Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33317 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33317 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARTOLOMEI PATRIZIA N. IL 21/09/1956
avverso la sentenza n. 5112/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
01/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore generale in persona del Dott. 5-42,`‘Ax__,.._.`
che ha concluso per %.51.- *\-15,–1z3nc:1

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Gez.-7,–k • er._

Data Udienza: 28/11/2012

Ritenuto in fatto
Con sentenza emessa in data 12.2.09, il Tribunale di Rieti dichiarava la penale responsabilità di
Bartolomei Patrizia per il reato di cui all’art. 110, 40 comma 2, 256 corna 2 divo 152/2006 (ex art.
51 co 3 divo 22/97) per aver realizzato, la Bartolomei, quale responsabile del settore secondo del
comune di Greccio cui è affidata la gestione dei rifiuti solidi, in assenza della prescritta
autorizzazione, anche omettendo il controllo, una discarica abusiva su terreno di proprietà
ingombranti, di cui al capitolato allegato al contratto di prestazioni di servizi stipulato fra il suddetto
comune e l’Azienda servizi municipale di Rieti, area sulla quale si accumulavano rifiuti speciali non
pericolosi e pericolosi. Concesse le attenuanti generiche, condannava la stessa alla pena di mesi otto
di arresto ed euro 4.000 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.
Proposto appello dal difensore dell’imputata, la Corte di appello di Roma, con sentenza pronunciata
in data 1.7.011, ha dichiarato non doversi procedere con riguardo al reato ascritto alla Bartolomei e
ai coimputati perché estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata per
inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 129 co 2 c.p.p. e carenza della motivazione in
ordine alle ragioni giustificatrici della meno favorevole pronuncia dichiarativa dell’estinzione del
reato per prescrizione.
Ritenuto in diritto
Il ricorso appare infondato e deve essere rigettato. Rileva la difesa che la Corte di Appello ha
respinto la richiesta di proscioglimento ex art. 129 co. 2 c.p.p. ed ha dichiarato l’estinzione del
reato per intervenuta prescrizione, disattendendo le doglianza sollevate dal difensori nelle memorie
scritte e, cosa più grave, le risultanze istruttorie, date da atti e documenti depositati nel corso del
dibattimento, che rendevano evidente, senza necessità di ulteriori valutazioni, l’estraneità della
Bartolomei ai fatti contestati nel senso della totale assenza di competenze istituzionali in capo alla
predetta nella materia dei rifiuti solidi urbani e per la sua estraneità alla stipula della convenzione
con l’azienda municipalizzata di Rieti per la loro gestione, da essa solo sottoscritta per delega del
sindaco senza alcuna partecipazione alla formazione del contenuto negoziale.
In tal modo, ad avviso della difesa, è stato violato il disposto dell’art. 129 co. 2 c.p.p. che impone,
in casi di evidenza della prova, l’adozione di una sentenza di assoluzione in luogo di una meno
favorevole pronuncia di prescrizione e, peraltro, è stata sostanzialmente omessa la motivazione in
quanto i giudici di seconde cure si sono limitati a ritenere “l’insussistenza di alcuna delle ipotesi di

comunale della superficie di mq 8.000 indicato come area di stoccaggio per l’accumulo di rifiuti

cui all’art. 129 co. 2 c.p.p., per una immediata declaratoria di assoluzione” senza illustrare il
percorso argomentativo che ha condotto a tale conclusione, indicando quali fossero gli elementi
emersi a carico dell’imputata che giustificassero la prevalenza della causa di estinzione sulla
reclamata prevalenza della causa assolutoria.
In particolare la difesa evidenzia che dagli atti acquisiti al processo era emerso, in modo
inconfutabile, che la Bartolomei non era responsabile del settore rifiuti e non gravava su di lei la
materia di bando dei concorsi per ‘affidamento dei servizi di smaltimento dei rifiuti (ma nel caso in
esame l’incarico all’azienda municipalizzata di Rieti fu il frutto di una convenzione intercorsa fra i
due comuni e non dell’espletamento di un pubblico concorso), e in materia economica, di controllo
e liquidazione delle fatture relative alla prestazione del sevizi. Inoltre la stessa non aveva
predisposto il contratto di affidamento dei servizi all’azienda municipalizzata di Rieti, essendosi
solo limitata a sottoscrivere un atto predisposto da altri senza intervenire ed incidere sul suo
contenuto e senza, dunque, essere in grado di rilevare l’abusività del sito prescelto come area di
stoccaggio dei rifiuti. Infine la stessa non poteva rifiutare l’adempimento della sottoscrizione in
quanto imposto dalla autorità a lei sovraordinante per gerarchia organica dell’ente pubblico ove
prestava le sue funzioni.
Orbene, come è noto, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a
pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 co. 2 c.p.p. soltanto qualora le circostanze idonee ad
escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua
rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, in modo tale che la
valutazione richiesta al giudice risulti più vicina al concetto di “constatazione”, ossia di percezione
“ictu muli”, che a quello di “apprezzamento” e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di
ulteriori accertamenti (Cass., Sez. Un., 35490/2009).
La Corte di appello ha ritenuto che nel caso di specie non ricorressero le suddette condizioni
dichiarando il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione e, seppur in maniera stringata, ha
motivato sul punto. Dunque sotto quest’angolo visuale la sentenza di secondo grado appare
incensurabile. Peraltro la ricorrente adduce a sostegno delle proprie argomentazioni elementi
generici e sicuramente non idonei a dimostrare in maniera evidente, senza necessità di ulteriori
accertamenti, la sussistenza delle condizioni che legittimano una declaratoria di assoluzione ex art.
129 c.p.p.
Dunque il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna dell’imputata al pagamento delle
spese processuali.

vigilanza ed il controllo dell’esecuzione di tale servizio, avendo la predetta solo competenze in

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2012.

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