Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33240 del 06/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 33240 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposta da:
SGARLATA ROS4R10 N. IL 22/08/1968
avverso l’ordinanzan. 214/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
01/03/2013
sentita la relazione ‘atta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott. R L gr GUE b, o /\-‹. o f■r-r 4
47—

C,9 ltA-fj4.,<-04,2 '1,t2"t ,r/e. Kf4-0 UdibidifensonAvv.; 1N-1-14gQ0 L L -E fr-1 E rvla Ar-r; cL k R Data Udienza: 06/06/2013 RITENUTO IN FATTO 2. Avverso la su indicata ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia di Sgarlata Rosario, deducendo i motivi di doglianza qui di seguito sinteticamente riassunti. 2.1. Violazione dell'art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione agli artt. 292, 125, n. 3, c.p.p. e 111 Cost., per difetto assoluto di motivazione, atteso che l'ordinanza applicativa della custodia cautelare riproduce testualmente il contenuto della richiesta del P.M. e riporta, poi, un paragrafo, intitolato "Le valutazioni del Giudice", costituito esclusivamente da passaggi testuali copiati dalla medesima richiesta del P.M. . Nel caso di specie, infatti, il G.i.p. non ha espresso, sia pure sinteticamente, le ragioni della sua adesione all'istanza del P.M., il cui tenore è stato acriticamente trasferito nel corpo del provvedimento genetico della misura cautelare. Nel provvedimento coercitivo, dunque, è del tutto assente quel vaglio critico, sia pure sintetico e conciso, atto a far comprendere ali Tribunale quale sia stato l'iter logico-giuridico seguito nella valutazione concernente la sussistenza del quadro indiziario. 2.2. Violazione di cui all'art. 606, lett. b), c.p.p., in relazione all'art. 273 c.p.p., per l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. 2.3. Violazione di cui all'art. 606, tett. b), c.p.p., in relazione all'art. 192, comma 3, c.p.p., per quel che attierle alle dichiarazioni rese da Giordano Salvatore e Arnone Sebastiano, connotate da chiara inattendibilità e contraddittorietà, senza la conferma di ulteriori elementi di riscOntro probatorio. 2.4. Violazione di cui all'art. 606, lett. e), c.p.p., per manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, avuto riguardo al travisamento delle emergenze probatorie e o segnatamente, del verbale dell'interrogatorio reso da Giordano Salvatore in data 30 luglio 2010. 3. Con riguardo ai motivi sopra enucleati nei punti dal 2.2 al 2.4, la difesa deduce, in particolare, che le dichiarazioni accusatorie a carico del ricorrente - rese da Giordano Salvatore nell'interrogatorio dell'Il marzo 2010 - risultano generiche e prive di riscontri individualizzanti: sebbene vi si affermi che Sgarlata si occuperebbe di gestire un gruppo di ragazzi incaricati della riscossione del "pizzo" presso diversi esercizi commerciali del quartiere "Zen", o di corrispondere gli stipendi ai detenuti, non è stato individuato alcun esercizio commerciale presuntivamente taglieggiato in quel quartiere, né alcun nominativo delle persone stipendiate in carcere o dei ragazzi "gestiti" dall'indagato ai fini della illecita riscossione di somme presso gli esercizi commerciali. 1. Con ordinanza del l° marzo 2013 il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell'interesse di Sgarlata Rosario avverso l'ordinanza pronunziata dal G.i.p. presso il Tribunale di Palermo in data 15 febbraio 2013, con la quale gli veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione all'associazione mafiosa denominata "cosa nostra" di cui all'art. 416bis, commi 1, 3, 4 e 6, cod. pen. . CONSIDERATO IN DIRITTO 4. Il ricorso è parzialmente fondato e va conseguentemente accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati. 5. Infondata deve ritenersi la prima censura dal ricorrente formulata, ove si consideri che l'ordinanza "genetica", pur richiamando integralmente l'articolata motivazione posta a fondamento della richiesta del P.M., contiene un