Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33170 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33170 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIUDICE BENIAMINO N. IL 14/08/1942
avverso l’ordinanza n. 207/2012 TRIB. LIBERTÀ’ di SALERNO, del
23/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONI° ;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ALPo PO u CASSY9 r thq.
(;Net,An lAnte\ %1psiur4/10 Ocx-e 002910401 2/i (r1Pvcref4rA
Q ety.,Pt CAP b
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DEPOSITATA IN CANCELLERIA

IL

Udit) Wifenso* Avv.G-1

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A- ír° 1-1 P’

3 1 LUG 2013

Data Udienza: 09/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 23 maggio 2012, il Tribunale di Salerno ha rigettato la
richiesta di riesame avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip
del Tribunale di Vallo della Lucania il 23 marzo 2012, avente ad oggetto l’area
demaniale abusivamente occupata dall’indagato, in relazione ai reati di cui agli artt.
44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, 734 cod. pen., 181 del d.lgs. n.
42 del 2004, 54 e 1161 cod. nav., per avere realizzato un intero stabilimento
alterato le bellezze naturali, in mancanza di autorizzazione paesaggistica, permesso di
costruire e concessione demaniale marittima.
2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di impugnazione, si denuncia la violazione degli
artt. 54 e 1161 cod. nav., nonché dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 400 del
1993, convertito dalla legge n. 494 del 1993, e modificato dall’art. 10 della legge n.
88 del 2001, nonché dall’art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009,
convertito dalla legge n. 25 del 2010. Contesta, in particolare, la difesa che il
Tribunale avrebbe ritenuto che le opere realizzate non erano state rimosse, pur in
mancanza di un rinnovo della concessione demaniale rilasciata con scadenza al 31
dicembre 2007. Rileva la stessa difesa che la concessione demaniale marittima del
ricorrente n. 4 del 2002 era stata rilasciata sotto il vigore della legge n. 88 del 2001,
la quale, all’articolo 10, aveva stabilito la proroga automatica delle concessioni
demaniali marittimi dotate di finalità turistico-ricreative, per i 6 anni successivi alla
scadenza naturale del 31 dicembre 2007 e, dunque, fino al 31 dicembre 2013, senza
necessità alcuna di atti di proroga o di rinnovo. Il richiamato art. 10 della legge n. 88
del 2001 avrebbe, in sostanza, conferito un vero e proprio diritto al rinnovo
automatico della concessione demaniale marittima con finalità turistico-ricreative
senza lo svolgimento di alcuna nuova attività istruttorie. Il richiamo operato dal
Tribunale del riesame alla legge n. 25 del 2010 al fine di negare la validità e l’efficacia
della concessione demaniale n. 4 del 2002 è – secondo l’ipotesi difensiva inconferente con il caso di specie, perché, al momento dell’entrata in vigore di detta
legge, la concessione demaniale dell’indagato già beneficiava del rinnovo automatico
per altri 6 anni, a partire dal 31 dicembre 2007 in forza del richiamato art. 10 della
legge n. 88 del 2001. Si tratterebbe, del resto, di finalità perfettamente compatibile
con i principi comunitari, perché tra questi ultimi, oltre al principio della concorrenza,

balneare, in zona demaniale marittima sottoposta a vincolo paesaggistico, avendo

vi è il principio della tutela del legittimo affidamento; con la conseguenza che il
Tribunale del riesame non avrebbe potuto disapplicare la normativa invocata dal
ricorrente.
2.2. – Con un secondo motivo di doglianza, si prospetta la violazione dell’art.
44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, sul rilievo che il Tribunale
avrebbe ritenuto sussistente il fumus commissi delicti sulla scorta di generiche
sommarie indagini della polizia giudiziaria, senza l’esame della documentazione
autorizzatori delle opere oggetto di sequestro preventivo. Non si sarebbe considerato,
in particolare, che si trattava di opere sanabili, nell’ambito di un procedimento non
ancora definito, con la conseguenza che non avrebbe potuto essere portata ad
esecuzione l’ordinanza di rimozione delle opere stesse. Si sarebbe disattesa, poi, la
perizia giurata allegata alla concessione demaniale n. 4 del 2002, la quale asseverata
la conformità delle opere eseguite all’autorizzazione edilizia comunale.
2.3. – Con un terzo motivo di doglianza, si rileva l’erronea applicazione dell’art.
181 del d.igs. n. 42 del 2004, perché, in presenza di opere edilizie completate, non
opererebbe il limite temporale di efficacia, pari a 5 anni, del nullaosta paesaggistico
già rilasciato in data 4 giugno 2003, come allegato alla memoria difensiva in atti. Le
parziali difformità contestate sarebbero «state assoggettate al procedimento di
compatibilità ambientale».
2.4. – Si rileva, in quarto luogo, l’erronea applicazione dell’art. 734 cod. pen., in
mancanza di motivazione circa l’alterazione e il deturpamento delle bellezze naturali.
2.5. – Con un quinto motivo di doglianza, si lamenta che la motivazione del
Tribunale sulla sussistenza del periculum in mora sarebbe carente, in mancanza di
riferimenti alla concretezza e attualità del pericolo stesso, non essendo sufficiente il
semplice fatto che le opere fossero state realizzate in zona sottoposta a vincolo

