Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33274 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33274 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
BRESCIA
nei confronti di:
EDIAE JOLLY N. IL 15/01/1982
USI ROLAND N. IL 05/02/1987
avverso la sentenza n. 89/2011 GIUDICE DI PACE di GRUMELLO
DEL MONTE, del 15/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Nfect 2Ait 1 chi
che ha con luso per i ‘ouakmaut 4-14 Ju.A.:If-ej. /JAZ.- ÌX-0 14-4-1-c-N
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Data Udienza: 27/06/2013

\ PAI.u. 1. Timi, L,cerF.tuo

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Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 15 giugno 2011 il Giudice di pace di Grumello del Monte
proscioglieva Jolly Ediae e Roland Usi dal reato di cui al D.L. 25 luglio 1998, n. 286,
art. 10 bis, introdotto dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 16, lett. a),
contestato loro perché, essendo stranieri, si trattenevano illegalmente nel territorio
dello Stato in violazione delle disposizioni dello stesso decreto legislativo, accertato
in Bagnatica il 21 agosto 2009.

imputati erano stati destinatari, l’Ediae di provvedimento di espulsione emesso dal
Prefetto di Pistoia il 29/2/2008 e l’Usi di provvedimento di respingimento eseguibile
dal 19/5/2008, sicché, stante la formulazione del comma quinto dell’art. 10-bis,
l’azione penale era improcedibile nei loro riguardi.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore
Generale presso la Corte di Appello di Brescia, chiedendone l’annullamento con
rinvio per erronea applicazione dell’art. 10-bis d.lgs. 286/98, comma 5: pur
essendo pienamente provata la sussistenza del reato contestato, il primo Giudice
aveva prosciolto gli imputati in base ad una interpretazione erronea della norma
richiamata, la quale prevede il proscioglimento dell’imputato introdottosi o
trattenutosi illegalmente nel territorio nazionale soltanto se il provvedimento di
espulsione o respingimento, adottato a norma del comma 2 della medesima norma,
sia stato effettivamente eseguito e di tale evenienza il Questore abbia dato
comunicazione all’autorità giudiziaria procedente, condizione non verificatasi nel
caso in esame.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1.11 Giudice di Pace, pur avendo dato atto che era stata accertata la presenza
degli imputati, cittadini nigeriani, all’interno del territorio nazionale in assenza di
titolo legittimante l’ingresso e la permanenza, quindi in condizioni di totale illegalità,
ha considerato che gli stessi erano stati destinatari di pregressi provvedimenti
amministrativi di espulsione e di respingimento, rispettivamente emesso il
29/2/2008 in un caso ed eseguibile il 19/5/2008 nell’altro, ragione per la quale
l’azione penale era improcedibile nei loro confronti.
2.

L’assunto non è condivisibile. In primo luogo va rilevato che la

constatazione della presenza irregolare degli imputati è avvenuta in data 21 agosto
2009, quindi in un momento successivo alla data dell’8 agosto 2009, in cui è

1.1 A fondamento della decisione il primo Giudice rilevava che entrambi gli

entrata in vigore la L. n. 94 del 2009, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 170 del
24 luglio 2009, introduttiva della fattispecie di reato di cui all’art. 10-bis.
2.1 Inoltre, resta escluso che nel caso in esame possa operare la previsione
del comma quinto dell’art. 10-bis, applicata dal Giudice di Pace, in quanto al
momento della pronuncia della sentenza impugnata i due imputati non erano stati
coinvolti da provvedimenti amministrativi di espulsione o respingimento, emessi ai
sensi e per gli effetti del secondo comma dello stesso art. 10-bis ed effettivamente

proscioglimento. Per contro, l’esistenza di provvedimenti risalenti all’anno 2008, di
cui non è nemmeno dato conoscere l’avvenuta o meno esecuzione, ma anche
l’eventuale loro esecuzione, avrebbero potuto assumere rilevanza, ma non per gli
effetti considerati dal primo Giudice, ma tutt’al più sotto il profilo del rientro illegale
nel paese prima del termine stabilito ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. n. 286/98, comma
13.
2.2 Per replicare alle eccezioni sollevate dalla difesa dell’Ediae nel corso della
discussione, va poi precisato come l’ipotesi di reato contravvenzionale, sanzionata
dall’art. 10-bis, non resti coinvolta dagli effetti della pronuncia della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea El Dridi del 28 aprile 2011, che ha riguardato il
diverso delitto di cui all’art. 14, comma 5-ter e 5-quater dello stesso testo
legislativo e che la compatibilità con la Direttiva CEE 16/12/2008 n. 115, c.d.
Direttiva rimpatri, della fattispecie penale dell’art. 10-bis è stata già più volte
riconosciuta dalla stessa Corte sovranazionale (sez. 1, sent. 6/12/2012, Sagor,
causa C-430/11; sez. 3, ord. 21/3/2013, Mbaye, causa C-522/11), mentre altri utili
riferimenti interpretativi sono stati offerti anche dalla pronuncia della stessa Corte
nella Grande Chambre, sent. n. 329 del 6/12/2011, Achughbabian, causa C329/11, che ha valutato la norma dell’ordinamento penale francese in materia di
ingresso illegale di stranieri. Con dette pronunce, da un lato si è escluso che la
disciplina comunitaria abbia lo scopo di armonizzare in modo completo la
legislazione nazionale dei singoli Stati aderenti all’Unione sul tema
dell’immigrazione irregolare e si è affermato come la stessa non vieti la possibilità
che un ordinamento, -ad esempio quello italiano ed in particolare la disposizione di
cui all’art. 10-bis in esame-, qualifichi la permanenza irregolare dello straniero
quale condotta illecita, integrante una fattispecie di reato, punita con l’irrogazione
di sanzioni penali di tipo pecuniario, dall’altro si è ravvisato un concreto ostacolo
all’attuazione della direttiva nei soli casi in cui il trattamento punitivo penale
impedisca l’applicazione delle norme e delle procedure comuni sul rimpatrio degli
stranieri, rendendole inefficaci o sia contrario ai diritti fondamentali della persona,
evenienza che nel primo caso potrebbe accadere se lo Stato comminasse la pena
della detenzione da espiarsi nel corso della procedura di rimpatrio o comu
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già eseguiti in loro danno, unica condizione che avrebbe legittimato il loro

