Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33196 del 27/06/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33196 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: AMORESANO SILVIO

Data Udienza: 27/06/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) Anagni Mariano

nato il 2.11.1957

avverso l’ordinanza del 6.3.2013
del Tribunale di Massa
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Aldo Policastro, che ha
chiesto rigettarsi il ricorso

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1. Con ordinanza in data 6.3.2013 il Tribunale di Massa rigettava la richiesta di riesame,
proposta nell’interesse di Anagni Mariano, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso
dal GIP del Tribunale di Massa il 9.11.2012 ed avente ad oggetto il fabbricato sito in via Pascoli
n.21 Massa di proprietà dell’Anagni.
Ricordava II Tribunale che, a seguito dl accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, era emerso
che la società Compagnia Lavia Anagni srl, di cui Anagni Mariano era rappresentante legale,
aveva omesso di versare all’Erario per l’anno 2008 l’importo pari ad euro 124.010,99 (somma
relativa a ritenute certificate), per cui si procedeva per il reato di cui all’arti° bis D.L.vo
74/2000.
Tanto premesso, nel disattendere la richiesta di riesame, rilevava il Tribunale che sussisteva il
fumus dei reato ipotizzato e che, non essendo stata rinvenuta dalla G.d.F. la somma
sufficiente per coprire l’ammontare delle imposte non versate, in via residuale era stato
disposto il sequestro dell’immobile.
2. Ricorre per Cassazione Anagni Mariano, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo
motivo la inosservanza e violazione dell’art.322 ter c.p. e l’apparenza della motivazione.
La confisca per equivalente riguarda i beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato e
solo quando non sia possibile va disposta in ordine ai beni dl cui l’indagato abbia la
disponibilità.
Il P. M., a seguito del decreto di sequestro preventivo del GIP, demandava alla Polizia tributaria
di Massa Carrara di eseguire opportune indagini all’esito delle quali ordinava l’esecuzione del
sequestro dl due conti correnti intestati ad Anagni Mariano.
Non si è tenuto conto però che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, per
procedere con li sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, è necessaria l’assoluta
Impossibilità di eseguire il sequestro in forma specifica del prezzo o del profitto del reato (vale
a dire nel caso di specie le somme che la società avrebbe dovuto versare all’Erario).
Il Tribunale con motivazione apparente ha ritenuto che non fosse stata rinvenuta la somma di
denaro sufficiente per coprire l’ammontare delle ritenute non versate, senza che sia stato
effettuato alcun accertamento in ordine alla impossibilità di eseguire il sequestro del prezzo o
del profitto del reato (eppure, come risulta dagli atti, sul c/c della società erano presenti ben
114.369,41 euro).
Con il secondo motivo denuncia l’illegittimità del provvedimento per superamento del valore
complessivo del profitto. Il sequestro è stato effettuato per un valore pari ad euro 124.010,99,
corrispondente alle somme asseritamente non versate all”Erario.
Dagli atti di indagine risulta però che tali somme ammontavano ad euro 85.359,99. Il
Tribunale ha ritenuto, con motivazione apparente e senza tener conto di quanto emergeva
dalla comunicazione inviata dall’Agenzia delle Entrate, che la somma per cui si era proceduto
al sequestro fosse corretta, dovendosi considerare anche le sanzioni e gli interessi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è Infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Il ricorrente non tiene conto che Il profitto conseguito era rappresentato dalle somme che
avrebbero dovuto essere versate all’Erario.
E, secondo la giurisprudenza di questa Corte “…nei casi in cui il profitto consiste nel denaro,
appare difficile sostenere l’applicabilità di quella giurisprudenza che subordina l’operatività del
sequestro alla verifica che il profitto del reato sia confluito effettivamente nella disponibilità
dell’indagato (Cass.sez.5, 3 luglio 2002v n.32797, P.M. in proc.Silletti; Cass.sez.3, 20 marzo
1996 n.1343, P.M. in proc.Centofanti), in quanto trattandosi di sequestro per equivalente,
tale necessità deve ritenersi superata. Subordinare l’operatività del sequestro (o la confisca)
per equivalente a tale condizione vorrebbe dire negare la stessa funzionalità della misura e
ristabilire la necessità di un nesso pertinenziale tra res e reato che la legge non richiede. In
questo tipo di confisca il denaro oggetto di ablazione non è necessariamente il denaro
proveniente dal delitto, ma una somma di denaro che equivale a quella, cioè il tandundem, che

2

RITENUTO IN FATTO

3. Quanto al dedotto omesso sequestro di beni della società (si assume che sui c/c della
stessa era depositata una rilevante somma di denaro), secondo la giurisprudenza di questa
Corte, “Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art.19 del
Digs. 8 giugno 2001. n.231,, non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona
giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della
società, atteso che gli artt.24 e ss. del citato D.L.gs. non prevedono i reati fiscali tra le
fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in
cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato per commettere gli illeciti”
(cfr. Cass.pen. sez. 3 n. 1256 del 19.9.2012; conf. Cass. Sez. 3 n.25774 del 14.6.2012; Cass.
Sez. 3 n.15349 del 23.10.2012).
4. In ordine, poi, al secondo motivo va ricordato che, a norma dell’art.325 c.p.p., il ricorso per
cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge.
Secondo le sezioni unite di questa Corte ( sentenza n.2/2004, Terrazzi), nei concetto di
violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di
motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme
processuali, quali ad esempio l’art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le
ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo
mezzo dl annullamento dall’art.606 lette) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non
risultante dal testo del provvedimento.
4.1. Il Tribunale con motivazione pertinente, e non certo apparente o apodittica, ha ritenuto
che il debito verso l’Erario ammontasse esattamente ad euro 124.010,99, come risultava
dall’accertamento fiscale (pag.4 ordinanza).
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 27.6.2013

corrisponde solo per valore al prezzo o al profitto del reato. In conclusione, nel caso
dell’art.322 ter c.p. la confisca per equivalente non presuppone la dimostrazione del nesso
pertinenziale tra reato e somme confiscate (o sequestrate) e, inoltre, viene meno la necessità
di verificare, preliminarmente, se il bene sia entrato o meno nel patrimonio dell’indagato per
tentarne il recupero. Sono infatti assoggettabili alla confisca di cui all’art.322 ter c.p. beni nella
disponibilità dell’imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo
del reato (Cass.sez.6, 27 gennaio 2005 n.11902, Baldas )”- cfr.Cass.sez.6 n.31692 del
5.6.2007; conf.Cass.sez.3 n.25129 del 17.4.2008; Cass.sez.2 n.24167 del 16.5.2003; e più di
recente Cass.pen. sez. 3 n.1261 del 25.9.2012 e Cass. Sez. 3 n. 7081 del 24.1.2012).
E’ stato escluso, quindi, anche alla luce della Decisione-quadro del Consiglio dell’Unione
europea 2005/212/GAI, “che la confisca per equivalente prevista dall’art.322 ter cod.pen. e,
quindi, il sequestro preventivo ad essa finalizzato, postulino l’esistenza di un nesso di
pertinenzialltà tra i beni da confiscare ed il reato addebitato al soggetto che ne dispone, atteso
che, con detta decisione, il Consiglio dell’Unione europea, lungi dal voler restringere i limiti di
applicabilità dell’istituto in discorso, come se, in precedenza, le legislazioni degli Stati membri
ne consentissero l’applicazione in misura eccessiva o arbitrario, ha invece inteso imporre
soltanto una disciplina minima uniforme in funzione della repressione di reati ritenuti di
particolare allarme sociale e nocività economica (principio affermato, nella specie, a fronte
della tesi difensiva secondo cui la Decisione summenzionata consentirebbe la confisca , e
quindi il sequestro, di beni solo se legati al reato da vincolo eziologico diretto o, quanto meno,
derivanti da sproporzione tra il patrimonio del soggetto e il suo reddito legittimo)”
cfr.Cass.sez.2 n.10838 del 20.12.2006.
L’esclusione della necessità di un nesso di pertinenzialità tra i beni da confiscare ed il reato
addebitato è confermata da Cass.sez.6 n.31692 del 5.6.2007, Cass.sez.6 n.11902 del
27.1.2005 cit.; Cass.sez.6 n.7250 del 19.1.2005.

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