Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33241 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33241 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZE’ DOMENICO N. IL 01/11/1963
avverso l’ordinanza n. 215/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
01/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
.4ette/sentite le conclusioni del PG Dott. 44 L -T: itE h“) 7.-(a Nr7

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Data Udienza: 06/06/2013

RITENUTO IN FATTO

2. Avverso la su indicata ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per
cassazione il difensore di fiducia del Mazzè, deducendo i motivi di doglianza qui di
seguito sinteticamente riassunti.
2.1. Violazione dell’art. 606, lett b), c.p.p., in relazione agli artt. 292, 125, n. 3,
c.p.p. e 111 Cost., per difetto assoluto di motivazione, atteso che l’ordinanza
applicativa della custodia cautelare riproduce testualmente il contenuto della richiesta
del P.M. e riporta, poi, un paragrafo, intitolato “Le valutazioni del Giudice”, costituito
esclusivamente da passaggi testuali copiati dalla medesima richiesta del P.M. . Nel
caso di specie, infatti, il G.i.p. non ha espresso, sia pure sinteticamente, le ragioni
della sua adesione all’istanza del P.M., il cui tenore è stato acriticamente trasferito nel
corpo del provvedimento genetico della misura cautelare. Nel provvedimento
coercitivo, dunque, è del tutto assente quel vaglio critico, sia pure sintetico e conciso,
atto a far comprendere ai Tribunale quale sia stato l’iter logico-giuridico seguito nella
valutazione concernente la sussistenza del quadro indiziario.
2.2. Violazione di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione all’art. 273 c.p.p., per
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
2.3. Violazione di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione all’art. 192, comma 3,
c.p.p., in ordine alle dichiarazioni rese da Giordano Salvatore e Arnone Sebastiano,
connotate da chiara inattendibilità e contraddittorietà, senza la conferma di ulteriori
elementi di riscontro probatorio.
2.4. Violazione di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione agli artt. 125, comma 3,
292, commi primo-bis e secondo-ter, c.p.p., 24 e 111 Cost., per difetto assoluto di
motivazione sui punti evidenziati dalla difesa e relativi agli stralci degli interrogatori
resi da Giordano ed Amane, come riportati in seno alla memoria difensiva depositata
all’udienza per il riesame.
2.5. Violazione di cui all’art. 606, lett. e), c.p.p., per mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, avuto riguardo al
travisamento delle emergenze probatorie e, segnatamente, del verbale di
interrogatorio di Giordano Salvatore del 30 luglio 2010, risultante dal testo del
provvedimento, dalla memoria difensiva depositata in sede di riesame e dal su citato
interrogatorio.

3. Con riguardo ai motivi sopra enucleati nei punti dal 2.2 al 2.5, la difesa deduce, in
particolare, che gli interrogatori resi dai predetti collaboratori di giustizia non
forniscono alcuna dettagliata descrizione di fatti specifici di rilievo penale che possano

1. Con ordinanza del 1° Marzo 2013 il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato la
richiesta di riesame proposta da Mazzè Domenica avverso l’ordinanza pronunciata dal
G.i.p. presso il Tribunale di Palermo in data 15 febbraio 2013, con la quale gli veniva
applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione
all’associazione mafiosa denominata “cosa nostra” di cui all’art. 416-bis, commi 1, 3, 4
e 6, cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è parzialmente fondato e va conseguentemente accolto nei limiti e per gli
effetti di seguito esposti e l precisati.
Infondata deve ritenersi la prima censura dal ricorrente formulata, ove si consideri
che l’ordinanza “genetica”, pur richiamando integralmente l’articolata motivazione
posta a fondamento della richiesta del P.M., contiene un paragrafo appositamente
dedicato alle “valutazioni del giudice”, ove si utilizzano, facendone proprie le
correlative argomentazioni, i contenuti di passaggi motivazionali testualmente tratti da
quella stessa richiesta, la cui combinazione quali specifici segmenti di un discorso
giustificativo autonomo consente comunque di rilevare che il primo Giudice ha
effettivamente compiuto una riconoscibile valutazione degli elementi di fatto allegati
alla domanda cautelare, spiegandone la rilevanza in merito alle determinazioni
espresse ai fini dell’affermazione della sussistenza delle condizioni e dei presupposti
della misura coercitiva poi applicata nei confronti del relativo destinatario.
A tale riguardo, invero, deve ribadirsi il quadro di principii in questa Sede ormai da
tempo delineati, secondo cui, in materia di misure cautelar’ personali, non è nulla per
difetto assoluto di motivazione l’ordinanza applicativa in cui risulti trasfusa
integralmente ed alla lettera la richiesta del P.M., sempre che risulti che il giudice,
come coerentemente accertato dal Tribunale nel caso in esame, abbia preso
cognizione del contenuto delle ragioni dell’atto incorporato, senza recepirlo
acriticamente, ma ritenendolo coerente con le proprie determinazioni (Sez. 1, n.
2

