Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33318 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33318 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAVACCIO CARMELINA N. IL 18/07/1962
avverso la sentenza n. 297/2009 TRIB.SEZ.DIST. di AVOLA, del
22/04/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il ProcuratoreGenerale in msona del Dott…5( 3 -‘-.3b—-`—’ 57:14-2-17-Z.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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e, <1.,2 Data Udienza: 28/11/2012 Ritenuto in fatto In data 2 marzo 2009 Favaccio Carmelina veniva rinviata a giudizio davanti al Tribunale di Siracusa per il reato di cui agli artt. 5 lett. de 6 co. 4 legge 283/1962. Difatti il 22 maggio 2007 gli ispettori del Servizio Igiene degli alimenti dell'ASL n. 8 di Siracusa effettuavano un controllo di routine presso il BAR Teatro di Noto gestito dall'odierna imputata e vi ispettori, muniti di guanti sterili e secondo le procedure standard, prelevavano dei campioni di una crostata di mele in fase di preparazione sul piano di lavoro e di una torta di mele già collocata nel banco espositore. Come da prassi, tali campioni venivano immessi negli appositi sacchetti sterili e conservati, alla temperatura di 4 0 gradi, nel frigorifero dell'autovettura in dotazione al servizio di igiene. I suddetti campioni venivano successivamente analizzati. In particolare, nei campioni di crostata — che pure si presentavano in buono stato organolettico — veniva riscontrata una carica batterica di entità estremamente superiore ai limiti consentiti dalla legge. Nella torta di mele, invece, venivano rinvenuti germi contaminanti indice di un processo di conservazione non conforme alle norme in materia (a causa della presenza di insetti; perché l'operatore aveva potuto toccare con le mani non sterili il prodotto; a causa dell'impiego di utensili non igienizzati). Sulla base di tali risultanze, con sentenza emessa in data 22 aprile 2011, il Tribunale di Siracusa dichiarava la penale responsabilità di Favaccio Carmelina in relazione al reato di cui agli artt. 5 lett. d e 6 co. 4 legge 283/1962 per aver detenuto per la vendita e distribuzione al consumo sostanze alimentari invase da parassiti e, comunque, nocive alla salute. Concesse le attenuanti generiche, condannava la stessa alla pena di 1.200,00 euro di ammenda, oltre al pagamento delle spesse processuali. Avverso tale sentenza l'imputata ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi: 1) Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inammissibilità o di decadenza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale. In particolare, a difesa lamenta il mancato avviso all'imputata della data e dell'ora dell'accertamento ritenuto irripetibile con conseguente nullità dello stesso. 2) Mancata assunzione e valutazione di una prova decisiva, mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. In particolare, la ricorrente censura la mancata valutazione della portata probatoria delle affermazioni della consulente di parte dott. ssa Magliocco. 1 trovavano il marito della stessa intento a preparare prodotti da forno destinati alla vendita. Gli 3) Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di ravvisata colpevolezza quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. Ritenuto in diritto ritenersi manifestamente infondati. 1.1 Quanto al primo motivo, la difesa lamenta il mancato avviso all'imputata della data e dell'ora dell'accertamento ritenuto irripetibile con conseguente nullità dello stesso. Tale nullità eccepita in primo grado dal difensore dell'imputata, però, non è stata ravvisata dal giudice di prime cure che, al contrario, ha fondato la propria pronuncia soprattutto sulle suddette risultanze. Per questa ragione la difesa denuncia la mancata osservanza di norme poste a pena di nullità peraltro invocando una disposizione che ha un contenuto diverso rispetto a quanto riportato nel ricorso: l'art. 233 disp. att. c.p.p. In realtà la norma di riferimento è l'art. 223 disp. att. c.p.p. in base al quale qualora, nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o regolamenti, si debbano eseguire analisi di campioni per i quali non è prevista la revisione a cura dell'organo procedente, è dato, anche oralmente, avviso all'interessgto del giorno, dell'ora e del luogo ove le analisi verranno effettuate. L'interessato o persona di sua fiducia