Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33166 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33166 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

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sul ricorso proposto da:
DI LEO ANTONINA N. IL 12/06/1942
avverso l’ordinanza n. 14/2011 TRIB. LIBERTA’ di PRATO, del
05/04/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;
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lega/sentite le conclusioni del PG Dott. PILOO °L% (PcS%R.
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Udit i difensor Avv.;
Uditi

331° ‘ L.

Data Udienza: 09/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 5 aprile 2011, il Tribunale di Prato ha rigettato l’appello
presentato dall’interessata avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di dissequestro e
restituzione della somma di C 105.415,80 emessa dal Gip dello stesso Tribunale l’8
febbraio 2011. La ricorrente è la madre di un’indagata nei confronti della quale era
stato emesso un decreto di sequestro preventivo di un conto corrente in cui la Sisal
s.p.a. aveva versato la somma di C 210.831,60 quale corrispettivo della vincita di una

giocata da madre e figlia con i proventi di altra vincita al gioco e, dunque, la metà
della somma vinta doveva essere ritenuta appartenente alla ricorrente.
Il Tribunale aveva respinto l’appello rilevando che non vi era prova della
contitolarità della vincita in capo alla ricorrente.
2. – Avverso l’ordinanza l’interessata ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, deducendo la mancanza di motivazione circa la valutazione delle
prove documentali prodotte e, in particolare, del verbale della Guardia di Finanza di
Napoli del 8 luglio 2010, dal quale risultava che, in occasione della notifica del decreto
di sequestro preventivo, l’interessata aveva consegnato la schedina vincente in
questione e aveva riferito che la metà della somma vinta le apparteneva perché la
scommessa era stata fatta dalla figlia insieme con lei, con denaro di proprietà
comune. Sostiene la difesa che l’attestazione dei verbalizzanti circa la proprietà della
somma vinta costituisce accertamento assistito da fede privilegiata, superabile solo
con la querela di falso e che, pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto indicare le ragioni
per le quali riteneva non affidabile tale verbale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo manifestamente
infondato.

schedina. Secondo la prospettazione della stessa ricorrente la schedina era stata

Palesemente erroneo è, infatti, l’assunto della difesa secondo cui il verbale della
Guardia di Finanza con la quale erano state raccolte le dichiarazioni della ricorrente
circa la sua proprietà di parte della vincita farebbe fede fino a querela di falso in
relazione alla vantata proprietà.
Deve ribadirsi, sul punto, che, a norma dell’art. 2700 cod. civ., l’atto pubblico,
qual è il verbale in questione, fa piena prova, fino a querela di falso, solo della
provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e delle
dichiarazioni che il pubblico ufficiale attesta avvenute in sua presenza, ma non certo
della veridicità di tali dichiarazioni.

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Ne consegue che, del tutto correttamente, il Tribunale ha respinto l’appello
rilevando che vi è prova in atti del possesso della schedina e dell’incasso della stessa
da parte della sola indagata e non anche della madre di questa.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.

alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.

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