Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33163 del 13/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 33163 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIOTOLA GIUSEPPE N. IL 03/05/1957
avverso l’ordinanza n. 404/2007 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
05/06/2007
sentita la relazione fatta dal Consigliere Do t. ELISABETTA JOSL
lett /sete le conclusioni de,fG Dott.
‘,0

dit i difensor Avv.;

Data Udienza: 13/03/2013

Ritenuto che il giudiCe per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 5 giugno 2012, ha
rigettato l’incidente di esecuzione proposto da Ciotola Giuseppe, volto ad
ottenere la revoca per aboliti° criminis, della sentenza n. 972 del 24 maggio
1995 (irrevocabile il 3 luglio 1995) emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di
Napoli, con la quale era stata applicata la pena ex art, 444 c.p.p, di 1 milione e
500.000 lire di multa, per il delitto di cui all’art. 4, lett. d) della legge n, 516 del
1982, perché, in qualità di amministratore della Villa S. Antonio, al fine di

illeciti rimborsi, utilizzava due fatture dell’anno 1991 relative ad operazioni
inesistenti emesse dalla srl Co.E.CAM. Costruzioni edili campane, per un totale
imponibile di 85.820.000 di lire;
che il difensore del Ciotola ha proposto ricorso per Cassazione chiedendo
l’annullamento dell’ordinanza lamentando violazione dell’art. 606 lett. e) c.p.p.,
per contraddittorieta della motivazione rispetto alla sentenza n. 972 del 1995 e
gli atti di quel procedimento. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno
statuito che la condotta contestata al ricorrente non è più prevista dalla legge
come reato, posto che la vigente incriminazione richiede che la condotta di
utilizzo della fattura sia seguita dalla presentazione della dichiarazione annuale
dei redditi. Il gitglice dell’esecuzione ha negato l’istanza sulla base del
presupposto che dalla sentenza si evincerebbe che le fatture emesse in favore
della società di cui il Ciotola era amministratore sarebbero state recepite nella
dichiarazione dei redditi, mentre tale circostanza non si evince a seguito della
lettura della sentenza;

Considerato che deve essere ricordato che, a seguito della modifica apportata ai
reati tributari dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non costituisce più reato
l’utilizzazione di f4ture o di altri documenti relative ad operazioni inesistenti
mediante il loro mero inserimento in contabilità (già prevista e punita dalla D.L.
10 luglio 1982, n. 429, art. 4, lettera d), convertito nella L. 7 agosto 1982, n.
516), trattandosi di una condotta solo prodromica o strumentale rispetto alla
fraudolenta indicazione di elementi passivi fittizi in una delle dichiarazioni annuali
relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto;
che si tratta di un’abrogazione solo parziale, in quanto, qualora i dati delle
fatture o degli altri documenti per operazioni inesistenti siano stati recepiti in una
delle dichiarazioni annuale relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto,
della quale costituiscano il presupposto fraudolento per la mendace indicazione
di componenti negativi in misura diversa da quella effettiva, tale condotta – già
sanzionata dal D.L. n. 429 del 1982, art, 4, lettera f), convertito nella L. n. 516
del 1982 – mantiene rilevanza penale e integra ancora reato, segnatamente

evadere e far evadere le imposte sui redditi e VIVA o comunque di far conseguire

quello previsto e punito dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 (Cfr: Sez. 3, n. 1996 del
25/10/2007, dep. 15/1/2008, Figura, Rv. 238545);
che di conseguenza il giudice dell’esecuzione ha fornito congrua motivazione,
priva di smagliature logiche sul punto, circa il fatto che i fatti contestati al
Ciotola, sui quali lo stesso e la pubblica accusa avevano prestato il consenso
all’applicazione dello pena, consistevano nell’utilizzazione delle fatture per
operazioni inesistenti, nel senso del recepimento del stesse tra i contenuti
oggetto della dichiailazione dei redditi;

ha affermato che sull’elenco fornitori della srl Villa 5. Antonio risultava la
fatturazione passivo della CO.E.CAM., deve sempre essere letta nella sua
completezza, tenuto conto soprattutto del capo di imputazione sul quale il
consenso delle parti all’applicazione della pena si è formato, posto che “l’atto
contenente la contestazione dell’addebito costituisce parte integrante della
sentenza” (cfr. Sez6, n. 48765 del 6/12/2012, dep. 17/12/2012, P.G. in proc.
Ricciardi, Rv. 254104);
che nel capo di imputazione ascritto al ricorrente è stato esplicitamente indicato
che le due fatture furono utilizzate al fine di evadere le imposte, in tal modo
risultando integrati i contenuti del reato tipizzato dal vigente art. 3 del D.Igs n.
74 del 2000;
che pertanto il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2013

Il consigliere estensore

Il Presidente

che la sentenza di patteggiamento, pur munita di motivazione sintetica, laddove

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