possono presenziare alle analisi, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico e possono presentare memorie ed osservazioni. I verbali delle analisi confluiscono nel fascicolo per il dibattimento e dono utilizzabili ai fini della decisione, sempre che siano state osservate le suddette garanzie della difesa. L'omesso avviso all'indagato/imputato del procedimento di analisi dei campioni per cui non sia prevista o possibile una revisione determina una nullità a carattere intermedio. Difatti, pur trattandosi, di una nullità di ordine generale rientrante nella previsione della lett. e dell'art. 178 c.p.p. attinente all'intervento dell'imputato o del suo difensore, essa non rientra tra quelle assolute, insanabili e rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento di cui all'art. 179 c.p.p. Come notato dalla giurisprudenza di legittimità, la mancanza dell'avviso dell'inizio del procedimento di analisi all'indagato è cosa diversa dalla violazione del principio del contraddittorio (Cass. Murri 2000, CED 216069). Nel caso di specie tale avviso è stato dato all'imputata mediante il coniuge al quale, come risulta dagli atti, è stato comunicato che le analisi sarebbero state effettuate il giorno successivo e che l'interessata avrebbe potuto assistervi personalmente o tramite un suo tecnico di fiducia. 2 1. Merita premettere che tutti e tre i motivi di ricorso pur essendo privi di fondatezza non possono Dunque non ci troviamo di fronte alla totale assenza dell'avviso di cui all'art. 223 disp. att. c.p.p. della data e del luogo dell'accertamento. Certo tale avviso è stato all'imputata non direttamente ma tramite il marito che era presgnte al momento del controllo dell'ufficio di igiene. Questo, però, non influisce sulla validità dell'atto. Difatti, l'espressione "oralmente" impiegata dall'art. 223 identifica un meccanismo di comunicazione semplificato ed informale: ogni mezzo per portare l'atto a conoscenza del destinatario è ammissibile purché sia idoneo a garantirne l'effettiva conoscenza del legislatore di configurare tale adempimento come atto a forma libera, privilegiando un criterio di effettività. Quanto alle altre garanzie che, a detta della difesa, non sarebbero state assicurate all'imputata merita sottolineare che l'art. 223 c.p.p. non richiede l'avviso della possibilità di nominare un difensore di fiducia né l'indicazione della natura degli accertamenti. In proposito la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'omissione di tali avvisi non determina nullità dei risultati dell'accertamento tecnico trattandosi di informazioni non espressamente richieste dalla legge o, comunque, non assistite da un'espressa sanzione di nullità (Cass. I, F. 2005, CED 231037). 1.2 Al pari infondato appare il secondo motivo tramite il quale la difesa lamenta la mancata valutazione della portata probatoria delle affermazioni della consulente di parte dott. ssa Magliocco. Quest'ultima ha precisato che la presenza di coliformi sia totali sia fecali e di streptococchi fecali si rileva soprattutto nei corpi idrici. Dunque la difesa ha prospettato la possibilità che la carica batterica rilevata nei campioni delle torte fosse dovuta dall'acqua utilizzata per preparare l'impasto e non agli ingredienti utilizzati, sottolineando come, al momento dell'ispezione, non sia stato effettuato alcun prelevamento di acqua. Acqua che, si precisa nel ricorso, è "fornita dal Comune e sulla cui contaminazione nessuna responsabilità può essere additata alla ricorrente". Sul punto occorre, innanzitutto, notare che il giudice di primo grado ha preso in considerazione le conclusioni della consulente di parte ma le ha ritenute non sorrette da un adeguata spiegazione in chiave scientifica. Invero anche nel ricorso la difesa si limita a sottolineare come la doti. ssa Magliocco abbia precisato che batteri del tipo di quelli rivelati dalle analisi si trovano soprattutto nell'acqua ma non spiega la ragione di tale asserzione. E, comunque, non si tratta di una prova decisiva ai sensi dell'art. 606 lett. e. Come precisa il provvedimento impugnato, le suddette affermazioni non sono idonee ad inficiare la validità ed attendibilità delle analisi stesse. Del resto ciò che conta ai fini dell'integrazione della fattispecie contravvenzionale in esame non è la provenienza della carica batterica ma il dato di fatto che le sostanze alimentari detenute per la vendita risultino, come nel caso di specie, insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o, cmq, nocive per la salute. In questo caso colui che detiene il 3 (vedi Cass. I, Dolce 2000, CED 215805). In altri termini l'oralità dell'avviso è indice dell'intento prodotto alimentare al fine di immetterlo nel commercio risponde del reato di cui all'art. 5 1. 