Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33169 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33169 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

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sul ricorso proposto da:
MIRANDA ANGELO N. IL 28/10/1931
avverso l’ordinanza n. 1861/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
10/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;
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letkilsentite le conclusioni del PG Dott. PLOO PUut Vi■ rivo
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 10 ottobre 2010, il Tribunale di Napoli ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Noia il 23 settembre
2012 ed avente per oggetto una abitazione, composta da piano interrato, piano terra
e primo piano con copertura a falde inclinate, nonché da un’area esterna adibita a
giardino, sulla quale insiste una piscina, in relazione al reato di cui all’art. 44, comma
1, lettera b), del d.P.R. n. 380 del 2001.

cassazione, rilevando, con unico motivo di doglianza, la contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, nonché la violazione dell’art. 157 cod. pen.
Sostiene il ricorrente che il Tribunale non avrebbe preso in considerazione la
documentazione (decreto di perquisizione, dichiarazioni assunte dalla difesa,
fotografie realizzate dalla polizia municipale) dalla quale risultava che le opere
presuntivamente abusive erano state ultimate fin dal giugno del 2006, essendosi
limitato ad affermare che la circostanza doveva essere provata «con maggior
pregna nza».
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo non sufficientemente
specifico. Il ricorrente si limita, infatti, ad asserire – senza minimamente prendere in
considerazione la motivazione del provvedimento impugnato – che il Tribunale non
avrebbe preso in considerazione la prova dell’avvenuta ultimazione delle opere al più
tardi nel giugno del 2006.
E ciò, a fronte di una motivazione pienamente adeguata sotto tale profilo,
perché basata sul dato, correttamente ritenuto decisivo, dei rilievi fotografici, dai quali
emerge che l’opera, non può dirsi ultimata, perché priva dell’impiantistica e degli
infissi, dotata di una scala incompleta e di un piano interrato anch’esso incompleto.
Più specificamente, quanto alla piscina, non vi è prova della sua istallazione, non
essendo sufficiente la prova del momento dell’acquisto della struttura e non avendovi
fatto riferimento nessuna delle persone discusse.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.

2

2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per

proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.

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