Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33214 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 33214 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUNGELLI FRANCESCO N. IL 01/01/1977
avverso l’ordinanza n. 190/2014 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del
14/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
14W/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 11/07/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 14/03/2014 il Tribunale di Lecce ha rigettato la richiesta di
riesame proposta nell’interesse di Francesco Mungelli avverso l’ordinanza del
locale G.i.p. applicativa della custodia cautelare in carcere.
Il Mungelli è indagato per appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso,
denominata Sacra Corona Unita.
Il Tribunale ha fondato il giudizio di gravità del quadro indiziario sulle
dichiarazioni del collaboratore di giustizia Alessandro Verardi, sugli assidui

indicato come il referente del primo, sugli esiti delle intercettazioni ambientali in
carcere delle conversazioni tra Andrea Leo e la sua compagna.
2. Nell’interesse del Mungelli è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli artt.
267, comma 4, e 271 cod. proc. pen., per avere il Tribunale ritenuto utilizzabili
gli esiti delle intercettazioni, sebbene queste ultime fossero state eseguite non
dal ROS di Lecce o dalla Polizia penitenziaria, in forza della subdelega autorizzata
dal P.M., ma da tale Ettore Tagarelli. Il ricorrente, in particolare, sottolinea, per
un verso, che la possibilità di subdelega è esclusa in radice dall’art. 267 del
codice di rito e, per altro verso, che, nonostante le contrarie affermazioni del
Tribunale, non era dato individuare alcun decreto del 20/11/2012, con il quale il
P.M. aveva autorizzato la P.G. ad avvalersi del personale e delle apparecchiature
della società TEST, della quale il Tagarelli era il rappresentante.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli
artt. 192, comma 3, 272, 273 cod. proc. pen. e 416 bis cod. pen., sottolineando:
la genericità del racconto del Verardi e l’assenza di riscontri al narrato del
collaboratore.
A quest’ultimo riguardo, si rileva: a) che l’accertata paternità dell’indagato
rappresenta un elemento inidoneo a confermare la presenza di quest’ultimo
all’incontro riferito dal collaboratore; b) che la frequentazione del Mungelli con il
Penza era tutt’altro che assidua, visto che si sarebbe esaurita in quattro incontri
tra il marzo e l’ottobre 2010, a fronte di una contestazione che copre il periodo
2009 – 2013; c) che le conversazioni tra il Leo e la compagna avevano un
contenuto ambiguo e comunque tale da non consentire di individuare il Mungelli
nel “Checco” del quale i due parlavano, anche in ragione del fatto che, nel corso
dello stesso colloquio, in un brano si desume che un “Checco” è detenuto – a
differenza, in quel momento, del Mungelli -, mentre in altro brano emerge che
altro “Checco” è libero, con la conseguenza che non era possibile comprendere a
quale dei due si riferissero le circostanze emergenti dalla conversazione; d) che,
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rapporti di frequentazione tra il Mungelli e Marco Penza, dal collaboratore

in ogni caso, l’inerzia del “Checco” del quale il Leo si lamentava con la
compagna, lungi dal confermare l’ipotesi accusatoria, ne rivelava l’inconsistenza.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Per quanto riguarda l’impiego della Polizia penitenziaria nelle operazioni di
registrazione, va rilevato che la censura è infondata, per l’assorbente ragione
che il provvedimento del 22/11/2012 del P.M. contiene un esplicito riferimento
alla stessa come organo incaricato delle operazioni di registrazione dei colloqui.

intercettazione da parte di personale di polizia giudiziaria diverso da quello
incaricato dal pubblico ministero (Sez. 2, n. 46919 del 30/11/2011, Magni, Rv.
251212).
Quanto all’ulteriore articolazione della censura, si osserva che, dallo stesso
verbale di intercettazione prodotto dal ricorrente, emerge che, in realtà, le
operazioni sono appunto state condotte da personale della Polizia penitenziaria e
che l’intervento della Test si è limitato alla installazione degli strumenti di
captazione, talché deve escludersi in radice che ricorra il presupposto fattuale
della doglianza.
2. Appare, invece, fondato il secondo motivo.
I riscontri esterni alla chiamata di correità richiesti dall’art. 192 cod. proc. pen.,
possono, infatti, consistere in elementi di qualsivoglia natura anche di carattere
logico, ma che, oltre ad essere individualizzanti, e quindi avere direttamente ad
oggetto la persona dell’incolpato in relazione allo specifico fatto a questi
attribuito, debbono essere esterni alle dichiarazioni accusatorie, allo scopo di
evitare che la verifica sia circolare ed autoreferente (Sez. 6, n. 1249 del
26/09/2013 – dep. 14/01/2014, Ceroni, Rv. 258759).
Ciò posto, le dichiarazioni del Verardi, secondo il quale il Mungelli, affiliato del
Penza, all’epoca latitante, avrebbe partecipato ad un incontro tra il primo e il
terzo, nel corso del quale era maturato un accordo tra i due, trovano,
nell’apparato argomentativo, del Tribunale salentino elementi fattuali di riscontro
di non univoco significato, giacché il fatto che il Verardi fosse a conoscenza della
paternità dell’indagato dimostra che si tratta di fonte informata, ma non vale, di
per sé, a corroborare la presenza dell’indagato al menzionato incontro, al pari dei
quattro controlli valorizzati dal Tribunale, che si collocano in un periodo
significativamente precedente rispetto all’incontro del settembre 2011.
Infine, l’ordinanza impugnata non risolve la questione dell’identificazione tra il
Mungelli e i due “Checco” dei quali sembra che si parli nella conversazione del
26/01/2013. Né il dubbio può essere superato attraverso la considerazione che
non risultano altri soggetti, chiamati “Checco” o Francesco, facenti parte del
2

E ciò senza dire che non integra alcuna nullità l’esecuzione delle operazioni di

gruppo del Penza. Ciò sia perché siffatto argomento presuppone ciò che
dovrebbe essere dimostrato, ossia che il Mungelli ne faccia parte, sia perché
l’ambiguità del dato emergente dalla conversazione non può essere risolta con
un elemento privo di univocità, come la mancata conoscenza di tutti i
componenti del gruppo del quale si parla.
3. In conclusione, l’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio al Tribunale di
Lecce, per nuovo esame.
P.Q.M.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 11/07/2014

Il Componente estensore

Il Presidente

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame.

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