Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 33144 del 06/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 33144 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CORSARO VINCENZO N. IL 21/05/1962
avverso la sentenza n. 1826/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 18/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 06/05/2014

R.G. 44995/2013
Considerato che:
Corsaro Vincenzo ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 18/7/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di Palermo del
30/11/2011 con la quale è stato condannato alla pena di anni uno e mesi quattro
di reclusione ed € 400,00 di multa per il reato di ricettazione, chiedendone
l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.;
deduce l’erronea applicazione della legge penale con riguardo alla sussistenza

recidiva.
Quanto al primo motivo, la Corte territoriale, nel confermare la sentenza
di primo grado, si è adeguata al costante orientamento della giurisprudenza di
legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione è
necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza
che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e
completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato
presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché siano
tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la
comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Del
resto questa Corte ha più volte affermato che la conoscenza della provenienza
delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e
quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza
della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con
un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458;
sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265). Nella sentenza
impugnata le spiegazioni palesemente false in ordine alla legittima acquisizione
del titolo risultato rubato si pongono come coerente e necessaria conseguenza di
un acquisto illecito. Del resto, come questa Corte ha recentemente affermato
(Sez.U. n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324; sez. 1 n. 27548 del
17/6/2010, Screti, Rv. 247718) l’elemento psicologico della ricettazione può
essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della
rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza
della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi
desumere da semplici motivi di sospetto, né potendo consistere in un mero
sospetto.
Quanto all’applicazione della recidiva, si è fatto, legittimamente,
riferimento alle numerose condanne già riportate proprio per ricettazione.

dell’elemento psicologico del delitto di ricettazione ed all’applicazione della

Le su esposte considerazioni impongono di dichiarare inammissibile il
ricorso, perché i motivi sui quali è fondato risultano manifestamente infondati.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1000,00.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 6 maggio 2014

Il Consigl’ re estensore

P.Q.M.

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