Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33320 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33320 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARENA AGATINO N. IL 09/07/1937
ALIQUO’ GIUSEPPE N. IL 22/06/1948
avverso la sentenza n. 840/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del
09/11/2011
visti gli atti, la sente1lza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dot.„5-czche ha concluso ner

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

•■•.~-

3

Data Udienza: 28/11/2012

Ritenuto in fatto
Arena Agatino ed Aliquò Giuseppe venivano tratti a giudizio davanti al Tribunale di Taormina per
il reato di cui agli arti. 110 c.p. e 44 lett. b DPR 380/2001 per aver realizzato in concorso tra loro, in
assenza di permesso di costruire o di altra autorizzazione, una struttura in fesso con travi a doppio
T, costituita da 8 montanti, per un totale di 142,80 mq. Il Tribunale di Taormina, con sentenza
Proposto appello dal PG, la Corte di appello di Messina, in riforma della suddetta pronuncia,
dichiarava gli imputati colpevoli del reato loro ascritto e, concesse ad entrambi le attenuanti
generiche, condannava ciascuno alla pena di mesi 1 di arresto ed euro 10.000,00 di ammenda oltre
al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio. Concedeva ad entrambi il
beneficio della sospensione condizionale e della non menzione. Infine ordinava la demolizione delle
opere abusive se non altrimenti eseguita.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli imputati per mancanza o
manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 546 co. 1 lett. e c.p.p. e 5 c.p. quando il
vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato
Ritenuto in diritto
Il ricorso è inammissibile per l’eccessiva genericità delle censure mosse alla sentenza impugnata.
La difesa ritiene illogica la motivazione della Corte di appello nella parte in cui ravvisa la
sussistenza in capo ai due ittputati dell’elemento psicologico della contravvenzione in oggetto
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure.
In particolare, la Corte di appello pur escludendo un comportamento doloso di Aliquò ed Arena ha
ritenuto configurabile a loro carico il reato di cui all’art. 44 lett. b DPR 380/2001 a titolo di colpa.
Difatti secondo il giudice d’appello sarebbe ravvisabile nel caso di specie una culpa in eligendo: i
due avrebbero scelto in maniera poco accorta il tecnico cui affidarsi recependo in modo acritico
l’opinione dello stesso in base alla quale non era necessario un particolare permesso per la
realizzazione della tettoia incriminata ai sensi dell’art. 20 1.r. Sicilia 4/2003. A detta della Corte di
appello, infatti, i due, data anche la complessità e la scarsa chiarezza della disciplina in materia,
avrebbero dovuto sentire l’opinione di altri esperti. In tal modo

“con verosimiglianza non

sarebbero incorsi nella commissione del reato”.
Fermo restando che la buona fede idonea ad escludere l’elemento soggettivo nelle contravvenzioni
ben può essere determinata da un fattore positivo esterno che abbia indotto l’agente in errore
incolpevole, tale fattore esterno secondo il giudice di appello non può essere costituito dall’opinione

emessa in data 3 dicembre 2008, assolveva gli stessi perché il fatto non costituisce reato.

espressa dal privato professionista cui la parte si sia rivolta per farsi assistere nell’esecuzione
dell’opera. Di conseguenza, l’errore dei due imputati sarebbe da considerarsi un errore sul precetto
inescusabile: il ricorso al tecnico di fiducia, precisa la Corte sulla scorta di quanto affermato dal PG

non può certo servire da diaframma alla conoscibilità della norma e conseguente parafulmine per

il precetto penale”.
Orbene la difesa ritiene illogica la ricostruzione offerta della Corte di appello di una serie di
odierni imputati. A ciò si aggiunga che i ricorrenti si limitano ad effettuare un generico richiamo a
tali circostanze senza portare alcun elemento atto a dimostrarne l’attendibilità. Si legge, infatti, nel
ricorso che nulla porta ad escludere che i ricorrenti prima di rivolgersi al geometra Muscolino non
avessero richiesto ad altri professionisti un parere circa la pratica edilizia che intendevano portare
avanti e solo dopo aver ricevuto da questi delle, non meglio precisate, rassicurazioni, gli stessi
abbiano deciso di affidare la esecuzione dell’opera de quo al su menzionato geometra. Ed ancora la
difesa precisa che “è chiaro che la scelta di conferire l’incarico al geometra Muscolino, tecnico
ritenuto esperto e qualificato, venne operata non già a cuor leggero, ma solo dopo una attenta
valutazione della sua professionalità, che richiese a monte, da parte degli imputati, una meditata
selezione di altri consulenti” e che i due imputati assolsero al dovere di informazione secondo il
criterio dell’ordinaria diligenza “attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento” atto a
conseguire la conoscenza della disciplina vigente in materia informandosi presso gli uffici
competenti e consultando esperti in materia.
Come emerge in maniera lampante dalle argomentazioni appena riportate, la difesa ha posto a
fondamento delle proprie doglianze solo supposizioni e generiche affermazioni. Nel ricorso, infatti,
non si trova alcun elemento che possa dimostrare un’effettiva accuratezza da parte di Aliquò ed
Arena nella scelta del professionista cui affidarsi e nella verifica delle indicazioni da quest’ultimo
fornite. Dunque sotto questo profilo il ricorso appare inammissibile per eccessiva genericità.
Analoghe considerazioni valgono anche con riguardo all’ulteriore censura mossa dalla difesa
secondo la quale la sentenza della Corte di appello non sarebbe adeguatamente motivata con
riguardo alla qualificazione della tettoia realizzata quale opera per cui era necessario un previo
permesso di costruire.
Secondo i ricorrenti la Corte di appello non spiega perché tale tettoia non rientra nell’ambito di
applicabilità dell’art. 20 della 1.r. Sicilia n. 4/2003 in base al quale non occorre alcuna
autorizzazione per la copertura di spazi interni con strutture precarie e non tiene conto di un fattore
esterno che indusse i ricorrenti in errore incolpevole: il fatto che gli stessi presentarono presso il
Comune di Letojanni una DIA ottenendo dal competente genio civile di Messina preventiva
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circostanze prive di una portata determinante ai fini dell’esclusione della responsabilità degli

autorizzazione all’esecuzione dei lavori. Infine nota la difesa “la copertura di una terrazza

attraverso una struttura precaria in ferro facilmente assemblabile con dei bulloni ed altrettanto
facilmente rimovibile non costituisce un organismo edilizio con specifica rilevanza ed
autonomamente utilizzabile, di talchè le opere così realizzate, in assenza della concessione edilizia,
non possono considerarsi abusive”.
Anche tali considerazioni non risultano confortate da alcun elemento concreto e, peraltro,
Dunque il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per eccessiva genericità. Né tale
dichiarazione può ritenersi preclusa dall’intervenuta prescrizione del reato — avvenuta dopo la
pronuncia di appello in data 13 gennaio 2012 — in quanto, come più volte affermato da questa
stessa Corte l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta non consente il formarsi di un
valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause
di non punibilità a norma dell’alt 129 c.p.p. ivi compresa la prescrizione del reato maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Cass., Sez. Un., n. 32/2000, Rv. 217266).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende che si ritiene equo determinare in
euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento della somma di euro 1.000, 00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2012.

richiedono apprezzamenti di fatto sottratti come tali al sindacato di questa Corte.

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