paragrafo appositamente dedicato alle "valutazioni del giudice", ove si utilizzano, facendone proprie le correlative argomentazioni, i contenuti di passaggi motivazionali testualmente tratti da quella stessa richiesta, la cui combinazione quali specifici segmenti di un discorso giustificativo autonomo consente comunque di rilevare che il primo Giudice ha effettivamente compiuto una riconoscibile valutazione degli elementi di fatto allegati alla domanda cautelare, spiegandone la rilevanza in merito alle determinazioni espresse ai fini dell'affermazione della sussistenza delle condizioni e dei presupposti della misura coercitiva poi applicata nei confronti del relativo destinatario. A tale riguardo, invero, deve ribadirsi il quadro di principii in questa Sede ormai da tempo delineati, secondo cui, in materia di misure cautelari personali, non è nulla per difetto assoluto di motivazione l'ordinanza applicativa in cui risulti trasfusa integralmente ed alla lettera la richiesta del P.M., sempre che risulti che il giudice, come coerentemente accertato dal Tribunale nel caso in esame, abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni dell'atto incorporato, senza recepirlo acriticamente, ma ritenendolo coerente con le proprie determinazioni (Sez. 1, n. 14830 del 28/03/2012, dep. 18/04/2012, Rv. 252274; Sez. 2, n. 13385 del 16/02/2011, dep. 01/04/2011, Rv. 249682). 2 Né, del resto, potrebbe trarsi alcun valido riscontro alla chiamata del Giordano dalle dichiarazioni rese da Arnone Sebastiano in data 11 febbraio 2011, poiché anch'esse generiche e prive dei caratteri della precisione e della specificità: egli, infatti, non manifesta alcuna conoscenza effettiva della riferita circostanza secondo cui lo Sgarlata si sarebbe occupato delle attività di riscossione del "pizzo", subentrando in tale incarico proprio al suo posto. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna convergenza tra le dichiarazioni rese dai due collaboratori, peraltro ritenute, a torto, intrinsecamente attendibili nell'impugnata pronuncia. Un palese travisamento delle emergenze probatorie, infine, risulterebbe dal raffronto degli interrogatori resi dal Giordano, poiché la prova rappresentativa di un certo fatto - ossia, la dichiarazione secondo cui l'occupazione abusiva di case, posta in essere dallo Sgarlata per conto dei Mazzè, non riguardava propriamente le attività di "cosa nostra" - non è stata esaminata dal Tribunale del riesame, che ha affermato l'esistenza di un fatto invece negato dalle risultanze processuali. Dal tenore letterale delle dichiarazioni rese da Giordano Salvatore nell'interrogatorio del 30 luglio 2010, infatti, emerge chiaramente che i Mazzè, per conto dei quali lo Sgarlata avrebbe effettuato occupazioni abusive, danneggiamenti o effrazioni, non sono affiliati a "cosa nostra" e che, comunque, l'attività di occupazione abusiva degli alloggi posta in essere nel quartiere "Zen" "non fa parte della mafia". dovendosi rilevare, per quel che attiene alla disamina dei vari profili critici partitamente illustrati in narrativa (v., supra, il par. 3), come le sequenze motivazionali che compongono l'impugnato provvedimento cautelare mostrino un andamento incerto e cootraddittorio, frutto di un insufficiente approfondimento in merito alla valutazione dell'effettiva consistenza del panorama indiziario, laddove trascurano di considerare, sulla base di un congruo supporto critico-argomentativo, i puntuali rilievi difensivi espressi in merito alla genericità del contenuto delle dichiarazioni rese dal collaboratore Giordano Salvatore, il quale non avrebbe indicato specifici fatti estorsivi commessi in danno di esercizi commerciali del quartiere Zen di Palermo e direttamente riferibili alla persona dell'indagato, né avrebbe precisato con chiarezza i nominativi delle persone detenute cui sarebbero state corrisposte somme di denaro a titolo di "stipendio", sì da evidenziare l'esistenza di un nesso diretto tra quei comportamenti delittuosi - unitamente agli altri