Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33238 del 03/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33238 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
DI RISO GERARDO N. IL 25/07/1981
avverso l’ordinanza n. 9365/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
27/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO
CARCANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 03/05/2013

Ritenuto in fatto
1.11 Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli impugna l’ordinanza in
epigrafe indicata con la quale è stata annullato il provvedimento del giudice per le indagini
preliminari che applicò a Gerardo Di Riso la custodia cautelare in carcere perché indagato per il
delitto di concussione per induzione per avere, quale concessionario dei servizi cimiteriali per
conto del Comune di Lettere, indebitamente preteso in circa settanta occasioni somme di danaro
non dovutegli per l’esercizio di attività cimiteriali già ricomprese nei regolamenti e previste dalle

Ad avviso del giudice del riesame, De Riso avrebbe legittimamente percepito le somme
richieste, poiché

ati le ulteriori attività rispetto alla riesumazione non erano previste in tabelle.

Si trattava di somme lecite e l’avere omesso di informare gli utenti della gratuità dell’attività di
esumazione – già regolata da tariffa – l’avere omesso di informare che le altre attività potevano
essere realizzate da chiunque altro operatore non integra il delitto di concussione.
Peraltro, rileva il giudice del riesame, non vi è prova che il ricorrente abbia ingannato i
cittadini, prospettando che la sostituzione delle lettere non poteva essere realizzata da terzi. Ciò
esclude che vi sia stata una condotta inquadrabile nella condotta di induzione. In ogni caso, per il
giudice del riesame, la corresponsione di danaro a De Riso non è da ritenere indebita, avendo egli
eseguito lavori che non rientravano nell’oggetto dell’appalto con il Comune.
2. Il ricorrente deduce l’erronea applicazione della legge in relazione all’art. 317 c.p.
Ad avviso del ricorrente, il quadro indiziario è univoco nel senso che la condotta mediante la
quale gli utenti versavano somme di danaro era riconducibile all’induzione in quanto
regolamento di polizia mortuaria, con riferimento alle cassette e alle targhe in marmo 1è stabilito
l’onere di fornitura da parte dell’ente locale con espresso divieto del privato di provvedere di sua
iniziativa, mentre per le cassette è prevista una specifica tariffa le cui somme sono da
corrispondere al Comune con le modalità previste dagli altri servizi.
Quanto alle scritte sulle lapidi, sebbene vi sia una libera scelta del privato, in regolamento è
disciplinata la tipologia dei materiali e delle tecniche prescelte per la loro realizzazione nonché la
preventiva approvazione del testo dall’ufficio tecnico comunale.
Anche se le somme percepite da De Riso avessero una causale lecita, ad avviso del
ricorrente, potrebbe in ogni caso configurarsi il reato, in quanto ciò che rileva sono le modalità
della condotta nel senso che, là dove vi sia stato un abuso della funzione o di una posizione di
preminenza, le somme versate sono indebite.
Considerato in diritto
Il ricorso, sebbene articolato su una violazione di legge, è diretto a ottenere una
rivalutazione della condotta in concreto avuta dell’imputato. Tale elemento è stato oggetto di
adeguata e completa valutazione da parte del giudice del riesame, sulla base degli elementi
acquisiti agli atti delle indagini.

tabelle.

Come posto in rilèvo in narrativa, il giudice del riesame ha descritto i dati indiziati e ha poi
fornito su essi un’argomentata valutazione circa la mancanza di elementi tali dai quali avere la
prova della configurabilità di una costrizione e di un assoggettamento all’abuso di potere da parte
del pubblico ufficiale
E’ oramai diritto vivente che, in

sede

di

ricorso per cassazione, sono rilevabili

esclusivamente i vizi di motivazione che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità
del discorso argomentativo svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione e che
il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non é possibile

degli elementi materiali e fattuali delle vicende oggetto del giudizio.
Pertanto, gli elementi posti a base dell’ordinanza impugnata, riassunti nei loro punti
significativi, sono stati oggetto di un’esauriente motivazione, nel rispetto dei canoni di ordine
logico che debbono orientare le scelte per una corretta qualificazione giudica dei fatti.
Peraltro, l’incompletezza del quadro indiziario, la cui evoluzione sui punti posti a fondamento
dell’attuale decisione, non preclude una diversa ricostruzione e qualificazione giuridica dei fatti
nel corso delle ulteriori fasi del procedimento
Il ricorso è, dunque, inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2013
onsigliere estensore

Il Presidente

procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi probatori o a un diverso esame

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