Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33319 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33319 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TEDESCHI PIETRO N. IL 13/08/1966
avverso la sentenza n. 582/2009 TRIBUNALE di TRANI, del
04/10/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.,S7() ;….n…‘—:
che ha concluso per

e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

r e,._

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Data Udienza: 28/11/2012

Ritenuto in fatto
In data 27 febbraio 2009 Tedeschi Pietro veniva rinviato a giudizio davanti al Tribunale di Trani per
rispondere dei reati di cui agli artt. 5 lett. b e 6 legge 283/1962 e 650 c.p.
Nel giugno del 2006, infatti, gli agenti della Municipale di Trani procedevano al sequestro del
pescato del Sig. Tedeschi perché posto in vendita in violazione dell’ordinanza del Sindaco che ne
consentiva la vendita solo in un’area limitata e precisamente sul molo di S. Lucia per evitare
cattiva conservazione.
Per tali fatti, con sentenza emessa in data 4 ottobre 2010, il Tribunale di Trani dichiarava Tedeschi
Pietro responsabile del reato di cui agli artt. 5 lett. b e 6 legge 283/1962 e 650 c.p., unificati sotto il
vincolo della continuazione, condannando lo stesso alla pena di euro 600 di ammenda oltre al
pagamento delle spese processuali ed alla distruzione di quanto eventualmente ancora in sequestro.
Proposto appello dal difensore dell’imputato, la Corte di Appello di Bari rimetteva gli atti alla Corte
di Cassazione rilevando la propria incompetenza a pronunciarsi su di una sentenza applicativa della
sola pena dell’ammenda. Come è noto, ai sensi dell’art. 593 co. 3 c.p.p. le sentenze con le quali è
stata irrogata unicamente una sanzione pecuniaria sono inappellabili. Avverso tali provvedimenti,
infatti, è possibile proporre solo ricorso per Cassazione, sempre che sussista uno dei vizi di
legittimità previsti dall’art. 606 c.p.p. In questi casi l’art. 568 co. 5 c.p.p. prevede che, qualora
l’impugnazione sia proposta davanti al giudice incompetente, questi sia tenuto a trasmettere gli atti
al giudice competente che cdnoscerà della questione indipendentemente dalla qualificazione data
dalla parte all’impugnazione stessa. Naturalmente ai fini della conversione l’atto convertito deve
avere tutti i requisiti di forma e di sostanza stabiliti ai fini dell’impugnazione che avrebbe dovuto
essere proposta. Dunque perché sia applicabile la norma de quo i motivi di appello devono rientrare
tra le ipotesi per cui è consentito ricorso per cassazione.
Nel caso di specie ricorreva siffatta circostanza dal momento che le doglianze addotte dall’imputato
riguardavano profili di legittimità. In particolare, la difesa ha censurato la sentenza del Tribunale di
Trani per i seguenti motivi:
1) Inesatta valutazione della prova; violazione dell’art. 546 co. 1 lett. h) c.p.p.
2) Erronea/falsa applicazione dell’art. 650 c.p.
3) Eccessività della pena, mancata concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestate
aggravanti

l’esposizione dei suddetti prodotti ai gas di scarico (ord. n. 37 6/09/2005) ed in evidente stato di

Ritenuto in diritto
1. In via preliminare merita soffermarsi sui singoli motivi di dogliariza al fine di dimostrare la non
manifesta infondatezza del ricorso,
1.1 Con il primo di essi la difesa lamenta l’insufficienza delle risultanze processuali a sostenere la
ritenuta responsabilità penale dell’imputato. Secondo il ricorrente il giudice di prime cure ha
all’art. 5 lett. b 1. 283/1962 su mere presunzioni e valutazioni soggettive degli agenti della Polizia
Municipale che hanno provveduto all’accertamento dei fatti. Sottolinea, inoltre la difesa che non
può soprassedersi sulla totale assenza di tracce di prelievi ed analisi di laboratorio sui campioni,
sulla totale assenza di riscontri di merito alle considerazioni sul cattivo stato di conservazione dei
molluschi del signor Tedeschi. Il ricorrente osserva che nell’impugnata sentenza si parla solo di
molluschi che “emanavano un cattivo odore” insistendo sull’assoluta genericità e soggettività di una
siffatta descrizione. Dunque, per la difesa, in mancanza di elementi atti a provare il cattivo stato di
conservazione dei molluschi al di là di ogni ragionevole dubbio, l’imputato avrebbe dovuto andare
assolto per il reato in esame.
Innanzitutto occorre premettere che secondo l’orientamento prevalente in materia, il cattivo stato di
conservazione della lettera b, riguarda quelle situazioni in cui le sostanze alimentari, pur potendo
essere ancora perfettamente genuine e sane, si presentano mal conservate e cioè preparate o
confezionate o messe in vendita senza l’osservanza di quelle prescrizioni di leggi, regolamenti o atti
amministrativi generali che sono dettate a garanzia della buona conservazione al fine di prevenire il
pericolo di una loro precoce degradazione, contaminazione o comunque alterazione (scatolame
bombato, arrugginito, involucri forati, intaccati, unti, bagnati, esposizione prolungata ai raggi solari
di vino e olio, latte lasciato a temperature inadeguate, alimenti collocati in prossimità di insetti e
simili). Di conseguenza, ai fini dell’integrazione della contravvenzione in esame si deve ritenere
sufficiente l’inosservanza delle elementari prescrizioni igienico sanitarie volte a garantire la buona
conservazione del prodotto (Sez. Un. n. 1/1996 Timpanaro e Sez. Un. 443/2002 Butti).
Dunque non rilevano le caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari messe in commercio e
non è necessaria alcuna analisi volta a verificarle: basta che esse si presentino mal conservate. E sul
punto la sentenza impugnata contiene una motivazione del tutto adeguata nella misura in cui fa
discendere il cattivo stato di conservazione dei molluschi dal fatto che essi erano contenuti in
contenitori di plastica — materiale che se esposto al sole può rilasciare sostanze tossiche ed alterare i
cibi — esposte ad una temperatura superiore ai 20°C ed offerte in vendita sulla strada a diretto
contatto con polveri e gas di scarico delle autovetture in transito. Inoltre si sottolinea la presenza di
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fondato il proprio convincimento circa la responsabilità penale dell’imputato quanto al reato di cui