fatti di danneggiamento, occupazione abusiva di alloggi ed effrazione, costituenti anch'essi, peraltro, oggetto di generica narrazione - ed il più ampio contesto associativo mafioso del quale egli si sarebbe reso partecipe alle dipendenze e per conto dei Mazzè. A tale riguardo, inoltre, non vengono posti in rilievo i necessari riscontri indiziari ad efficacia individualizzante e gli specifici elementi di univocità e convergenza che si ritengono desumibili dal Contenuto dell'apporto dichiarativo offerto negli interrogatori resi dall'altro collaboratore di giustizia, Arnone Sebastiano, ed in particolare in quello svoltosi in data 11 febbraio 2011, laddove egli non sembra esprimersi in termini di necessaria certezza sulla riferita circostanza di fatto secondo cui Rosario Sgarlata, all'esito di una riunione temporalmente collocata nel mese di settembre del 2009, avrebbe effettivamente pCeso il suo posto nelle attività di riscossione del pizzo. E' noto che, sul piano probatorio, la partecipazione ad una associazione di tipo mafioso può essere desqnta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attiflenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza del soggetto al sodalizio, purché si tratti di indizi gravi e precisi, come, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici e significativi facta concludentia, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall'imputazione (Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007, dep. 11/01/2008, Rv. 238839). Occorre altresì rilevare che la messa a disposizione dell'organizzazione criminale, rilevante ai fini della prova dell'adesione, non può risolversi nella mera disponibilità eventualmente manifestata nei confronti di singoli associati, quand'anche di livello apicale, a servizio di loro interessi particolari, ma deve essere incondizionatamente rivolta al sodalizio, ed essere di natura ed ampiezza tale da dimostrare l'adesione permanente e volontaria ad esso per ogni fine illecito suo proprio (Sez. 1, n. 26331 del 07/06/2011, dep. 06/07/2011, Rv. 250670). Nel caso in esame, le denunciate carenze motivazionali risultano evidenti dalla mera lettura del provvedimento impugnato e dal suo raffronto con le deduzioni, le obiezioni 3 6. Fondate, di contro, devono ritenersi le ulteriori censure dal ricorrente prospettate, 7. S'impone, conseguentemente, l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, per un nuovo esame sui punti critici sopra evidenziati, che nella piena libertà dei relativi apprezzamenti di merito, dovrà colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei su esposti principii di diritto in questa Sede elaborati. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma primo-ter, disp. att. c.p.p. . Così deciso in Roma, lì, 6 giugno 2013 Il Consigliere estensore Presidente e gli specifici rilievi svolti dalla difesa in sede di gravame, la cui incidenza appare tale da disarticolare potenzialmente l'assetto motivazionale dell'impugnata decisione in relazione alla stessa sokdità della base indiziaria ivi delineata: sui diversi nodi problematici sopra evidenziati nessuna convincente risposta è stata offerta nel percorso motivazionale dell'impugnata ordinanza, che ha omesso di confrontarsi criticamente, con congrue argomentazioni, sul complesso delle correlative obiezioni difensive. Al riguardo, invero, deve osservarsi come costituisca ius receptum, nell'elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, il principio secondo cui, in materia di misure cautelari personali, l'obbligo previsto dal secondo comma dell'art. 292, lett. c)bis), cod. proc. pen., di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa, è imposto sia al giudice che emette l'ordinanza, sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorchè tali elementi siano prospettati dinanzi a quest'ultimo (Sez. 1, n. 4777 del 15/11/2011, dep. 07/02/2012, Rv. 251848; Sez. 1, n. 3473 del 06/05/1999, dep. 07/07/1999, Rv. 213940).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA