Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3316 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3316 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Valente Annunziata, nata a Napoli il 28.12.1967,
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli, in data 27.5.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Oscar Cedrangolo, il
quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 7.5.2013, il Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Napoli dispose la custodia cautelare in carcere di Valente
Annunziata, indagata per i reati di rapina aggravata consumata e tentata e
lesioni aggravate.

Data Udienza: 08/01/2014

Avverso tale provvedimento l’indagata propose istanza di riesame ed il
Tribunale di Napoli, con ordinanza del 27.5.2013, confermò il provvedimento
impugnato.
La misura era stata emessa per reati emersi successivamente all’emissione
di altro provvedimento restrittivo riformato in sede di riesame con la sostituzione
degli arresti domiciliari alla custodia in carcere.
Ricorre per cassazione l’indagata deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta

n. 2 cod. pen. in relazione alla somministrazione alle vittime di un
farmaco contenente benzodiazepine in un bicchiere di vino (nel caso
di Napoli Antonio) ed in una tazzina di caffè (nel caso di D’Amore
Maria), così determinando uno stato di incapacità di volere e di
agire; lo stato di incapacità di volere o di agire dovrebbe sempre
essere conseguenza di cuna condotta violenta e non potrebbe
consistere nella semplice somministrazione di un farmaco; nel caso
in esame la somministrazione del farmaco sarebbe avvenuta
attraverso una condotta ingannatrice, priva di ogni forma di
aggressione o coazione fisica;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza di gravi indizi di reato sia in ordine alla sussistenza di
gravi indizi di reato della rapina e lesioni in danno di Napoli Antonio
(capi a, b), sia in ordine alla ritenuta sussistenza della violenza nella
somministrazione di un farmaco; la responsabilità dell’indagata
sarebbe stata desunta solo dall’identità del modus operandi, con
generico richiamo ai filmati e dalle dichiarazioni di Napoli senza
alcuna valutazione dell’attendibilità dello stesso, tanto più che costui
ha presentato la denunzia dopi più di due mesi dai fatti e delle
condizioni di confusione mentale del denunziante; nessun
accertamento è stato effettuato in ordine all’assunzione del
farmaco; le modalità di perpetrazione di altri episodi non sarebbero
identiche e Napoli sarebbe stato preso di mira anche da altre
persone.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso è infondato.
Sussiste il delitto di rapina aggravata, di cui all’art. 628, terzo comma n. 2
cod. pen., qualora la violenza, che caratterizza tale reato e lo differenzia da

sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 628 comma 3

quello di furto, consista nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire,
che può essere procurata anche mediante l’uso di sostanze stupefacenti o con
qualsiasi altro mezzo. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10075 del 20/01/1987 dep.
28/09/1987 Rv. 176727).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure
di merito.
Il Tribunale ha ravvisato nei filmati effettuati nell’appartamento di Napoli
Antonio modalità identiche a quelle tenute dalla Valente in altre occasioni ai

danni di anziani e che fosse inverosimile che nel breve lasso temporale un’altra
persona potesse aver preso di mira il Napoli.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1

ter,

delle

disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa
sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagata trovasi
ristretta perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo
94.

P.Q.M.

3

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.

Così deliberato il giorno 8.1.2014.

Piercamillo Davigo

Il Presidente

r) Ciro Pett*

Il Consigliere estensore

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