Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3314 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3314 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Signorini Nadia, nata a Parma il 23.5.1965,
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Milano del 12.6.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Letta la requisitoria del sostituto procuratore generale il quale ha concluso
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile,

ritenuto in fatto

Con ordinanza del 12.6.2013 la Corte d’appello di Milano dichiarò
inammissibile l’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza
18.5.2011 del Tribunale di Monza proposta da Signorini Nadia.

Data Udienza: 08/01/2014

Avverso tale provvedimento ricorre Signorini Nadia tramite il difensore
deducendo:
1. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in quanto la
dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di restituzione del termine si
fonderebbe su un’errata interpretazione dell’art. 175 comma 2 bis cod.
proc. pen. in quanto la conoscenza effettiva dalla quale far decorrere il
termine di decadenza non potrebbe che coincidere con la precisa
cognizione da parte dell’interessato degli estremi del provvedimento,

individuare il momento in cui la conoscenza si è verificata; nel caso in
esame la effettiva conoscenza è stata desunta dal rilascio del certificato
del casellario giudiziale nel quale non sarebbero indicati gli estremi della
condanna, sicché tale certificato non avrebbe consentito, di per sé di
entrare in possesso della sentenza di condanna; in ogni caso il certificato
del casellario non indica la data di consegna dello stesso; le
argomentazioni della Corte d’appello sulla crocetta apposta nella richiesta
alla voce diritti di urgenza non sarebbero dirimenti; peraltro non
esistendo un registro dal quale risulti la data di ritiro del certificato,
l’interessata avrebbe potuto richiederne uno ulteriore, aggirando
l’ipotizzata decadenza; la debolezza dell’argomentazione è evidenziata
laddove la Corte afferma che, a seguito dell’ottenimento di copia del
certificato del casellario giudiziale, Signorini Nadia avrebbe potuto
richiedere copia della sentenza, il che evidenzia l’insufficienza del dato
contenuto in tale certificato ai fini della conoscenza;
2. violazione della legge processuale e vizio di motivazione laddove la Corte
d’appello, nonostante la ritenuta decadenza, ha comunque compiuto una
valutazione di merito rilevando che non veniva contestata la ritualità
dell’avviso di conclusione delle indagini; in realtà nell’istanza era stato
evidenziato che la mancanza dell’avviso di ricevimento con espressa
indicazione della persona che l’aveva ricevuto, non consentiva di
affermare l’effettiva conoscenza del procedimento; sul punto
mancherebbe motivazione;
3. eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 175 comma 2 bis cod. proc.
pen. in relazione all’art. 117 Cost. ed agli artt. 6 e 32 CEDU, nonché in
relazione agli artt. 24 e 111 Cost. in quanto la scelta di prevedere un così
breve termine di decadenza per la restituzione nel termine deve essere
collegato alla effettiva conoscenza del provvedimento e non alla mera
conoscibilità.

collegata alla comunicazione di un atto formale che consenta di

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso e l’eccezione di legittimità costituzionale sono

manifestamente infondati.
L’art. 175 comma 2 bis cod. proc. pen. prevede che l’istanza di restituzione
nel termine debba essere presentata entro 30 giorni dalla conoscenza del
provvedimento.
La data della conoscenza è stata individuata nel rilascio del certificato del

casellario giudiziale che riportava quale unica attestazione la sentenza di
condanna per la cui impugnazione è stata richiesta la restituzione nel termine.
Tale data è stata ritenuta essere il 25.1.2013 in quanto, essendo stati pagati i
diritti di urgenza, il certificato doveva essere rilasciato il giorno stesso della
richiesta.
La indicazione della condanna sul certificato del casellario era idonea a
segnalare l’esistenza della stessa ed a consentire alla parte interessata di
attivarsi immediatamente per richiedere copia della sentenza.
L’istanza di restituzione del termine è stata presentata il 17.4.2013 e quindi
oltre il termine di legge.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna violazione di legge o manifesta
illogicità.
Il fatto che la copia della sentenza sia stata richiesta dal difensore
nominato solo il 18.3.2013 è correttamente stato attribuito alla mancata
tempestiva attivazione da parte dell’interessata.
Incombe infatti all’imputato l’onere di scegliere un difensore e di vigilare
sull’esatta osservanza dell’incarico conferito (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 49179
del 11/11/2003 dep. 22/12/2003 Rv. 227696).
Tale onere non può che essere adempiuto tempestivamente.
Per tale ragione appare manifestamente infondata, oltre che irrilevante,
l’eccezione di legittimità costituzione sollevata.
Alla luce della decisione assunta appare non rilevante il secondo motivo di
ricorso.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara

inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento
a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

3

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deliberato in data 18.12.2013.

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