Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33275 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33275 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DAMIANI JACOPO N. IL 13/12/1986
avverso la sentenza n. 84/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
23/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Gpnerale in persona del Dott.
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che ha concluso per / (UN
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Udito, per la parte civi , l’Avv
Uditi difensor Av

N.);Cceo

Data Udienza: 27/06/2013

Ritenuto in fatto
1.Con sentenza resa il 23 novembre 2011 la Corte di Appello di Roma confermava la
sentenza del Tribunale di 1Roma del 29 marzo 2007, che aveva riconosciuto l’imputato Jacopo
Damiani colpevole dei dein di concorso in lesioni personali, ingiurie e incitamento a commettere
i predetti reati per ragioni di odio razziale, commessi in danno di Thiam Bole, in Roma il 10
settembre 2005 e che, unificati i reati nel vincolo della continuazione e previa concessione delle
attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi otto di
reclusione, nonché al pagamento delle spese processuali.

deduce mancanza di motivazione in ordine al diniego del beneficio della non menzione della
condanna, di cui era meritevole in ragione: a) dell’insussistenza di precedenti penali, nonché di
carichi pendenti; b) della corretta condotta, contemporanea e susseguente al reato; c) delle
condizioni di vita individuali, familiari e sociali dell’imputato, inserito in un sano contesto
familiare, costituito da soggetti incensurati; d) dell’avvenuta concessione dello stesso beneficio
agli altri coimputati, giudicati per i medesimi reati con rito abbreviato. Inoltre, richiama la finalità
perseguita dall’art. 175 cod.pen., costituita dalla rimozione di un ostacolo al reinserimento
sociale del condannato, rispetto al quale l’iscrizione della condanna nel casellario giudiziale
rappresenta uno stigma, destinato ad affliggerlo anche dopo l’esecuzione della pena,
pregiudicandone la buona fama nei confronti dei privati.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.La Corte di Appello ha già puntualmente esaminato e disatteso la doglianza, avanzata
con i motivi di appello, che censura la mancata concessione del beneficio di cui all’art. 175 cod.
pen., ritenendo ostativo il giudizio in ordine alla pericolosità sociale dell’imputato, desunta dai
plurimi ed odiosi fatti di reato commessi, rivelatori “di una personalità particolarmente violenta
in quanto disposta, per presunte ragioni di superiorità razziale, ad accanirsi su un povero
venditore ambulante ‘reo’ solo di avere ‘guardato’ l’imputato” – e della finalità di ammonimento
che la menzione della condanna è suscettibile di perseguire.
2. Giova ricordare che, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte, la concessione di tale beneficio, differente nei suoi presupposti applicativi rispetto alla
sospensione condizionale della pena, è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, da
condurre in base ad un giudizio di valore riferito ai criteri enunciati nell’art. 133 c.p. (tra le tante,
Cass. Sez. 3, n. 77608 del 17/11/2009, Ammendola ed altri, Rv. 246183; sez. 4, n. 34380 del
14/7/2011, Allegra, rv. 251509) e con l’obbligo di motivare la relativa statuizione, non ricorrente
soltanto quando l’istituto non sia concedibile per difetto dei presupposti di legge (Cass. sez. 6

2.Avverso la sentenza ha interposto appello l’imputato a mezzo del suo difensore, il quale

n. 20383 del 21/4/2009, Bomboi, Rv. 243841) e comunque se con i motivi di impugnazione non
siano state dedotte circostanze specifiche, meritevoli di considerazione (Cass. sez. 4, n. 10334
29/9/1981, Rossi, rv. 141.000; sez. 6, n. 1162 del 22/10/1981, Visentin, rv. 152040; nello
stesso senso, v. anche Catts. sez. 6, n. 8330 del 6/3/1980, Giardini, rv. 145782; sez. 2, n. 488
dell’11/10/1978, Fuoco, rv, 140860).
2.1 II beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale si
distingue da quello della sospensione condizionale della pena perché, mentre quest’ultima è
costituire, attraverso la possibilità di revoca, un’efficace remora ad ulteriori violazioni della legge
penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante
l’eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, sicché non è
contraddittorio il diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro, quando la relativa
decisione sia adeguatamente motivata (Cass .sez. 6, n. 34489 del 14/06/2012, Del Gatto, Rv.
253484; sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, rv. 251509; sez. 3, n. 35731 del
26/06/2007, Toletone, rv. 237542).
3. Ebbene, premesso che in effetti con l’atto di appello erano state dedotte circostanze, che
sono state poi riproposte col ricorso all’odierno esame, va detto che a fronte di una condizione di
incensuratezza e di assenza di carichi pendenti, la Corte territoriale ha valorizzato altri elementi
comunque rientranti nei parametri dell’art. 133 cod. pen., ossia la gravità oggettiva dei reati e la
pericolosità sociale del loro autore, perché animato da un pregiudizio di superiorità e da odio
razziale, sfogato contro un inerme extracomunitario sol perché avrebbe avuto l’ardire di
guardare nella sua direzione, con incitamento di altre due persone ad unirsi a lui nel pestaggio
immediatamente posto in essere. La valutazione di non meritevolezza è dunque giustificata in
base ad elementi oggettivi e soggettivi, di cui col ricorso non si contesta la sussistenza,
pretendendo che si assegni preferenza e valenza dimostrativa maggiore ad altri profili, quali
l’incensuratezza e la corretta vita anteatta e successiva, che non compete a questa Corte
considerare, rientrando nel patrimonio cognitivo e di apprezzamento proprio del giudice di
merito.
Il ricorso va dunque respinto con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

finalizzata a sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di

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