Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33298 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33298 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 27/06/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PASQUALE ANTONINO N. IL 28/12/1955
avverso l’ordinanza n. 842/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 22/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere 1?ìoota0NICI3ONII;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difenso Avv.;

4

Rilevato in fatto
1.Con ordinanza deliberata in data 22 maggio 2012, il Tribunale di Sorveglianza di Milano
dichiarava inammissibile l’istanza avanzata nell’interesse di Antonino Di Pasquale volta a
ottenere la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale,
rilevando l’avvenuta revoca della semilibertà in dipendenza del fatto che il condannato, anziché
recarsi al lavoro, era stato scoperto frequentare pregiudicati di rilevante spessore criminale e
rigettava l’altra richiesta, avanzata dallo stesso Di Pasquale, per la concessione della

non sussistevano i presupposti di cui all’art. 176 cod. pen..
2. Avverso il citato provvedimento ha interposto tempestivo ricorso per cessazione
l’interessato personalmente, chiedendone l’annullamento per:
a) violazione di legge in riferimento al disposto dell’art. 58-quater ord. pen. e dell’art. 176 cod.
pen. per avere il Tribunale di Sorveglianza respinto l’istanza di affidamento in prova ai servizi
sociali sul solo presupposto della revoca della semilibertà con provvedimento avverso il quale
egli aveva proposto ricorso per cessazione e non avere tenuto conto della pronuncia di
incostituzionalità dell’art. 58-quater ord. pen., commi 1 e 7-bis, nella parte in cui non
prevedono possano essere concessi i benefici a condannati che prima dell’entrata in vigore
della legge n. 251/2005 abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato, vizio che
inficiava anche la previsione dell’art. 58-quater ord. pen. e 176 cod. pen. laddove escludono
che i benefici penitenziari possano essere concessi più di una volta. Inoltre, come già
riconosciuto dal Tribunale di Sorveglianza di Genova con ordinanza n. 154/2009, alla data di
entrata in vigore della legge n. 251/2005 egli aveva in corso un trattamento rieducativo che
aveva dato luogo ad esiti positivi.
b) Violazione di legge in riferimento al rigetto dell’istanza di ammissione alla liberazione
condizionata nonostante egli col comportamento tenuto durante l’espiazione in istituto
penitenziario avesse dimostrato il ravvedimento, tradottosi anche nel risarcimento del danno.
c) Omessa e/o insufficiente motivazione, in quanto il Tribunale non aveva considerato che la
violazione per la quale gli era stata revocata la semilibertà era consistita nell’essersi recato
assieme al datore di lavoro in un bar al cui interno vi erano altre persone, che però non erano
in loro compagnia e delle quali egli non aveva potuto apprendere se si trattasse o meno di
pregiudicati, mentre il divieto di soggetti già condannati non era incluso nel programma
riabilitativo e comunque l’ordinanza impugnata non aveva specificato quale dei presupposti di
cui all’art. 176 cod. pen. fosse stato carente.
3•Con la requisitoria scritta depositata il 7 febbraio 2013 il Procuratore Generale presso la
Corte di Cessazione, dr. Roberto Aniello, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

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liberazione condizionale, in quanto il suo comportamento escludeva il sicuro ravvedimento e

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.11 Tribunale di Sorveglianza ha in primo luogo fondato la decisione reiettiva dell’istanza di
affidamento in prova ai serviizi sociali sul rilievo della non reiterabilità, per il periodo di tre anni,
in favore dello stesso condennato di misure alternative, già accordate e poi revocate, in ciò
facendo corretta applicazione del disposto dell’art. 58-quater ord. pen., comma 2, atteso che il
beneficio della semilibertà, ui il Di Pasquale era stato ammesso, era stato in seguito revocato
ed egli aveva avanzato istanza per la concessione di altra misura prima del termine di tre anni.
1.1 Premesso che l’ordinanza di revoca della semilibertà, impugnata mediante ricorso per
sentenza resa da questa COrte del 17/12/2012, va aggiunto che non è dato ravvisare alcun
errore giuridico nel provvedimento impugnato, che ha puntualmente applicato l’art. 58-quater
nella sussistenza dei presupposti da esso previsti.
1.2 Prima di qualsiasi fondamento è anche l’argomentazione che richiama le pronunce rese
dalla Corte Costituzionale (sentenze 306/1993, 173/1999, 257/2006) ed i principi espressi in
riferimento alla legittimità ,,costituzionale degli artt. 4-bis, 47-ter ult. comma e 30-quater
dell’ord. pen., laddove hanno scrutinato le disposizioni che escludono automaticamente dalla
possibilità di ammissione ai benefici penitenziari, o li revocano ai condannati che siano
responsabili di determinati reati: secondo il ricorrente analogamente incorrerebbe nel
medesimo vizio per contrasto con il precetto dell’art. 27 Cost. e con la funzione rieducativa
della pena la disposizione dell’art. 58-quater quando vieta la reiterazione delle misure
alternative alla detenzione.
1.2.1 In primo luogo la giurisprudenza costituzionale è venuta affermando, a partire dalla
sentenza n. 306 del 1993, che il rispetto della finalità rieducativa del condannato nella fase
dell’esecuzione penale deve essere garantito anche a fronte di sopravvenute disposizioni
normative, che, perseguendo obiettivi di contrasto alla diffusione della criminalità organizzata
e facendo prevalere la finalità preventiva e repressiva della pena, siano dirette a limitare
l’ambito di accesso alle misure alternative alla detenzione o a determinati benefici penitenziari.
Ha quindi affermato che, qualora la condotta penitenziaria del detenuto abbia dimostrato “il
raggiungimento di uno stadi del percorso rieducativo adeguato al beneficio da conseguire»,
l’applicazione automatica della nuova disciplina più limitativa, quando vieti o restringa l’ambito
di applicazione di misure alternative alla detenzione, si traduce in una forma di “revoca” non
giustificata dalla condotta cOlpevole del condannato, che ne arresta il progressivo recupero,
con la conclusione per cui l la finalità rieducativa della pena non può essere ostacolata
dall’esclusione dai benefici penitenziari dei detenuti che, al momento in cui è entrata in vigore
una legge restrittiva, abbiano già maturato i requisiti per poterne usufruire. E di tale principio
la Consulta ha fatto applicazione in materia di semilibertà, di permessi premio, con riferimento
al trattamento più severo riservato ai condannati recidivi, ai condannati per il delitto di
evasione.

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cassazione, è stata confermata anche all’esito del giudizio di legittimità, definito con la