283/1962 in quanto ha il dovere di controllare la qualità e la condizione del prodotto posto in vendita, a prescindere dalle ragioni che hanno determinato la alterazione e nocività dello stesso (Cass. pen, sez. VI, 15 giugno 1981, n. 5937, Multineddu). 1.3 Infine con il terzo motivo di ricorso si fa valere la asserita erroneità e contraddittorietà della motivazione facendola discendere dal fatto che il Tribunale avrebbe fondato la riconosciuta dell'art. 223 disp. att. c.p.p.) senza tenere in debito conto le affermazioni della consulente di parte come sopra riportate e, a detta della difesa, totalmente inconciliabili con il riconoscimento di colpevolezza. A detta della difesa il Tribunale monocratico di Avola non ha fornito una risposta esaustiva alle obiezioni mosse all'imputata, in relazione alla deposizione ed alla perizia di parte del Consulente tecnico, dott. ssa Magliocco, le cui conclusioni sono del tutto incompatibili con una affermazione di colpevolezza del Giudice e la coscienza o volontà di commettere il reato il reato contestato. Dunque il giudice di prime cure non avrebbe correttamente interpretato gli elementi probatori e non avrebbe correttamente applicato le regole della logica nell'argomentazione. Anche questo motivo risulta infondato. Difatti è già stato detto che non si è avuta violazione dell'art. 223 nella misura in cui l'imputata, seppur indirettamente, è stata avvisata della data e del luogo delle analisi. Dunque i risultati delle stesse poste a fondamento della condanna erano perfettamente validi ed utilizzabili. Quanto alla mancata considerazione delle conclusioni della consulente di parte che avrebbero portato ed escludere la colpevolezza dell'imputata, come già precisato, la sentenza impugnata le prende in esame ma ne esclude, con una motivazione forse stringata ma cmq logica e sufficiente, la attendibilità in quanto non supportate da idonee argomentazioni di carattere scientifico. Peraltro la questione non era decisiva: che la contaminazione e nocività dell'alimento sia dovuto all'acqua prelevata dall'acquedotto comunale o ad altro ingrediente impiegato per approntarlo non rileva. Ciò che conta è l'oggettiva pericolosità della messa in commercio dello stesso. Infine non è ravvisabile alcuna lesione del contraddittorio fra le parti in ordine al suddetto elemento di prova. Difatti l'imputato ha potuto esercitare il proprio diritto alla consulenza tecnica di parte. In particolare, in dibattimento il difensore ha proceduto all'audizione della dott. ssa Magliocco e ha avuto la possibilità di convincere il giudice della fondatezza di quanto da quest'ultima sostenuto. 2. La non manifesta infondatezza del ricorso comporta la regolare costituzione del rapporto processuale. Ciò posto occorre rilevare che il reato oggetto di ricorso è prescritto. 4 responsabilità penale dell'imputata su risultanze processuali inutilizzabili (per la suddetta violazione Dagli atti risulta che i fatti furono commessi in data 22 maggio 2007. Dunque, in assenza di sospensioni, il termine finale 4 prescrizione è spirato in data 22 maggio 2012. Nel caso di specie deve trovare applicazione il principio più volte affermato da questa Corte in base al quale in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex arte 129 co. 2 c.p.p. soltanto qualora le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale richiesta al giudice risulti più vicina al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu ocu/i", che a quello di "apprezzamento" e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di ulteriori accertamenti (Cass., Sez. Un., 35490/2009). Orbene, come si evince dalle considerazioni in precedenza svolte, nel caso di specie non ricorrono le anzidette condizioni. Dunque va senz'altro applicata la causa estintiva in esame con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato estinto per prescrizione. Così deciso in Roma in data 28 novembre 2012. emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, in modo tale che la valutazione

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