Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33310 del 28/11/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 33310 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSATELLI MARCO N. IL 17/08/1974
avverso la sentenza n. 1338/2010 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
18/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. 5
Sca…..J.E,
che ha concluso-per Q
,se
O< sra_s (-11 12-; --- Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv..) ' N.0.3■ ' Data Udienza: 28/11/2012 4*. Con sentenza emessa in data l gennaio 2012 il Tribunale di Perugia riconosceva Rosatelli Marco, Grini Paola e Guerra Giuseppe responsabili della contravvenzione di cui agli artt. 110 c.p. e 44 lett. c DPR 380/2001 e 181 D.Lgs. 42/2004 in quanto, nelle loro rispettive qualità di proprietaria (Grini), direttore dei lavori (Rosatelli) e titolare dell'impresa (Guerra), avevano eseguito dei lavori edilizi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in totale difformità del permesso di costruire e senza la necessaria autorizzazione. Condannava gli stessi alla pena di 3 mesi e 10 giorni di arresto e 15.000,00 euro di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali. Concedeva la sospensione condizionale e disponeva la rimessa in pristino. Proposto appello, la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza di primo grado condannando gli imputati al pagamento delle ulteriori spese processuali. Avverso la pronuncia di appello Rosatelli Marco ha presentato ricorso per cassazione per i seguenti motivi: 1) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento in punto di qualificazione dell'illecito. 2) Violazione ed erronea applicazione delle norme per le costruzioni in zone sismiche di cui alla parte II, capo IV DPR 380/2001, in relazione all'art. 44 lett. c) dello stesso T.U. e dell'art. 181 D. Lvo 42/04 ed illogicità della motivazione sul punto. 3) Violazione dell'art. 194 c.p. 4) Contraddittorietà ed illogicità della motivazione in riferimento alla erronea applicazione dell'art. 44 lett. c DPR 380/2001 e 181 D.Lvo. in riferimento alla contestazione di aperture esterne in difformità del permesso di costruire. Ritenuto in diritto 1.1 I motivi di doglianza appena delineati sono da ritenersi infondati. In particolare, con il primo di essi il ricorrente lamenta il fatto che la Corte di appello avrebbe descritto una azione di non integrale demolizione dell'immobile incriminato evidenziando il mancato abbattimento delle opere strutturali angolari e delle travature di sostegno del tetto per poi affermare, contraddicendosi, che la condotta posta in essere dagli imputati consisteva in una totale demolizione del manufatto. Secondo la difesa, partendo da tale erroneo presupposto, il giudice di appello ha ritenuto che le opere realizzate non fossero inquadrabili nella categoria degli interventi di restauro e conservazione (art. 3 lett. e DPR 380/2001) per cui è sufficiente una DIA ma, bensì, nella categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia (art. 3 lett. d DPR 380/2001) per i quali è necessario ottenere una specifica autorizzazione edilizia. La censura è priva di pregio. Difatti la Corte di appello non riconosce affatto il mancato abbattimento delle opere strutturali angolari o delle travature del tetto ma, al contrario, precisa che "i lavori di fatto realizzati si erano materializzati nell'avvenuta demolizione e ricostruzione delle murature perimetrali in blocco poroton del manufatto, con una difforme realizzazione delle aperture esterne anche se non venivano rilevate alterazioni nella volumetria o nella sagoma dell'immobile". Dunque la soluzione del giudice di appello non appare affatto contraddittoria rispetto al presupposto da cui parte. Le sue considerazioni sono del tutto logiche e la conclusione è Ritenuto in fatto 2 perfettamente coerente rispetto alle premesse: i lavori realizzati si sono di fatto concretizzati in una demolizione e ricostruzione dal manufatto precedente, dunque era necessaria un'autorizzazione. In proposito merita ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte "rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia gli interventi di demolizione e ricostruzione dell'organismo edilizio preesistente anche se con la stessa volumetria e sagoma"(Cass. pen. Sez. III n. 47046/2007). Né rileva la asserita presenza di un permesso a costruire in quanto non sussiste coincidenza tra le opere descritte nella dichiarazione allegata alla richiesta ed autorizzate e quelle effettivamente realizzate. 1.2 Anche il secondo motivo è infondato. Quanto alla parte in cui si lamenta la violazione ed erronea applicazione delle norme per le costruzioni in zona sismica, infatti, si tratta di una censura già mossa in appello e con riguardo alla quale il giudice di appello si è ampiamente pronunciato. Quanto all'asserita illogicità della motivazione il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe irragionevolmente sostenuto che "l'adeguamento antisismico nel manufatto di che trattasi avrebbe potuto essere effettuato realizzando le fondazioni senza abbattere le insicure ed eterogenee pareti esterne del fabbricato. Per espressa dizione del provvedimento oggetto di ricorso, siffatta conclusione sarebbe legittimata dalle affermazioni estemporaneamente effettuate, in qualità di teste, da certo ing. Mignini, tecnico comunale, le cui affermazioni si pongono in contrasto senza fornire alcun dato scientifico circa la sostenibilità dell'assunto, con la documentazione tecnica depositata ai sensi della legge antisismica citata". Innanzitutto la Corte di appello dalle dichiarazioni del teste Mignini ricava solo che gli imputati avevano dichiarato nella loro relazione, presentata al Comune, che l'esecuzione dei lavori di consolidamento e restauro avrebbe dovuto essere eseguita tramite interventi diversi da quelli di demolizione e ricostruzione delle mura perimetrali effettivamente realizzati. Inoltre nella sentenza di appello non si afferma che l'adeguamento antisismico avrebbe potuto essere effettuato realizzando le fondazioni senza abbattere le pareti esterne ma soltanto che tale tipo di intervento — demolizione delle pareti esterne — non era stato appositamente autorizzato visto che gli appellanti non lo avevano indicato nella relazione presentata nel 1994. In tale dichiarazione, precisa la Corte, avevano indicato opere diverse e, secondo l'ingegner Mignini, non idonee. Per altro, nota il giudice di appello, il fatto che l'unico tipo di intervento praticabile al fine di consentire l'adeguamento alle misure antisismiche fosse costituito dalla demolizione e ricostruzione delle mura perimetrali non legittima gli interventi realizzati dagli imputati in maniera difforme al titolo autorizzativo. Il fine, per quanto apprezzabile, non giustifica i mezzi, come vorrebbe il ricorrente affermando che "non riesce a comprendersi come la Corte non abbia inteso considerare che tale tecnica esecutiva (demolizione e ricostruzione) risultava implicitamente assentita con l'emissione del permesso a costruire sopra citato avendo la PA in ovvia maggiore considerazione la sicurezza sismica dell'edificato, piuttosto che la irragionevole contrizione dell'ambito di applicabilità della fattispecie astratta di cui alla ktt. c dell'art 3 del DIR 380/01". Dunque, sotto questo profilo, le argomentazioni della Corte di appello, come appena ricostruite, appaiono del tutto logiche e consequenziali. 1.3 Infine anche le censure mosse con il terzo motivo di gravame appaiono del tutto infondate: a bene vedere il ricorrente si limita a riproporre una doglianza già mossa in appello — come emerge a p. 6 dell'impugnata sentenza ove si riporta il motivo di appello "gli imputati lamentavano altresì che il primo giudice si era avvalso della testimonianza dell'ing. Mignini, che nella parte relativa P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere i reati estinti per prescrizione. 3 alla affermata eseguibilità di dette fondamenta senza passare per la realizzazione delle opere abusive non aveva fornito alcun dato scientifico a riguardo. Da ciò deriva che il giudice aveva posto a base della condanna delle valutazioni tecniche rese dal teste in violazione dell'art. 194 c.p.p. senza procedere a perizia". 1. 4 Altrettanto infondato deve ritenersi il quarto motivo di ricorso con cui si rileva la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in riferimento alla erronea applicazione dell'art. 44 lett. c DPR 380/2001 e 181 D.Lvo relativamente alla contestazione di aperture esterne in difformità del permesso di costruire. In particolare, nell'atto di appello la difesa aveva dedotto la violazione dell'art. 44 lett. c DPR 380/01 posto che l'intervento dei tecnici era stato realizzato quando l'opera era ancora in corso di esecuzione, tanto che i tecnici non avevano saputo indicare in cosa consisteva la difformità nelle aperture rispetto al permesso a costruire non avendo effettuato verifiche successive al riguardo, tenuto conto che non pregiudicavano in alcun modo l'aspetto e la portata della struttura. La Corte di appello ha ritenuto infondata la doglianza ed il ricorrente censura la motivazione addotta dal giudice d'appello ritenendola illogica e contraddittoria. La censura appare priva di fondatezza. Difatti la Corte di appello riconosce che il sopralluogo venne effettuato dai tecnici del Comune di Assisi quando l'opera era ancora in corso e che non furono effettuati sopralluoghi successivi volti a verificare la permanenza della difformità rispetto all'originaria muratura ma osserva anche che "dalla mancata verifica successiva alla rilevazione della difformità non deriva una carenza probatoria circa l'esistenza dell'abuso". La sussistenza dell'abuso in questione risulta per altro provata dalla testimonianza di uno dei tecnici che effettuarono il sopralluogo al quale sono state mostrate le foto dell'edificio come si presentava dopo i lavori. La Corte di appello riporta le parole del teste secondo il quale "lo stato dei lavori che in quel momento non erano in corso effettivo (non erano presenti operai in cantiere) è esattamente quello che si evince dalle fotografie in copia che mi mostrate". Infine richiama la motivazione data dal Tribunale sul punto precisando che questa "lungi dall'essere carente, riporta una corretta valutazione dei vari elementi probatori raccolti". Dunque anche sotto questo profilo la sentenza impugnata appare scevra da vizi di motivazione. 2. Nel frattempo, però, è intervenuta la prescrizione dei reati contestati. Infatti essi risultano accertati in data 27.02.2007. Trattandosi di contravvenzioni per cui la legge stabilisce la pena della detenzione da uno a quattro anni il termine di prescrizione è spirato in data 27.02.2012. Devono trovare applicazione il principio più volte affermato da questa Corte in base al quale in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129 co. 2 c.p.p. soltanto qualora le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, in modo tale che la valutazione richiesta al giudice risulti più vicina al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu ocu/i", che a quello di "apprezzamento" e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di ulteriori accertamenti (Cass., Sez. Un., 35490/2009). Orbene, come si evince dalle considerazioni in precedenza svolte, nel caso di specie non ricorrono le anzidette condizioni. Dunque va senz'altro applicata la causa estintiva in esame con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per prescrizione. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere i reati estinti per prescrizione. Così deciso in Roma in data 28 novembre 2012.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA