Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33262 del 23/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 33262 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
KAFIF NABIL N. IL 19/04/1983
avverso la sentenza n. 146/2009 GIUDICE DI PACE di PRATO, del
15/02/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E \,1
che ha concluso per ‘ft
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Data Udienza: 23/05/2013

N.46326/12-RUOLO N.37 P.U. (2221)
RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 22 febbraio 2011 il Giudice di pace di Prato ha condannato
KAFIF Nabil, cittadino extracomunitario di nazionalità marocchina, alla pena di €
5.000,00 di ammenda, siccome ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo
10 bis del decreto legislativo 25. 7. 1998 n. 286, introdotto dall’articolo 1
comma 160 lettera a) della legge 15 luglio 2009 numero 94 (essersi illegalmente

2.Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il P.G. presso la Corte
d’appello di Firenze, che ha dedotto:
I)-erronea applicazione della legge penale, per non avere il giudice esaminato
l’incidenza sulla sussistenza del reato contestato all’imputato della direttiva
europea n. 115/2008 e della legge n. 129 del 2011, di conversione con
modificazioni del p. n. 89 del 2011, che, in applicazione di detta direttiva,
aveva modificato profondamente le modalità di espulsione dello straniero
extracomunitario illegalmente presente sul territorio nazionale, così come in
precedenza previste dal d.lgs. n. 286 del 1998, si che occorreva accertare se la
previsione di una pena pecuniaria a carico dello straniero extracomunitario
illegalmente presente in Italia fosse compatibile con la procedura di rimpatrio
fissata dalla direttiva europea anzidetta, procedura di rimpatrio che doveva
essere adottata caso per caso e che non poteva basarsi sul mero rilievo
dell’irregolarità del soggiorno dello straniero, dovendosi accertare le ragioni del
suo ingresso in Italia, il tempo della sua permanenza nello Stato, l’eventuale
sussistenza di rapporti familiari con stranieri già residenti in Italia; d’altra parte
la sanzione irrogata all’imputato, seppure costituita da una pena pecuniaria, era
pur sempre convertibile in espulsione anche in sede esecutiva, si che, anche per
tale via, si sarebbe giunti ad un aggiramento dei principi fissati nella direttiva n.
115 del 2008, che richiedeva viceversa un esame caso per caso della situazione
del cittadino extracomunitario da espellere;
II)-violazione della legge penale per avere la sentenza impugnata omesso di
accertare se nel periodo intercorso fra il 14 agosto 2009 ed il 25 febbraio 2010i
quest’ultimo fosse stato o meno espulso, si che era da ritenere violata, sul punto,
la disposizione di cui all’art. 10 bis comma 5 del d.lgs. n. 286 del 1998.

CONSIDERATO IN DIRITTI)

1.11 ricorso proposto dal P.G. presso la Corte d’appello di Firenze è infondato.
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introdotto nel territafrio dello Stato Italiano ed essersi ivi illegalmente trattenuto).

2.11 reato contestato a KAFIF Nabil, cittadino extracomunitario di nazionalità
marocchina, è premisto dall’art. 10 bis del d.igs. n. 286 del 1998, inserito
dall’articolo 1 comma 16 0 lettera a) della legge 15 luglio 2009 n. 94 e consiste
nell’avere egli fatto ingresso ed essersi trattenuto nel territorio dello Stato in
violazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo anzidetto, nonché
in violazione dell’articolo 1 della legge n. 68 del 2007, essendo emerso che il
ricorrente, peraltro rimasto contumace nel giudizio di primo grado, ha fatto
l’ingresso in Italia.
3.La norma in esame ha di recente superato il vaglio di compatibilità con i
principi della Costituzione, avendo la Corte Costituzionale, con sentenza n. 250
del 2010, rilevato che essa non punisce una condizione personale e sociale e cioè
quella di straniero «clandestino» (o, più propriamente, «irregolare»), né
criminalizza un modo di essere della persona, ma punisce un suo specifico
comportamento, costituito dal «fare ingresso» ovvero dal «trattenersi» nel
territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni di legge.
Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta attiva istantanea (il
varcare illegalmente i confini nazionali) ed ad una a carattere permanente di
natura omissiva (il non lasciare il territorio nazionale).
La condizione di “clandestinità” è, in questi termini, frutto di una condotta
penalmente illecita posta in essere dallo straniero e non già un dato preesistente
ed estraneo al fatto, la cui rilevanza penale si correla alla lesione del bene
giuridico costituito dall’interesse dello Stato a controllare e gestire
normativamente i flussi migratori, bene “strumentale”, attraverso cui viene
protetto il bene pubblico finale dell’ordine pubblico, della cui rilevanza
costituzionale non è dato dubitare.
Per tali ragioni non è stata ritenuta arbitraria la predisposizione di una tutela
penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene giuridico di “categoria”, capace
di accomunare buona parte delle norme incriminatrici presenti nel t.u. del 1998.
Sulla base di tali argomentazioni la Corte costituzionale ha ritenuto la norma di
cui all’art. 10 bis d. Igs. n. 286 del 1998 compatibile con alcuni principi della

