Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33300 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33300 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO SALVATORE N. IL 18/01/1967
avverso l’ordinanza n. 3979/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 23/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.,MONICA,BONI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ,-“,0 ett.441.}.4. 0(4 1«, (La 2/2pri*

dice

,

Uditi difen r Avv.;

Data Udienza: 27/06/2013

Ritenuto in fatto
1.Con l’ordinanza resa il 23 novembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Roma
rigettava l’istanza, diretta ad ottenere la liberazione condizionale, avanzata da
Salvatore Russo , condannato alla pena di anni diciassette di reclusione ed ammesso
con ordinanza del 15/1V2011 a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare,
sul rilievo che, stante l’ammissione da appena un anno a detta misura alternativa e
la gravità degli addebiti già accertati a suo carico, per uno dei quali non era ancora
stato definito il giudizio di cognizione, doveva ritenersi certamente in corso, anche se
non ancora completato, il percorso di pieno ravvedimento del condannato, condizione
più adeguata a conciliare esigenza rieducativa e prevenzione.
2.Per l’annullamento di tale ordinanza il difensore del Russo ha proposto ricorso
per cassazione, col quale ha denunziato violazione di legge e manifesta
contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto il Tribunale di Sorveglianza,
pur avendo riconosciuto la sussistenza di tutte le condizioni astrattamente previste
per la concessione della liberazione condizionale, ossia la rilevanza della
collaborazione, l’entità della pena già espiata, la rescissione dei contatti con la
criminalità, l’esistenza del verbale illustrativo della collaborazione, la gradualità
nell’accesso ai benefici, l’assenza di rilievi all’esito dell’osservazione personalitistica,
aveva contraddittoriamente preteso ulteriori imprecisati elementi indicativi di
completo ravvedimento ed aveva erroneamente ritenuto che dovesse essere espiata
la pena in regime di detenzione domiciliare per un certo lasso di tempo prima di poter
accedere alla liberazione condizionale, requisito non preteso dalla legge.
3. Con requisitoria scritta depositata 1’11 febbraio 2013 il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Con memoria del 26 marzo 2013 la difesa ha ulteriormente illustrato i motivi
di ricorso in relazione ai rilievi della requisitoria del Procuratore Generale.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e va respinto.
1.La decisione impugnata ha correttamente riferito alla posizione del
collaboratore di giustizia (Cass. Sez. 1, n. 37330 del 26/09/2007, Crisafulli, Rv.
237504; sez. 1, n. 10421 del 19/2/2009, Antonuccio, rv. 242900) il principio di
diritto, secondo il quale la liberazione condizionale richiede una condotta del reo tale
da far ritenere il suo sicuro ravvedimento, nel senso che l’istituto postula la
formulazione di un giudizio prognostico, basato sul completamento del percorso
trattamentale di rieducazione e recupero in modo da consentire la certa previsione di
corretti futuri comportamenti e del rispetto delle regole di convivenza civile ( Cass.
sez. 1, n. 37330 del 26/09/2007, Crisafulli, Rv. 237504; sez. 1, n. 26754 del
29/05/2009, Betti, Rv. 244654; sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, Loggia, rv.

1

per accedere al beneficio richiesto, mentre quella in esecuzione risultava la misura

248984).
2. Il provvedimento contestato, sulla scorta del parere espresso in tal senso
anche dalla D.N.A., ha ritenuto allo stato idonea la misura in corso di applicazione,
siccome unica capace di contemperare le esigenze rieducative del condannato e
quelle collettive di prevenzione della recidiva, basando tale discrezionale valutazione
sull’insufficienza dimostitativa della corretta condotta extracarceraria, della scelta
collaborativa, dell’assenza di perduranti collegamenti con ambienti della criminalità
organizzata e sul presupposto della gradualità nell’accesso ai benefici penitenziari in
funzione anche del tempo trascorso in assenza di rilievi, quale elemento, unitamente
agli altri, per valutare il consolidamento dei risultati raggiunti nel percorso
dall’ammissione alla detenzione domiciliare e la pendenza a carico del Russo di
ulteriore procedimento penale per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa,
per il quale era in corso il giudizio di legittimità, il che, a fronte della radicata
devianza, desunta dalla dedizione ad attività criminosa sin dalla minore età e della
scelta collaborativa effettuata in tempi molto più recenti, ha ritenuto non consentisse
“una seria valutazione in ordine alla progressione del percorso suddetto, per la quale
è necessario un periodo di verifica ulteriore”.
3. Ebbene, non ritiene questa Corte che nelle valutazioni dei giudici di merito sia
riscontrabile il vizio di violazione di legge e nemmeno quello motivazionale, dal
momento che essi hanno concluso, dando conto delle relative ragioni, per l’assenza
dei presupposti per l’accoglimento della domanda diretta ad ottenere un beneficio che
si pone come misura conclusiva del percorso rieducativo, “messa alla prova finale”,
che nel caso specifico non poteva ritenersi ormai esaurito con esiti consolidati e
definitivi, posto che il RuSso era ancora sottoposto a un procedimento penale.
3.1 Per contro il ricorso non affronta questo specifico profilo della vicenda
personale del condannato, sostiene che egli aveva scontato ben più del periodo
previsto per legge, era stato coinvolto nella commissione di fatti non di sangue, ma di
rapina, e che lo stesso Tribunale aveva dato atto della ricorrenza di tutti gli elementi
pretesi dalla legge; richiama precedenti decisioni di questa Corte che hanno
proceduto ad annullare analoghi provvedimenti in ragione di carenze motivazionali,
che però non sono riscontrabili nel caso in esame.
3.2 In particolare, il Tribunale ha fondatamente rilevato come la capacità
criminale radicata, dimostrata dal condannato per fatti criminosi per nulla
trascurabili, anche se non consistenti in omicidi, in raffronto alla recente
collaborazione con la giustizia ed al mancato esaurimento delle pendenze processuali,
richiedesse un periodo di osservazione protratto e superiore all’anno trascorso in
detenzione domiciliare e non per un’indebita e fine a se stessa valorizzazione del
fattore temporale, ma per acquisire prova affidabile del convincente ravvedimento
raggiunto, della revisione critica delle scelte passate e del definitivo abbandono di
modelli di comportamento devianti.
3.3 In conclusione, tali rilievi, nel puntuale rispetto delle norme di riferimento,

2
/

/

4.

trattamentale. Inoltre, ha valorizzato il periodo di appena un anno trascorso

integrano una giustificazione sufficiente delle ragioni per le quali non sono stati
ravvisati i requisiti richiesti per l’ammissione alla liberazione condizionale. Il ricorso a
dunque respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 27 giugno 2013.

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