prima del suo inizio, venendola ad impedire materialmente. Ciò però non si verifica
alla stregua delle disposizioni del comma 5 dell’art. 10-bis, il quale assegna
preminenza all’esecuzione in via amministrativa dell’espulsione dello straniero
irregolare, tanto da imporre al giudice penale di pronunciare sentenza di
proscioglimento dell’imputato se già espulso.
2.3 Appare utile ricordare che la norma in esame ha già superato anche il
vaglio di legittimità costituzionale: la Consulta con la sentenza n. 250 del 9 giugno

presunto contrasto tra l’art. 10-bis e le disposizioni di cui agli artt. 2, 3, 25 comma
2, 27, 97 comma 1 e117 Cost. e ha così offerto rilevanti spunti interpretativi. In
particolare, la Corte Costituzione ha escluso che la scelta legislativa di configurare
come reato la condotta di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato,
nonostante il perseguimento della stessa finalità cui è preordinata l’espulsione in via
amministrativa, realizzi un’indebita duplicazione di procedimenti e di apparati
sanzionatori, uno operante sul piano penale, l’altro amministrativo, in quanto, pur
integrando lo stesso comportamento materiale violazione, sia del precetto penale,
che delle norme che disciplinano i flussi migratori di cittadini stranieri, la
ragionevolezza della previsione resta salvaguardata dalla priorità assegnata al
procedimento di espulisione amministrativa, deducibile dalla complessiva disciplina
introdotta, ed in particolare dal fatto che: in deroga al generale disposto dell’art.
13, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998, lo straniero sottoposto a procedimento penale
per il reato in questione può essere espulso in via amministrativa senza il nulla osta
dell’autorità giudiziaria; acquisita notizia dell’esecuzione dell’espulsione o del
respingimento ai sensi dell’art. 10, comma 2, dello stesso d.lgs., il giudice deve
pronunciare sentenza di non luogo a procedere e, in caso di condanna, la pena
dell’ammenda, non oblabile, può essere sostituita dal giudice con la misura
dell’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.
2.4 Né può condividersi l’assunto difensivo, secondo il quale vi sarebbe
incompatibilità tra la norma incriminatrice dell’art. 10-bis e la direttiva rimpatri con
riferimento alla possibilità di sostituzione della pena pecuniaria con la permanenza
domiciliare in caso di insolvibilità del condannato, secondo quanto previsto dagli
artt. 53 e ss. D.Igs. 274/2000. La Corte Europea con la pronuncia Mbaye ha ribadito

l’obbligo degli Stati membri di dare esecuzione con la massima celerità alle decisioni
di rimpatrio, facendo ricorso anche all’allontanamento coattivo degli stranieri, per
cui l’eventuale applicazione in sede di conversione dell’ammenda nella permanenza
domiciliare sarebbe tale da impedire l’esecuzione dell’esodo, specie se la normativa
interna non contempli strumenti giuridici che assegnino prevalenza all’attuazione
dell’allontanamento rispetto all’esecuzione della permanenza domiciliare: solo in tal
caso la disciplina nazionale renderebbe l’istituto della conversione confliggente con

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2010 ha ritenuto manifestamente infondate le questioni proposte con riferimento al

la direttiva e quindi disapplicabile da parte del giudice italiano in sede di
esecuzione.
2.5 Oltre a tale rilievo, resta decisiva la considerazione del fatto che l’eventuale
applicazione della permanenza domiciliare in sede esecutiva non dipende dai
precetti dell’art. 10-bis, quanto dalle norme che regolano il giudizio celebrato dal
Giudice di Pace, per cui soltanto queste ultime potrebbero porsi in conflitto con le
disposizioni della direttiva rimpatri, mentre nel caso specifico, per essere stata resa

concreto, per il difetto della imprescindibile condizione della condanna a pena
pecuniaria, suscettibile di sostituzione.
3. Deve dunque ribadirsi la piena legittimità e validità della disposizione
incriminatrice, che il Giudice di Pace ha erroneamente disapplicato sulla scorta di
un’interpretazione non corretta e smentita dalle più autorevoli pronunce, anche di
estrazione sovranazionale.
Per le considerazioni svolte il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va
annullata con rinvio al Giudice di Pace di Grumello del Monte per nuovo giudizio che
dovrà tenere conto dei superiori rilievi.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di
Grumello del Monte.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.

in sede di cognizione pronuncia di proscioglimento, tale possibilità non si è posta in

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