1.2.2 In particolare, con riferimento alla previsione dell’art. 58-quater che esclude
dall’applicazione dei benefici penitenziari i condannati per il delitto di cui all’art. 385 cod. pen.,
con la sentenza n. 189 del ?El maggio 2010 la Corte Costituzionale ha richiamato ed avallato
quale corretta opzione interpretativa, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità,
secondo il quale la norma grutinata non vieta in assoluto di applicare una misura alternativa
alla detenzione in carcere a causa dell’intervenuta condanna per evasione, ma impone al
giudice, in presenza di talel condanna, di verificare i progressi trattamentali conseguiti ed il
grado di rieducazione razaunto prima dell’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005
effettiva, perdurante pericolpsità sociale alla luce delle condotte rilevanti ai sensi dell’art. 385
c.p. (Cass. sez. I, n. 22368 del 28/5/2009, Leone, rv. 244130; sez. I, n. 41956 del 22/10/
2009, Bello, rv. 245087; sez. 1 n. 12748 del 7/3/2012, Aducato, non massimata).
1.2.3 Nella medesima ottica dell’esclusione di qualsiasi automatismo nella materia
dell’accesso ai benefici penitenziari si è espressa nuovamente la Consulta con la sentenza n.
291 del 18/10/2010, che, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 58 quater, comma 7 bis, I. 26 luglio 1975 n. 354, introdotto dall’art. 7, comma 7, I. 5
dicembre 2005 n. 251, dedOtte in riferimento agli art. 3 e 27, comma 3, cost., nella parte in
cui si esclude che la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale possa essere disposta
per più di una volta in favore del condannato nei cui confronti sia stata applicata la recidiva di
cui all’art. 99, comma 4, cod.pen., ha prospettato la possibilità, fondata sui lavori parlamentari
preliminari all’approvazione della legge di riforma, di optare per un’interpretazione restrittiva
della norma, in modo tale da riferirla soltanto ai casi in cui il reato espressivo della recidiva
reiterata sia stato commesSo dopo la sottoposizione alla misura alternativa in esecuzione di
una pena, a sua volta irrOgata con applicazione della medesima aggravante. Ai fini del
presente procedimento rileva che la Consulta abbia sottolineato la diversità di situazioni tra chi
debba ancora accedere alla misura da recidivo rispetto a chi, invece, dopo aver fruito di un
primo affidamento in provo, concesso quando già era stato dichiarato recidivo reiterato,
commetta un nuovo delitto ,per il quale il giudice della cognizione ritenga i precedenti del reo
concretamente significativi di accresciuta pericolosità sociale, perché in tale caso è prevedibile
che la reiterazione del beneficio sortisca lo stesso effetto della precedente misura, il che rende
non irragionevole o arbitrario la scelta del legislatore di impedire il ripetuto accesso allo stesso
istituto.
1.3 Come puntualmente rilevato anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria
scritta, diversa è la situazioqe del ricorrente e l’ambito di applicazione della disposizione di cui
al secondo comma dell’art. ’58-quater: anche in questo caso il fallimento della precedente
misura revocata trova giustificazione nella dimostrata interruzione del percorso rieducativo in
dipendenza di una condotta tenuta dal condannato, quindi sulla base di un presupposto
accertato in riferimento alla sua posizione individuale, al di fuori di qualsiasi automatismo, e
comunque la limitazione non opera in assoluto ed in perpetuo, ma per il solo periodo di t
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mediante un’analisi particolarmente approfondita sulla personalità del condannato e sulla sua

anni, il che consente una nuova valutazione non automatica, ma personalizzata, dei progressi
che nel frattempo il detenkito abbia compiuto nella protratta espiazione inframuraria della
pena.
1.3.1 In tal senso si el espressa anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 87 del
9/3/2004, la quale ha dichkarato manifestamente infondata la questione di incostituzionalità
dell’art. 58-quater comma 2 nella parte in cui prevede il divieto triennale di accesso ai benefici
penitenziari in caso di revoca di misura già accordata e ha rilevato appunto come non possano
dipendenza di un comportamento del condannato in violazione della legge o delle prescrizioni
inerenti la misura, perché è; tale atteggiamento, valutato in concreto, ad essere incompatibile
con la futura prosecuzione dell’affidamento in prova o della detenzione domiciliare.
Resta dunque escluso che la norma applicata dal Tribunale di Sorveglianza sia affetta da
vizio di incostituzionalità.
2. Anche le censure riguardanti il diniego della liberazione condizionale non colgono nel
segno: i giudici di merito hanno correttamente ed adeguatamente indicato che la revoca della
semilibertà per la violazione delle relative prescrizioni, statuizione già divenuta irrevocabile,
offriva dimostrazione della mancanza di sicuro ravvedimento del condannato, il che fa venir
meno uno dei presupposti pretesi dall’art. 176 cod. pen. per l’accesso al beneficio richiesto.
Non è dunque ravvisabile alcun vizio nella decisione assunta e nell’apparato motivazionale
dell’ordinanza impugnata che, per quanto sintetica, dà conto in modo sufficiente delle ragioni
della reiezione delle istanze del ricorrente.
L’impugnazione va dunque respinta con la condanna del proponente al pagamento delle
spese processuali.
P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

equipararsi i requisiti per ia revoca alla situazione in cui la revoca sia stata disposta in

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