Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33172 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33172 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCROFANI CARMELO N. IL 25/09/1967
avverso l’ordinanza n. 2/2013 TRIB. LIBERTA’ di RAGUSA, del
24/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. AL-00 PoucAlgm
eer.
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 24 gennaio 2013, il Tribunale di Ragusa ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 10 gennaio
2013 avente ad oggetto un’area, alcune vasche e una concimaia, in relazione al reato
di cui all’art. 137, comma 14, del d.lgs. n. 152 del 2006.
2. – Avverso l’ordinanza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, chiedendone l’annullamento.

della disposizione incriminatrice e la mancanza assoluta di motivazione, quanto alla
sussistenza del

fumus commissi delicti,

perché non si sarebbero presi in

considerazione gli specifici aspetti del trattamento degli effluenti di allevamento e
dello stoccaggio dei materiali palabili, regolamentati dagli artt. 6 e 7 del decreto
assessoriale regionale del 17 gennaio 2007.
2.2. – L’erronea applicazione della disposizione incriminatrice e la mancanza
assoluta di motivazione sono dedotte, con un secondo motivo di doglianza, anche in
relazione all’esistenza dell’autorizzazione rilasciata dal Comune il 27 ottobre 2009,
rispetto alla quale il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che si trattava della
voltura dell’autorizzazione per acque reflue assimilabili a quelle domestiche e, dunque,
diverse dai rifiuti palabili da allevamento. Rileva la difesa che non si sarebbe preso in
considerazione, in particolare, il fatto che la pregressa autorizzazione si riferiva anche
ai reflui zootecnici provenienti dall’attività agricola, tanto che avrebbe dovuto essere
ritenuta configurabile almeno la buona fede dell’indagato.
– Si rileva, in terzo luogo, l’erronea applicazione della norma incriminatrice
in relazione al mancato rispetto delle indicazioni dell’art. 112 del d.lgs. n. 152 del
2006 e del decreto assessore regionale del 17 gennaio 2007, in relazione alla ritenuta
mancanza della comunicazione di cui all’articolo 18 del predetto decreto e
dell’autorizzazione per il trattamento degli effluenti palabili da allevamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – I motivi di ricorso – che possono essere trattati congiuntamente in quanto
riferiti alla motivazione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti sotto il
profilo della mancanza di autorizzazione, del mancato rispetto dell’art. 112 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 e del decreto assessoriale regionale n. 14587 del 2007 non sono fondati.
L’art. 137, comma 14, del decreto-legge n. 152 del 2006 sanziona penalmente
chiunque effettui l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di
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2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si deducono l’erronea applicazione

vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e
piccole aziende agroalimentari di cui all’art. 112, al di fuori dei casi e delle procedure
ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività
impartito a norma di detto articolo. È del pari sanzionato chiunque effettui
l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa
vigente.
Il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione di tale disposizione,
indicate nell’art. 112 del d.lgs. n. 152 del 2006, e negli articoli 6 e 7 del decreto
assessoriale regionale 17 gennaio 2007, n. 14587. In particolare, l’art. 18 di tale
ultimo decreto disciplina la comunicazione a cui è subordinata l’utilizzazione
agronomica degli effluenti zootecnici e delle acque reflue provenienti dagli allevamenti
e dalle piccole aziende agroalimentari, precisando che la stessa deve essere inviata al
sindaco del Comune dove sono ubicati i terreni, alla Provincia e alla Commissione
provinciale per la tutela dell’ambiente almeno 60 giorni prima dell’inizio dell’attività.
Lo stesso articolo attribuisce al sindaco il potere di impartire specifiche prescrizioni,
sia nel caso di mancata comunicazione sia nel caso di mancato rispetto delle norme
tecniche e delle prescrizioni impartite. Lo stesso Tribunale ha precisato che a nulla
rileva, a tal fine, la pregressa voltura dell’autorizzazione allo scarico del refluo
zootecnico e dei reflui civili e di lavaggio delle attrezzature, perché essa si riferisce
esclusivamente allo scarico di acque reflue assimilabili a quelle domestiche ex art. 28
del d.lgs. n. 152 del 2006 e non all’utilizzazione agronomica di rifiuti palabili da
allevamento che, nel caso di specie, erano presenti al momento del sequestro nella
misura di oltre 20 m 3 nonché in eccedenza dentro la concimaia. L’illiceità della
condotta tenuta dall’indagato risulta, del resto, confermata – prosegue il Tribunale dal fatto che la comunicazione dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici
era stata trasmessa, ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. n. 152 del 2006, solo
successivamente al sequestro.
Né possono valere a contrastare la corretta e coerente ricostruzione operata dal
Tribunale le generiche affermazioni della difesa riferite al contenuto del precedente
provvedimento autorizzatorio, trattandosi, per dì più, di rilievi in punto di fatto riferiti
ad una circostanza che già stata oggetto di valutazione da parte dello stesso
Tribunale, il quale ha evidenziato che sia il contenuto sia le tipologie di rifiuti oggetto
di detto provvedimento autorizzatorio erano in concreto del tutto diversi rispetto a
quelle oggetto dell’ipotizzata illecita utilizzazione agronomica. Né, del resto, la difesa
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perché ha evidenziato che, nel caso in esame, non risultano rispettate le procedure

ha inteso precisare quale fosse l’esatto contenuto di detta autorizzazione quanto ai
tempi, ai luoghi, alle modalità e alle prescrizioni impartite.
4, – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.

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