altri segni di cattiva conserMazione tra cui spicca l’inconfondibile odore sgradevole che emana il
pesce mal conservato. E tali circostanze, richiamate dal giudice di prime cure risultano dal verbale
di sequestro della Polizia Municipale. Dunque si può concludere che il provvedimento impugnato

si fonda su elementi probatori del tutto idonei a ritenere integrato il reato di cui all’art. 5 DPR
283/1962. Il primo motivo è, quindi, infondato.
1.2 Appare, invece, fondata la seconda cesura con cui si contesta la riconosciuta sussistenza del
dei precetti contenuti in un’ordinanza del Sindaco integrerebbe gli estremi della contravvenzione in
esame solo ove si tratti di un provvedimento contingibile ed urgente e non qualora si tratti di
ordinanze volte a dare attuazione a leggi e regolamenti come nel caso di specie (Cass. sez. I 13
aprile 2001 n. 15574).
Il motivo è fondato. Difatti più volte la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’inosservanza
di ordinanze sindacali integra la contravvenzione di cui all’art. 650 c.p. solo ove si tratti di
provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna
specifica ipotesi normativa, mentre resta estranea alla sfera di applicazione di tale norma
incriminatrice l’inottemperanza ad ordinanze sindacali, ancorché concernenti la materia dell’igiene
pubblica, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti, in quanto l’omissione è in tal caso punita
con la sanzione amministrativa dall’art. 7 bis del T.U. sull’ordinamento degli enti locali. (Cass.
7893/2007).
Difatti nel caso di specie l’ordinanza sindacale che consentiva la vendita di molluschi solo in
un’area limitata e precisamente sul molo di S. Lucia per evitare l’esposizione dei suddetti prodotti ai
gas di scarico non era un provvedimento extra ordinem ma di attuazione di note della ASL di Bari e
di leggi regionali. Il motivo è fondato e meriterebbe di essere accolto.
1.3 Inammissibile è, invece, il terzo motivo riguardante la mancata concessione delle attenuanti
generiche. Innanzitutto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la recidiva è stata contestata
come risulta dall’imputazione allegata alla sentenza di primo grado.
Inoltre si ricorda che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze,
rientrano nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, che sfugge al
sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia
sorretto da sufficiente motivazione (Cass., Sez. Un., Sez. Un., Rv. 245931; Cass., Sez. 2, Rv.
249163). Siffatto giudizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente la valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla
personalità del reo.

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reato di cui all’art. 650 c.p. inosservanza dei provvedimenti dell’autorità — in quanto la violazione

Orbene la sentenza impugnata ha fornito adeguata e congrua motivazione della scelta operata.
Pertanto, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, risulta conforme ai principi espressi dalle
richiamate pronunce della Suprema Corte e del tutto esente da censure di legittimità.
2. La non manifesta infondatezza del ricorso, con particolare riferimento al secondo motivo di
ricorso, comporta la regolare costituzione del rapporto di impugnazione. Ciò posto va dichiarata
l’intervenuta prescrizione dei reati contestati al ricorrente ai sensi dell’art. 129 co. I c.p.p. Dalla
2006. Dunque, stante il termine di prescrizione fissato dalla legge, in assenza di periodi di
sospensione, la prescrizione è maturata in data 8 settembre 2011.
In proposito merita richiamare i principi più volte affermati da questa stessa Corte in materia di
prescrizione in virtù dei quali in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato
a pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 Co. 2 c.p.p. soltanto qualora le circostanze idonee
ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua
rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, in modo tale che la
valutazione richiesta al giudice risulti più vicina al concetto di “constatazione”, ossia di percezione
“ictu ocu/i”, che a quello di “apprezzamento” e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di
ulteriori accertamenti (Cass., Sez. Un., 35490/2009).
Nel caso di specie non ricorrono le suddette condizioni e, quindi, va senz’altro applicata la causa di
estinzione in esame.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma in data 28 novembre 2012.

sentenza impugnata, infatti, risulta che i fatti di cui è causa sono stati accertati in data 8 settembre

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