Carta fondamentale, specificamente e principalmente con quelli desumibili dagli
artt. 2 e 3.
4.La fattispecie contravvenzionale in esame neppure è in contrasto con la
normativa sovranazionale europea, in particolare con la direttiva CE n. 115 del
2008, tanto avendo statuito la Corte di giustizia della Comunità europea con la
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irregolare ingresso in Italia, pur essendo privo di qualsiasi documento valido per

recente decisione del 6 dicembre 2012 emessa sulla domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di Rovigo nel
procedimento penale a carico di Md Sagor, con la quale è stata confermato la
piena compatibilità della fattispecie contravvenzionale in esame con la direttiva
europea anzidetta.
5.La Corte di giustizia della comunità europea, pur avendo escluso, con la
decisione anzidetta, che la direttiva europea n. 115 del 2008 impedisca di
una pena pecuniaria, ha peraltro decretato l’obbligo che ha comunque il giudice
interno di disapplicare la normativa nazionale che, imponendo l’espulsione quale
risposta sanzionatoria penale, non consenta all’interessato di fruire dell’opzione
della partenza volontaria in tutti i casi estranei alla previsione di deroga
dell’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva medesima, e quindi non caratterizzati
da un pericolo di fuga, ovvero da un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica
sicurezza o la sicurezza nazionale ovvero, ancora, dal rigetto, per manifesta
infondatezza o per fraudolenza, di una precedente domanda di soggiorno.
Pertanto un profilo di illegittimità della sentenza impugnata avrebbe potuto
riscontrarsi solo se il Giudice di pace di Prato avesse disposto la sostituzione
della pena pecuniaria inflitta al ricorrente con la misura dell’espulsione, ove
quest’ultima non fosse stata preceduta e sostenuta da un concreto esame della
sua vicenda, e quindi dall’apprezzamento di una delle condizioni idonee a
giustificare la deroga alla regola generale della priorità della procedura di
allontanamento volontario.
Tanto tuttavia non si è verificato nella specie, non avendo il Giudice di pace di
Prato adottato nei confronti dell’imputato, rimasto contumace nel giudizio di
primo grado, alcun provvedimento di espulsione; il che consente di respingere
siccome infondato anche il secondo motivo di ricorso proposto dal P.G. di
Firenze, avente appunto ad oggetto il tema dei rapporti fra la fattispecie
contravvenzionale di cui all’art. 10 bis del d.lgs. n. 286 del 1998, contestata
all’imputato, e la sua espulsione.
6.Anche la giurisprudenza di questa Corte ha più volte statuito che la fattispecie
contravvenzionale di cui all’art. 10-bis d.lgs n. 286 del 1998 non viola la c.d.
direttiva europea sui rimpatri (direttiva Commissione CEE 16 dicembre 2008, n.
115), non comportando essa alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla
direttiva predetta di agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale
degli stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e neppure è in
contrasto con l’art. 7, par. 1 della medesima, il quale, nel porre un termine
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sanzionare il soggiorno irregolare di uno stranero extracomunitario in Italia con

compreso tra i 7 e 30 giorni per la partenza volontaria del cittadino di paese
terzo, non per questo trasforma da irregolare a regolare la permanenza dello
straniero nel territorio dello Stato (cfr., in termini, Cass. Sez. 1, n. 951 del
22/11/2011 (dep. 13/1/2012), Gueye, Rv. 251671),

7.11 ricorso in esame va pertanto respinto.

Così deciso il 23 maggio 2013.

Rigetta il ricorso.

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