Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33231 del 03/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 33231 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RONSIS VALLE DAVID N. IL 09/02/1983
avverso la sentenza n. 414/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
20/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. DOMENICO CARCANO
e ,
Udito il Procuratore qenerale in persona piel,Dptt.
,–Ifft
)-xcuck
che ha concluso per

Udito, per la pari civile, l’Avv
Udii i difens Avv.

Data Udienza: 03/05/2013

Ritenuto in fatto
1.David Ronsisvalle impugna la sentenza della Corte d’appello di Catania
che ha confermato la pronuncia di condanna del giudice di primo grado per il
delitto di evasione continuata.
A fronte dei motivi d’appello volti a contestare la pluralità degli episodi di
evasione e la non configurabilità dell’elemento soggettivo del reato nonché la

condiviso le conclusioni cui è giunto il giudice di primo grado, tenuto conto che
Ronsisvalle, oltre a essere ben consapevole di essere agli arresti domiciliari, ha
violato più volte le prescrizioni di non allontanarsi dalla propria abitazione, come
accertato in occasione dei controlli più volte effettuati dagli organi di polizia. Del
resto, i parenti si sono limitati ha riferire, in occasione dei controlli, che
Ronsisvalle non era in casa.
2.La difesa deduce:
-vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 385 c.p.,
perché il giudice ha errato nel considerare la sussistenza di più episodi di
evasione, poiché e risultato che dal 29 giugno 2004 Ronsisvalle non ha fatto più
rientro nella propria abitazione e per tal motivo la condotta non può che
considerarsi unica e ad effetti permanenti. Anche i verbalizzanti hanno riferito
che il Ronsisvalle non ebbe più a fare rientro nella propria abitazione.

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile, per essere diretto a proporre questioni relative a
valutazioni di merito, motivate correttamente in ogni loro profilo circa la
configurabilità della sussistenza di più condotte collegate a diversi e reiterati
accertamenti degli organi di polizia.
Il giudice d’appello, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, ha
descritto i fatti e sviluppato il ragionamento probatorio in coerenza con gli
elementi di prova descritti in motivazione.
La violazione di una medesima norma penale accertata in varie occasioni
da parte degli organi di polizia è sufficiente a far ritenere la continuazione tra
condotte relative a singoli reati e, come tali, dimostrative della loro preventiva e
unica ideazione e rivelatrici una pluralità di reati.

La ricostruzione dei fatti, come descritta in narrativa, è stata ampiamente e
correttamente giustificata dal giudice d’appello e s . aratterizza per la chiarezza

sussistenza degli elementi richiesti per ritenere la recidiva, la Corte d’appello ha

2

dimostrativa delle ragioni per le quali è stata confermata l’affermazione di
responsabilità.
3.11 ricorso è , dunque, inammissibile per manifesta infondatezza e per
avere proposto censure non consentite nel giudizio di legittimità e, a norma
dell’art.616 c.p.p., il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle
spese processuali, a versare una somma, che si ritiene equo determinare in euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di C 1000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2013.

richieste dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n.186.

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