Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33305 del 22/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33305 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGRONE GIOVANNI N. IL 24/06/1972
avverso la sentenza n. 3/2012 TRIB.SEZ.DIST. di MOLFETTA, del
19/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 22/05/2014

Magrone Giovanni, parte civile nel procedimento a carico di Zelano Saverio, per il reato di
diffamazione, ricorre agli effetti civili, a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale,
avverso la sentenza 19.3.13 del Tribunale di Trani-sezione distaccata di Molfetta che ha confermato
quella assolutoria, in data 6.10.11, del Giudice di pace di Molfetta.
Deduce il ricorrente violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) c.p.p. per avere erroneamente il

con più persone, ritenuto sussistente l’esimente di cui all’art.51 c.p., sotto l’aspetto della facoltà di
‘biasimo’ derivante dal potere disciplinare, senza considerare l’esistenza di certificazione medica
attestante lo stato di malattia del Magrone e la inutilmente umiliante e infamante attribuzione al
medesimo, da parte dello Zelano, delle caratteristiche di .
Tali caratteristiche riferite dall’imputato — prosegue il ricorrente — erano ultronee per la richiesta di
procedimento disciplinare a carico del Magrone, oggetto del medesimo potendo essere solo il
comportamento antigiuridico posto in essere dal dipendente e mai la personalità dello stesso,
avendo peraltro nella specie il Magrone esercitato solo il legittimo diritto di critica all’operato del
superiore gerarchico nell’ambito della organizzazione del servizio sanitario di competenza, secondo
quanto evidenziato anche dai testimoni della difesa.
Inoltre — rileva il ricorrente nel secondo motivo — era contraddittoria l’affermazione del giudice di
appello secondo cui da un lato le affermazioni dello Zelano rientravano nel perimetro della verità,
continenza e pertinenza, mentre dall’altro le stesse frasi erano state utilizzate nell’ambito del diritto
di critica finendo il giudice per riconoscere l’esistenza < di una missiva dal contenuto obiettivamente offensivo scriminato dall'applicazione dell'art.51 c.p.>.
Osserva la Corte che il ricorso appare manifestamente infondato, in quanto con motivazione del
tutto adeguata ed immune da vizi di illogicità, il giudice di appello ha ritenuto operante, nella
specie, l’esimente di cui all’art.51 c.p.

giudice di appello, pur riconoscendo (contrariamente al giudice di pace) l’avvenuta comunicazione

Inquadrati i fatti come conseguenti alla proposta dello Zelano, nella sua veste di capo tecnico di
laboratorio del Presidio Ospedaliero di Molfetta, di risolvere il problema della mancanza di
personale con la sospensione momentanea della fruizione delle ferie, proposta vivacemente
contestata dal Magrone che, nell’occasione, aveva abbandonato la riunione, con conseguente
missiva inviata dallo Zelano — nei termini indicati dal ricorrente e di cui all’imputazione — al

di provvedimenti disciplinari (che venivano adottati avendo il dirigente medico comminato un
richiamo verbale al Magrone), il giudice di appello ha evidenziato come sia rimasto provato che,
nell’ambito lavorativo di pertinenza, si registravano pressoché giornaliere discussioni con il
Magrone il quale aveva spesso creato problemi non mostrando alcuno spirito collaborativo.
In tale situazione — ha correttamente osservato il tribunale — è avvenuto da parte dello Zelano
l’esercizio legittimo del potere disciplinare derivante dall’essere il predetto superiore gerarchico del
Magrone e concretatosi nella trasmissione all’ufficio competente di una segnalazione riportante il
comportamento del Magrone fonte di problemi nella organizzazione del lavoro, con l’uso di
espressioni doverosamente critiche dell’operato del sottoposto, ma scriminate proprio dalla
pertinenza ai temi in discussione e senza che fosse ravvisabile — ha concluso non certo
illogicamente e/o contraddittoriamente il giudice di secondo grado — una aggressione gratuita o un
attacco alla persona del Magrone e pertanto il contenuto della missiva inviata, se pur di contenuto
reputabile come oggettivamente offensivo per il responsabile di tali comportamenti, ne risultava
legittimato ai sensi dell’art.51 c.p. proprio in virtù delle considerazioni sopra esposte.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
E1.000,00.

2

Dirigente medico responsabile U.O. di Patologia clinica (suo diretto superiore) ai fini dell’adozione

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Roma, 22 maggio 2014

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