relativa al procedimento amministrativo che aveva portato al rilascio dei titoli

paesaggistico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – Il primo motivo di impugnazione – con cui si lamenta che il Tribunale non
avrebbe preso in considerazione il fatto che la concessione demaniale del 2002 era
stata prorogata per ulteriori 6 anni dalla data di scadenza del 31 dicembre 2007 in
forza della normativa all’epoca applicabile – è infondato.
3.1.1. – Non vi è dubbio che, in relazione alla concessione in esame, che veniva
a scadenza il 31 dicembre 2007, trovasse in astratto applicazione ratione temporis –

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come ritenuto dal ricorrente – l’art. 01, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 494 del 1993, nel testo vigente in forza
della sostituzione operata dall’art. 10, comma 1, della legge n. 88 del 2001.
Detto articolo – che è stato abrogato dall’art. 11, comma 1, della legge 15
dicembre 2011, n. 217 (Disposizioni per l’adempimento dì obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010),
stabiliva che le concessioni di beni demaniali marittimi «di cui al comma 1,
delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente
per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo
comma dell’art. 42 del codice della navigazione. Le disposizioni del presente comma
non si applicano alle concessioni rilasciate nell’ambito delle rispettive circoscrizioni
territoriali dalle autorità portuali di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84».
L’abrogazione, come espressamente chiarito dalla legge n. 217 del 2011 che
l’ha disposta, si è resa necessaria per chiudere la procedura di infrazione n.
2008/4908 avviata ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea e per rispondere all’esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un
quadro normativo stabile che, conformemente ai principi comunitari, consentisse lo
sviluppo e l’innovazione dell’impresa turistico-balneare-ricreativa. In particolare
l’instaurazione della procedura d’infrazione e la conseguente abrogazione della norma
derivavano da un contrasto della normativa interna con la direttiva n. 2006/123/CE
nella parte in cui, con l’art. 12, comma 2, esclude il rinnovo automatico della
concessione, oltre che con i principi del Trattato in tema di concorrenza e di libertà di
stabilimento.
Era frattanto intervenuto il di. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, che aveva
prorogato i termini di scadenza delle concessioni di beni demaniali marittimi con
finalità turistico-ricreative dapprima al 31.12.2005 e, successivamente, con le
modifiche apportate dal D.L. 18 ottobre 2012, convertito nella L. 17 dicembre 2012,
n. 221, al 31.12.2020. Come rilevato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 213 del
2011), il menzionato d.l. n. 194 del 2009, art. 1, comma 18, ha «carattere transitorio
in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di
beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento,
sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel
rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio,
dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli

indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento

investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al
citato art. 37, secondo comma, cod. nav. La finalità del legislatore è stata, dunque,
quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di
consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l’ammortamento degli
investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza
Stato-Regioni».
3.1.2. – Ciò posto, nel caso di specie non può essere condiviso l’assunto
anni, alla scadenza del 31.12.2007, fino al 31.12.2013 (in base al disposto del
richiamato d.l. n. 400 del 1993).
Deve, infatti, procedersi alla disapplicazione del d.l. n. 400 del 1993, art. 01,
tenendo conto di quanto recentemente rilevato, sul punto, dalla giurisprudenza
amministrativa (Cons. Stato, sez. 6, 29 gennaio 2013, n. 525), il quale ricorda che la
Corte Costituzionale ha ripetutamente rilevato (con le sentenze nn. 213 del 2011, 340
del 2010, 233 del 2010 e 180 del 2010) che le disposizioni che prevedono proroghe
automatiche di concessioni demaniali marittime violano l’art. 117, primo comma,
Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di
diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza. E ciò, in quanto l’automatismo
della proroga della concessione determina una disparità di trattamento tra gli
operatori del settore, violando i principi di concorrenza, perché a coloro che in
precedenza non gestivano il demanio marittimo è preclusa, alla scadenza della
concessione, la possibilità dì prendere il posto del precedente gestore, se non nel caso
in cui questi ometta di richiedere la proroga o la chieda senza un valido programma di
investimenti.
Condivisibilmente il giudice amministrativo afferma che, in conseguenza del
rilevato contrasto, vi è un obbligo di disapplicazione della norma per il periodo in cui è
stata in vigore, da cui deriva la caducazione di eventuali taciti rinnovi delle
concessioni, in ragione del venire meno del presupposto normativo su cui si
fondavano.
3.1.3. – Collocando, dunque, la scadenza della concessione demaniale al 31
dicembre 2007, come ha fatto il Tribunale del riesame, rimane da risolvere l’ulteriore
questione concernente l’applicabilità, nella fattispecie, del richiamato d.l. n. 194 del
2009; applicabilità che i giudici hanno escluso sul presupposto che mancherebbe una
espressa richiesta da parte del soggetto interessato.
Tale conclusione è condivisibile.
5

difensivo secondo cui la concessione demaniale è stata prorogata tacitamente per 6

Invero, se anche la disposizione richiamata non prevede espressamente una
richiesta di proroga quale presupposto per il rinnovo, la necessità di tale presupposto
si ricava dal tenore generale della disposizione.
In effetti, come osservato nel provvedimento impugnato, la proroga è
applicabile soltanto ad alcune tipologie di concessione, il che impone una verifica da
parte dell’amministrazione competente ed, inoltre, il termine fissato dalla legge deve
ritenersi come un termine massimo che non preclude la possibilità, per il
proroga sia contenuta entro un termine inferiore. Va inoltre considerato, in linea
generale, che la proroga , riguardando una concessione valida ed ancora in essere,
presuppone la verifica di tale condizione e la permanenza dei requisiti richiesti per il
suo rilascio, il che implica, ancora una volta, l’esigenza di una verifica.
La necessità di una espressa richiesta è inoltre esplicitamente riconosciuta dalla
circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 6105 del 6 maggio 2010,
la quale individua gli organi competenti al rilascio del titolo, cosicché è evidente che
detti organi debbano essere attivati dal privato interessato, e specifica, ulteriormente,
che della proroga venga dato atto con annotazione sul provvedimento concessorio
mediante l’apposizione della dicitura «Validità prorogata sino al 31 dicembre 2015 ai
sensi del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, art. 1, comma 18, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25», prevedendo dunque, anche in
questo caso, che l’interessato si attivi in tal senso.
La stessa annotazione è richiesta anche dalla successiva circolare n. 46 del 21
marzo 2012, che riguarda, tuttavia, concessioni diverse da quelle riferite all’uso o
scopo turistico-ricreativo.
Ne deriva, quanto al caso di specie, che la concessione doveva ritenersi
ampiamente scaduta al momento del disposto sequestro e che il demanio marittimo
era abusivamente occupato dallo stabilimento balneare realizzato dall’indagato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, il reato di cui agli artt. 54 e
1161 cod. nav. si configura non soltanto attraverso l’occupazione del suolo demaniale
in assenza di concessione, ma anche quando l’occupazione, effettuata sulla base di
una autorizzazione stagionale, si protragga oltre il termine della stagione balneare, ciò
in quanto la natura pluriennale del titolo abilitante esonera il concessionario dalla
richiesta annuale, ma non esclude l’obbligo di rimuovere quanto collocato al termine
del periodo di utilizzo previsto (ex plurimis, sez. 3, 23 maggio 2007, n. 19962; sez. 3,
18 maggio 2006, n. 17062) nonché quando l’occupazione del demanio si protrae oltre
6

concessionario, di richiedere ed ottenere che, per sue esigenze, l’efficacia della

la scadenza della concessione sino al rilascio della nuova, pur già richiesta

(ex

plurimis, sez. 3, 26 luglio 2011, n. 29910; sez. 3, 28 aprile 2010, n. 16495; sez. 3, 2
maggio 2007, n. 16570; sez. 3, 24 gennaio 2003, n. 3535).
3.2. – Il secondo motivo di doglianza – con cui si prospetta la violazione dell’art.
44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, sul rilievo che il Tribunale
avrebbe ritenuto sussistente il fumus commissi delicti sulla scorta di generiche
sommarie indagini della polizia giudiziaria, senza l’esame della documentazione
autorizzatori delle opere oggetto di sequestro preventivo e senza considerare che si
trattava di opere sanabili, nell’ambito di un procedimento non ancora definito – e il
terzo motivo, concernente l’autorizzazione paesaggistica, possono essere
unitariamente trattati, in considerazione dell’intima correlazione esistente tra i due
provvedimenti, poiché l’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo è un
presupposto dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio.
3.2.1. – Va in primo luogo rilevato che deve escludersi ogni dipendenza tra tali
titoli abilitativi e la concessione demaniale, diversi essendo í presupposti per il rilascio,
in quanto il permesso di costruire legittima l’esecuzione di interventi di trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio secondo la relativa disciplina e dando concreta
attuazione alle scelte operate con gli strumenti di pianificazione, l’autorizzazione
paesaggistica concerne una valutazione circa l’incidenza di un intervento sull’originario
assetto dei luoghi soggetti a particolare protezione, mentre la concessione demaniale
è diretta a consentire il godimento del bene demaniale entro i limiti stabiliti dal
provvedimento.
Occorre poi ricordare che il permesso di costruire è senz’altro richiesto per
l’esecuzione di opere stagionali, differenziandole da quelle precarie che, per la loro
stessa natura e destinazione, non comportano effetti permanenti e definitivi
sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo
abilitativo. L’opera stagionale, diversamente da quella precaria, non è, infatti,
destinata a soddisfare esigenze contingenti ma ricorrenti, sia pure soltanto in
determinati periodi dell’anno e, per tale motivo, è soggetta a permesso di costruire
(ex plurimis, sez. 3, 26 settembre 2011, n. 34763; sez. 3, 13 giugno 2011, n. 23645;
sez. 3, 13 giugno 2007, n. 22868).
La mancata rimozione dell’opera stagionale allo spirare del termine stagionale
configura, inoltre, il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001: in tale ipotesi,
infatti, la responsabilità discende dal combinato disposto del medesimo art. 44 e
7

relativa al procedimento amministrativo che aveva portato al rilascio dei titoli

dell’art. 40, secondo comma, cod. pen,, per la mancata ottemperanza all’obbligo di
rimozione insito nel proyvedimento autorizzatorio temporaneo (ex plurimis, sez. 3, n.
23645 del 2011; sez. 3, 29 novembre 2010, n. 42190; sez. 3, 11 settembre 2006, n.
29871).
3.2.2. – Tali principi trovano piena applicazione nel caso di specie, in cui le
opere realizzate avevano carattere stagionale e non erano state rimosse alla fine della
stagione balneare. Dette opere, per ammissione delle stesso ricorrente, erano, inoltre,
paesaggistico, tanto che per le stesse sarebbe stata necessaria una sanatoria.
3.3. – Per quanto riguarda il quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che il
Tribunale, nel confermare la misura reale, ha specificamente richiamato la violazione
edilizia e la violazione dell’art. 1161 cod. nav. ai fini della valutazione sulla sussistenza
dei presupposti di applicabilità del sequestro, cosicché non rileva la mancanza di una
espressa verifica del fumus dell’ulteriore reato contestato, di cui all’art. 734 cod. pen.
Ne consegue l’inammissibilità, per mancanza di decisività, di detta doglianza.
3.4. – Infondato è il quarto motivo di ricorso, relativo al periculum in mora.
Deve infatti rilevarsi che il Tribunale lo ha correttamente ravvisato: a)
nell’impatto ambientale, anche visivo non indifferente causato dalla presenza delle
opere ritenute abusive e che avrebbero dovuto essere rimosse al termine di ogni
stagione balneare; b) in considerazione della natura permanente del reato di
occupazione del suolo demaniale e della necessità di impedire il protrarsi di tale illecita
situazione.
Tale ultima affermazione appare, del resto, in linea con la giurisprudenza di
questa Corte, la quale ha ripetutamente riconosciuto la possibilità di procedere al
sequestro al fine di impedire il protrarsi di una illecita occupazione dì suolo pubblico
che lo sottrae alla fruizione pubblica (ex multis, sez. 3, 3 aprile 2012, n. 12504; sez.
3, 12 ottobre 2006, n. 34101; sez. 6, 31 gennaio 2001, n. 3947).
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.

comunque difformi da quanto assentito sia sul piano urbanistico sia sul piano

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