Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33315 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33315 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FLATI ALESSANDRO N. IL 16/11/1963
FLATI GIUSEPPE N. IL 13/01/1934
avverso la sentenza n. 6644/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO ,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Se”
che ha concluso per e
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 28/11/2012

Ritenuto in fatto
Flati Alessandro e Fiati Giuseppe venivano rinviati a giudizio rispettivamente per i reati di
violazione di norme antinfortunistiche ex art. 4 e 391 e 47 co. 2 DPR 547/55 e lesioni colpose
aggravate ex art. 113, 590 co. 3 c.p. il primo e per le sole lesioni il secondo.
In data 9 settembre 2003, infatti, Palos Ion, assunto il giorno precedente dalla ditta “Costruzioni
con una cesoia a ghigliottina, dopo aver tolto la protezione frontale ai pressori e alla cesoia del
macchinario si veniva a trovare con le mani a contatto con i suddetti dispositivi ed azionando con il
pedale la cesoia si procurava gravi lesioni alle falangi di entrambe le mani. A seguito di tale
episodio aveva inizio un procedimento penale a carico degli odierni imputatati ai quali si contestava
di aver, nelle rispettive qualità di preposto e di legale rappresentante della ditta, omesso la nomina
di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione antinfortunistica e di non aver
provveduto ad effettuare una specifica valutazione dei rischi comportati dalle lavorazioni
dell’azienda, lavorazioni caratterizzate dall’impiego di macchinari pericolosi. Inoltre agli stessi si
attribuiva l’ulteriore manchevolezza di non aver controllato l’attuazione ed il rispetto da parte dei
lavoratori delle necessarie misure di sicurezza durante lo svolgimento delle lavorazioni con
macchinari pericolosi; controllo, questo, necessario specie con riguardo a persone appena assunte
come il Palos.
All’esito del giudizio il Tribunale di Roma, con sentenza emessa in data 29 gennaio 2008, assolveva
Fiati Alessandro in merito al reato di cui all’art. 47 co. 2 DPR 547/55 e riconosceva la penale
responsabilità di entrambi gli imputati per i restanti reati loro ascritti. Condannava entrambi alla
pena dell’ammenda di 200 curo ed il solo Flati Giuseppe anche alla pena dell’ammenda di 200 euro
per il reato di cui agli artt. 4 e 391 DPR 547/55 con la sospensione condizionale della pena per
entrambi e la non menzione per il solo Fiati Alessandro.
Proposto appello dal difensore degli imputati, la Corte di appello di Roma ha dichiarato il non
doversi procedere con riguardo al reato di cui agli artt. 4 e 391 DPR 547/55 per intervenuta
prescrizione e ha confermato nel resto l’impugnata sentenza.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il difensore degli imputati per i seguenti motivi:
1) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 co. 1 lett. e c.p.p. con riferimento
al mancato accoglimento del primo motivo di gravame in merito all’attribuzione della responsabilità
per la causazione dell’evento lesivo agli imputati ed alla erronea valutazione del rapporto di
causalità sottostante alle condotte colpose contestate ai medesimi.

Meccaniche Fiati Alessandro di Fiati A. & P. s.n.c.”, nell’eseguire da solo il taglio di lamiere sottili

2) Mancanza o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 co. 1 lett. e c.p.p. con riferimento
al mancato accoglimento del secondo motivo di gravame relativo alla qualificazione giuridica del
fatto. In particolare la difesa lamenta la mancanza di adeguata motivazione con riguardo alla negata
esclusione dell’aggravante circa la gravità delle lesioni.
3) Intervenuta prescrizione del reato di cui agli artt. 113, 590 co. 3 c.p.p.

1. Innanzitutto occorre premettere che entrambi i motivi di ricorso pur non essendo manifestamente
infondati sono privi di fondatez.za ed andrebbero, quindi, rigettati.
1.2 Priva di pregio appare, infatti, la prima censura con cui si lamenta il vizio di motivazione con
riguardo all’attribuzione della responsabilità per la causazione dell’evento lesivo agli imputati ed
alla erronea valutazione del rapporto di causalità sottostante alle condotte colpose contestate ai
medesimi. In particolare, la difesa rileva come la Corte di appello abbia totalmente ed
ingiustificatamente disatteso le argomentazioni addotte dalla difesa liquidandole con una succinta
motivazione ed insiste sul fatto che il Palos aveva spontaneamente rimosso le protezioni dal
macchinario e lo aveva fatto durante la pausa pranzo, cioè al di fuori dell’orario lavorativo. A
sostegno della propria ricostruzione i ricorrenti invocano un ormai consolidato orientamento
giurisprudenziale in base al quale la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate dal
proprio dipendente durante il processo di lavorazione è esclusa solo ove la condotta del lavoratore
risulti del tutto anomala in quanto esorbitante dalle sue mansioni, imprevedibile, incompatibile con
il sistema abituale di lavoro ovvero in qualche modo abnorme.
Sul punto, però, la stessa giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che è abnorme soltanto il
comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di
ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di
prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che
abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento
di lavoro attribuitogli (vedi Cass. 23292/2011).
Alla luce di tale precisazione si deve concludere che il comportamento tenuto dal Palos, seppur
altamente imprudente, non può ritenersi abnorme rispetto alle mansioni svolte né del tutto
imprevedibili. Dunque esso non esclude la responsabilità dei suoi datori di lavoro per le lesioni da
esso riportate.
1.2 Al pari deve ritenersi infondato il secondo motivo di gravame con cui si censura la mancanza di
adeguata motivazione con riguardo alla negata esclusione dell’aggravante circa la gravità delle
2

Ritenuto in diritto

lesioni. In realtà la Corte di appello si sofferma sul punto precisando come, nonostante un sensibile
recupero della capacità prens4e da parte del Palos, i postumi legati alla perdita di buona parte delle
prime falangi delle dita di entrambe le mani continuino ad essere di gravità tale da ritenere
sussistente l’aggravante de quo.
2. Risulta invece fondato e deve essere accolto il terzo motivo di ricorso con cui si eccepisce la
intervenuta prescrizione del reato di lesioni. Quest’ultimo, infatti, è stato accertato in data 9
tre anni, considerate le sospensioni — dal 23 aprile 2007 al 19 luglio 2007 e dal 8 luglio 2007 al 12
novembre 2007 — il termine finale di prescrizione è maturato in data 2 settembre 2011.
Come è stato più volte precisato da questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato, il
giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 co. 2 c.p.p. soltanto qualora
le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile,
in modo tale che la valutazione richiesta al giudice risulti più vicina al concetto di “constatazione”,
ossia di percezione “ictu ocu/i”, che a quello di “apprezzamento” e sia, quindi, incompatibile con
qualsiasi necessità di ulteriori accertamenti (Cass., Sez. Un., 35490/2009).
Orbene, come si evince dalle considerazioni in precedenza svolte, nel caso di specie non ricorrono
le anzidette condizioni. Dunque va senz’altro applicata la causa estintiva in esame con conseguente
annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma in data> novembre 2012.

settembre 2003. Trattandosi di delitto per il quale la legge prevede la pena della detenzione da uno a

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