Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33220 del 17/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 33220 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 17/05/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BARBU ALEXANDRU LAURENTIU N. IL 14/11/1989
SILISTEANU COSTINEL N. IL 30/10/1984
avverso la sentenza n. 3716/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
17/09/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA; UDIENZA del 17/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. jet_s.L. 0
che ha concluso per .„€ /
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
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59.”7-2

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 17 settembre 2012 la torte d’appello di Roma in riforma della sentenza
pronunciata dal kribunale di Roma, all’esito del giudizio abbreviato, che aveva condannato in
data 2 febbraio 2012 Barbu Alexandru Laurentiu e Silisteanu Costine’ per tentata rapina
aggravata e lesioni, revocava la pena accessoria applicata agli imputati confermando nel resto
la sentenza.

impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione. Contestano la valutazione delle prove operata dai giudici di
merito sottolineando come le dichiarazioni della persona offesa e dell’autista
dell’autobus siano in netto contrasto su molteplici rilevanti aspetti;
2. vizio della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza della desistenza volontaria;
3. violazione di legge e vizio della motivazione per erronea applicazione degli articoli
202,203 e 235 codice penale in relazione all’articolo 8 Cedu , nonché per l’inosservanza
degli articoli 202, 235, 8 CEDU , artt. 27 e 28 Direttiva 2004/38/CE e art. 20 D.Ig.
30/2007 e, comunque per assenza di motivazione in relazione all’applicazione delle
misure di sicurezza dell’allontanamento del territorio dello Stato. Sostengono che la
corte territoriale non ha adempiuto all’obbligo di accertamento in concreto della
pericolosità sociale e che comunque sono state omesse tutte quelle specifiche verifiche
richieste dall’articolo 8 CEDU e dalla direttiva richiamata, ovvero tutti quegli
accertamenti volti a salvaguardare il diritto alla vita familiare dell’imputato e l’esistenza
di cause impeditive all’allontanamento.

Le doglianze esposte nel primo motivo di ricorso si risolvono In generiche censure in punto di
fatto che tendono unicamente a prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di
causa, ma che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una
sentenza, come quella impugnata che appare congruamente e coerentemente motivata proprio
In punto di responsabilità del ricorrente per tutti i reati contestati.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Per costante giurisprudenza di questa
Suprema Corte per configurare l’ipotesi della desistenza è necessario che la determinazione del
soggetto agente di non proseguire nell’azione criminosa si sia verificata al di fuori di cause che
ne abbiano impedito la prosecuzione o l’abbiano resa vana (cfr. ad es. Cass. Sez. 1^ n. 46179
del 2.12.2005, dep. 19.12.20Q5;conf. Cass. n. 17688/2004; Cass. n. 35764/2003; Cass. n.
5560/86). Fra tali cause va annoverata – sempre in virtù di insegnamento (antico e costante)
di questa Corte Suprema – non solo la resistenza opposta dalla parte offesa, ma anche
l’intervento di qualsiasi fattore esterno tale da impedire il prosieguo dell’azione o da renderlo
vano (cfr. Cass. Sez. 6^ n. 6113 del 25.2.94, dep. 25.5.94; Cass. Sez. 6^ n. 11952 del
6.4.90, dep. 29.8.90; Cass. Sez. 4″ n. 2097 del 21.12.88, dep. 11.2.89; Cass. Sez. 5^ n.

Ricorrono per cassazione gli imputati presentando due ricorsi. Deducono che la sentenza

7696 del 30.4.73, dep. 5.11.73; Cass. Sez. 1^ n. 306 del 29.3.71, dep. 30.9.71). Nella specie
i giudici di merito hanno rilevato che gli imputati si erano allontanati dall’autobus a seguito
dell’intervento del conducente Mirandola Manuele, come dallo stesso riferito nelle richiamate
sommarie informazioni. Sostengono i ricorrenti il travisamento della prova. Sul punto deve
rilevarsi che è ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio della c.d.
“autosufficienza” del ricorso in base al quale quando la doglianza fa riferimento ad atti
processuali, la cui valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del

dell’integrale contenuto degli atti specificatamente indicati o la loro allegazione (ovviamente
nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), essendo precluso alla Corte l’esame
diretto degli atti del processo, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza
dalla stessa articolazione del ricorso (cfr. Cass. n. 20344/06; Cass. n. 20370/06; Cass. n.
47499/07; Cass. n. 16706/08)
Al giudice di legittimità resta infatti tuttora preclusa – in sede di controllo della motivazione – la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal
giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa: un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice
del fatto.
I ricorrenti – in violazione del canone della autosufficienza del ricorso, il quale rappresenta la
necessaria esplicazione del requisito della specificità dei motivi, laddove la impugnazione, come
nel caso di specie, inerisca a elementi extra testuali – hanno trascurato di rappresentare
compiutamente (e di documentare) le emergenze processuali che sorreggono la loro doglianza
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso che ripropone le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi lo stesso considerare, per di
più, non specifico. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza
cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma
primo, lett. c), I giudici d’appello premesso che agli effetti penali la
pericolosità sociale rilevante ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza consiste nel
pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata autonomamente dal giudice che
deve tener conto , come indicato da questa Corte Sez. 1, Sentenza n. 40808 del 14/10/2010
Rv. 248440, dei parametri desumibile dall’art. 133 cod. pen. hanno ritenuto, sulla scorta di una
valutazione in fatto, incensurabile in questa sede, perché congruamente motivata, la
sussistenza in concreto di detta pericolosità.
I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.
2

ricorrente suffragare la validità del proprio assunto mediante la completa trascrizione

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deliberato in Roma il 17.5.2013

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