contestarsi al Mazzè in maniera individuale ed esclusiva, rilevando solo per un
generico riferimento a soggetti denominati “Mazzè”, che comunque non vengono
indicati come compenetrati, a qualsiasi titolo, nel tessuto organizzativo di “cosa
nostra”, ma come soggetti che occupano abusivamente, con vari espedienti, case
abbandonate, o comunque libere, ubicate nel quartiere “Zen”.
Peraltro, le dichiarazioni accusatorie indirizzate al Mazzè da parte dei predetti
collaboratori di giustizia, secondo cui egli si occuperebbe di compiere
“danneggiamenti” e “rompere le case”, risultano generiche, imprecise e prive di
riscontri individualizzanti, non essendo stato individuato alcun danneggiamento in
concreto riconducibile all’indagato, né potendosi ritenere sufficiente, per suffragare
un’accusa del tipo di quella mossa al Mazzè, il riferimento ad una generica
“disponibilità” priva di ulteriori riscontri.
Nel provvedimento impugnato, inoltre, le dichiarazioni rese dall’Arnone sono state
erroneamente ritenute come intrinsecamente attendibili, mentre la contestazione
formulata in sede cautelare riguarda fatti dal ricorrente commessi fino alla data
dell’arresto, sebbene i collaboratori siano stati in grado di riferire solo fino all’anno
2009.
Infine, sebbene dalle dichiarazioni rese dal Giordano nel corso dell’interrogatorio del
30 luglio 2010 emergesse il fatto che l’attività di occupazione abusiva degli alloggi nel
quartiere “Zen” non era ascrivibile all’associazione maflosa, il Tribunale del riesame ha
ritenuto che quell’attività fosse comunque riconducibile alla predetta associazione, in
tal guisa incorrendo in un palese travisamento delle emergenze probatorie.

6. Fondate, di contro, devono ritenersi le ulteriori censure dal ricorrente prospettate,
dovendosi rilevare, per quel che attiene alla disamina dei vari profili critici
partitamente illustrati in narrativa (v., supra, il par. 3), come le sequenze
motivazionali che compongono l’impugnato provvedimento cautelare mostrino un
andamento incerto e contraddittorio, frutto di un insufficiente approfondimento in
merito alla valutazione dell’effettiva consistenza del panorama indiziario, laddove
trascurano di considerare, sulla base di un congruo supporto critico-argomentativo, i
puntuali rilievi difensivi espressi in merito al contenuto delle dichiarazioni rese il 30
luglio 2010 dal collaboratore Giordano Salvatore, il quale non avrebbe indicato fatti di
abusiva occupazione di alloggi I.A.C.P. nel quartiere Zen di Palermo, specificamente e
direttamente riferibili alla persona dell’indagato, né avrebbe precisato con chiarezza
l’esistenza o meno di un nesso diretto tra quei comportamenti delittuosi, peraltro solo
genericamente attribuiti al Mazzè, ed il più ampio contesto associativo mafioso del
quale egli sarebbe partecipe.
A tale riguardo, in particolare, non vengono precisati il contesto temporale ed i
principali tratti identificativi delle condotte dimostrative del concreto coinvolgimento
dell’indagato all’interno d un’attività parallela di gestione del mercato immobiliare da
parte dell’organizzazione Mafiosa cui egli sarebbe contiguo, né vengono posti in rilievo
i necessari riscontri indiziari ad efficacia individualizzante e gli elementi di univocità e
convergenza che si ritengono desumibili dal contenuto dell’apporto dichiarativo offerto
nell’interrogatorio reso dall’altro collaboratore, Arnone Sebastiano, in data 28 marzo
2011
E’ noto che, sul piano probatorio, la partecipazione ad una associazione di tipo
mafioso può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili
regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo
mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza del soggetto al sodalizio, purché
si tratti di indizi gravi e precisi, come, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle
pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della
qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici e
significativi facta conduclentia, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la
sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento,
peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Sez. 1, n.
1470 del 11/12/2007, dep. 11/01/2008, Rv. 238839).
Occorre altresì rilevare che la messa a disposizione dell’organizzazione criminale,
rilevante ai fini della prova dell’adesione, non può risolversi nella mera disponibilità
eventualmente manifestata nei confronti di singoli associati, quand’anche di livello
apicale, a servizio di loro interessi particolari, ma deve essere incondizionatamente
rivolta al sodalizio, ed essere di natura ed ampiezza tale da dimostrare l’adesione
permanente e volontaria ad esso per ogni fine illecito suo proprio (Sez. 1, n. 26331
del 07/06/2011, dep. 06/07/2011, Rv. 250670).
Nel caso in esame, le denunciate carenze motivazionali risultano evidenti dalla mera
lettura del provvedimento impugnato e dal suo raffronto con le deduzioni, le obiezioni
e gli specifici rilievi svolti dalla difesa in sede di gravame, la cui incidenza appare tale
3

14830 del 28/03/2012, dep. 18/04/2012, Rv. 252274; Sez. 2, n. 13385 del
16/02/2011, dep. 01/04/2011, Rv. 249682).

7. S’impone, conseguentemente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza,
per un nuovo esame sui punti critici sopra evidenziati, che nella piena libertà dei
relativi apprezzamenti di merito, dovrà colmare le su indicate lacune motivazionali,
uniformandosi al quadro diei su esposti principii di diritto in questa Sede elaborati.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma primo-ter, disp.
att. c.p.p. .
Così deciso in Roma, lì, 6 giugno 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

da disarticolare potenzialmente l’assetto motivazionale dell’impugnata decisione in
relazione alla stessa solidità della base indiziaria ivi delineata: sui diversi nodi
problematici sopra evidenziati nessuna convincente risposta è stata offerta nel
percorso motivazionale dell’impugnata ordinanza, che ha omesso di confrontarsi
criticamente, con congrue argomentazioni, sul complesso delle correlative obiezioni
difensive.
Al riguardo, invero, deve osservarsi come costituisca ius receptum, nell’elaborazione
giurisprudenziale di questa Suprema Corte, il principio secondo cui, in materia di
misure cautelari personali, l’obbligo previsto dal secondo comma dell’art. 292, lett. c)bis), cod. proc. pen., di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli
elementi addotti dalla difesa, è imposto sia al giudice che emette l’ordinanza, sia al
tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorchè tali elementi siano
prospettati dinanzi a quest’ultimo (Sez. 1, n. 4777 del 15/11/2011, dep. 07/02/2012,
Rv. 251848; Sez. 1, n. 3473 del 06/05/1999, dep. 07/07/1999, Rv. 213940).

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