consistenza del magazzino, la disponibilità degli arredi, ad organizzare il trasporto di mezzi da porre in vendita, lo svolgimento di trattative con clienti, la gestione del sito internet della ditta, la richiesta di informazioni sulle attività di vendita e le relazioni con i dipendenti ai quali lo stesso impartiva disposizioni. Inoltre tale attività sono continuate anche dopo l'esecuzione della misura cautelare, giusti i risultati delle intercettazioni ambientali effettuate in carcere durante i colloqui tra il ricorrente e la moglie, al fine di recuperare i beni sequestrati presso altre società dopo la confisca e vendita, facendoli acquistare dalla «Royal Aste», commercializzandoli anche attraverso il sito internet della ditta ed altri sono stati posti in vendita dopo l'esecuzione delle misure coercitive personali e reali eseguite nell'aprile 2012. L'ordinanza impugnata ha evidenziato che anche il teste Biondo aveva confermato il ruolo svolto da entrambi i coniugi nella Royal Aste. 3. A fronte di tali elementi probatori, il ricorrente ha offerto solo generiche contestazioni, con le quali ha cercato di riproporre le questioni già esaminate dal Tribunale, suggerendo una diversa lettura degli elementi di prova raccolti in questa fase delle Indagini. Il Tribunale invece, con una motivazione congrua e perciò non censurabile in questa sede, ha ritenuto sussistente il fumus delicti del reato previsto dall'art. 12 quinquies, dl. n. 356 del 1992, attuato attraverso l'interposizione fittizia della Cumaudo nell'attività di impresa. 4. Il Tribunale ha ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell'applicazione della confisca, nel caso di interposizione fittizia di cui all'art. 12quinquies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992 n. 356, il giudice deve apprezzare la giustificazione della provenienza del danaro, dei beni, o delle altre utilità da confiscare e la sproporzione, rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi o all'attività economica, con riferimento censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella alla persona del sostituito, effettivo titolare, e non del sostituto (cfr. Sez. 1, n. 24804, 1/7/2010) ed hanno osservato che il Vivacqua aveva svolto attività illecita attraverso la creazione e gestione di società cartiere a fini di evasione di imposta, ed aveva poi impiegato i proventi ricavati nella società intestata alla moglie. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell'Istituto penitenziario competente, a norma dell'art. 94, comma ter disp. att. c.p.p. Così deciso in Roma, il 24 aprile 2013. I- PQM

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